Buongiorno Daniela,
grazie della segnalazione!
"Daniela Tafani via Aisa.circuli" <aisa.circuli@???> writes:
> Information Access as a Public Good
> Learning from Librarians, Libraries and Library Science
> May 29, 2024
> By Emily
[...]
> Taking the long view, [...] I think it's time to reconsider
> information access as a public good and to remember that as recently
> as the 1990s, that's generally how it worked.
Belle le idee romantiche del passato, peccato che il romanticismo a
volte genera "memory holes" che impediscono di rappresentare
correttamente come funzionava nel recente passato e di conseguenza come
/potrebbe/ funzionare nel prossimo futuro.
Le informazioni sono _tutte_ contenute in opere dell'ingegno "protette"
da copyright (lo so, c'è un sacco di "roba" in pubblico dominio, ma è
quasi sempre _riciclata_ in "roba" sotto copyright) e la loro
_distribuzione_ è sempre stata centralizzata (almeno dall'introduzione
del copyright), per non parlare dei brevetti sulle "invenzioni".
La "digitalizzazione delle informazioni" permetterebbe di
_decentralizzare_ l'informazione ma questo comporterebbe la perdita del
controllo sulla _distribuzione_ da parte dei titolari dei diritti di
sfruttamento economico delle opere, per questo è dall'alba di Internet
che lo sport preferito dei "signori del copyright" è la "caccia al
pirata" (parte della "caccia alle streghe" nel "mondo digitale", che
oggi è più concentrata sulla "caccia al fake-newser").
I legislatori del copyright non hanno mai osato impedire l'accesso
_controllato_ (e semi-cetralizzato) alle informazioni e infatti che si
tratti di biblioteche fisiche o biblioteche "in cloud" (Google Search?
Google Scholar? Internet Archive?) le persone hanno accesso a un
_vastissimo_ sistema /centralizzato/ di indicizzazione e recupero delle
informazioni... peccato però che non possono _riutilizzarle_
liberamente, per esempio per indicizzarle o sintetizzarle (tramite
"machine learning") _autonomamente_, con l'aiuto della "biblioteca
personale" che è il proprio computer. O ancora meglio crearne opere
derivate, magari trasformando i testi in basi di dati più adatte ai loro
scopi... e _condividerle_ con altri membri della comunità.
Counque ho detto una bugia: i legislatori del copyright hanno perso ogni
residuo di pudore da tempo e con la protezione legale _automatica_ dei
DRM hanno consentito agli editori di introdurre limitazionni
_arbitrarie_ all'accesso alle informazioni contenute nelle opere
protette da DRM (tipo: tu questo documento non lo puoi stampare), i
tentativi di aggiramento dei DRM, anche se introducono limitazioni
insensate secondo il copyroight "classico", sono un reato, _in
automatico_.
Questo è il motivo principale per cui l'accesso alle informazioni
_digitalizzate_ è ancora oggi una /prerogativa/ di pochi monopolisti
dell'informazione, che possono mermettersi di "giocare col copyright"
perché hanno le spalle protette: Google &co, i monopolisti dei giornali
mainstream, le "piattaforme di streaming" legale e gli...
editori monopolisti di pubblicazioni scientifiche.
Penserete mica che gli hacker non hanno già "tecnologie" (e risorse
computazionali) più che adeguate a trattare le informaizoni
(digitalizzate), vero? :-D
Penserete mica che gli hacker non hanno già progettato e implementato
soluzioni per garantire la riproducibilità delle ricerche scientifiche
bit-per-bit, vero? :-O
[...]
> In fact, libraries (and librarians and library science) continue to be
> hugely relevant, though (in the US, at least) they are also currently
> both underfunded and under attack by forces who hope to neutralize
> their democratizing function.
Con il profondo rispetto che ho per le biblioteche fisiche, che apprezzo
per le loro iniziative culturali, dubito seriamente che oggi siano il
luogo dove studenti e cittadini si recano per avere _accesso_ alle
informazioni.
[...]
> For example, in "Digitizing Books, Obscuring Women’s Work: Google
> Books, Librarians, and Ideologies of Access" Anna Lauren Hoffman and
> Raina Bloom contrast the ideology of "access" behind Google
> Books—access is a technological problem, with technological solutions
> that will serve everyone uniformly—with the "community-oriented, care,
> and service-centered ideology of access" that informs the practice of
> librarians. (They also provide really interesting discussion about the
> ways in which this work is gendered, specifically feminized in
> contrast to the masculinity associated with software engineering
> work. )
Senza leggere l'articolo, posso chiedere queli sarebbero queste
soluzioni tecniche "community-oriented" che risolvono i problemi di
mascolinità di "Google Scholar"?
> Where is your system for allowing everyone represented in that data to
> have a say about how it is collected, stored, and used?"
Quel /system/ _esiste_ ed è il (software sul) proprio computer. Punto.
Già oggi c'è una marea di software libero che consente agli utenti di
"collect, store and use data" e l'*unico* modo per "democratizzare"
(cosa vuol dire?!?) l'accesso e la _rielaborazione_ delle informazioni è
avere la libertà di esercitare la propria "computing agency" (che
significa anche imparare a esercitarla)... per questo serve _anche_ un
sistema _decentralizzato_ di distribuzione di informazioni _libere_ da
copyright.
...altrimenti che senso ha parlare di "information as a public good":
vale solo per l'accesso e non per la (ri)elaborazione dei dati che
rappresentano l'informazione?
> Democracy means public,
eggià
> open spaces where civic workers are there to help members of the
> public navigate to and make sense of information that they need
o magari aiutare altri membri della comunità a "make sense" per conto
loro delle informazioni che sono rese _pubbliche_, no?... magari con
l'aiuto della propria biblioteca personale che è il computer
questo ovviamente dovrebbe valere a maggior ragione per quel
sottoinsieme di persone che fanno ricerca scientifica
> Democracy means connected communities where people work with one
> another to understand the world around themselves.
mumble... mi viene in mente una rete di interconnessione globale per le
persone... aggià Internet; peccato che sia (anche) un sistema di
sorveglianza globale :-(
> A search engine can be a useful tool
[...]
> So, as we look for ways to repair our information ecosystem in the
> wake of the depredations of the current AI hype-driven deluge of
> synthetic media, a key step should be shoring up support for library
> systems and learning from the practices, traditions, and current
> research of librarians and library and information scientists.
che possono essere usate per (ri)progettare e (re)implementare software
libero, anche che impieghi la cosiddetta AI (cioè "machine learning"),
che funzioni come "search engine" locale, che aiuti le persone a
recuperare e indicizzare le informazioni _liberamente_ distribuite,
archiviandole sui propri sistemi in modo efficace e secondo le proprie
esigenze... condividendo poi le informazioni con altre "search engines"
connesse in una rete comunitaria, libera da sistemi di sorveglianza
globale.
Il formato dati per rappresentare le informazioni da condividere e
_interconnetere_ c'è già da un sacco di anni: si chiama RDF;
bisognerebbe convertire i testi in RDF ben fatti. Servono risorse.
Il software libero c'è pure, andrebbe migliorato, servono risorse.
Il sistema di interconnessione globale senza sorveglianza anche
(
https://www.gnunet.org/en/) ma andrebbe migliorato, servono risorse.
...chi ci sta? :-D
Saluti, 380°
P.S.: chiedo scusa a Daniela e altri che mi hanno già sentito
"sbraitare" di software libero e GNUnet in lista Nexa, comincio a
sospettare di essere monotono... e anche un po' logorroico.
--
380° (Giovanni Biscuolo public alter ego)
«Noi, incompetenti come siamo,
non abbiamo alcun titolo per suggerire alcunché»
Disinformation flourishes because many people care deeply about injustice
but very few check the facts. Ask me about <
https://stallmansupport.org>.