Re: [Aisa.circuli] open access per la VQR

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Author: 380°
Date:  
To: Mario Annunziato
CC: aisa.circuli
Subject: Re: [Aisa.circuli] open access per la VQR
Buonasera Mario,

grazie infinite per aver condiviso la sua esperienza e i suoi commenti!

Mario Annunziato <mannunzi@???> writes:

[...]

> Il 2022-06-10 12:27 380° ha scritto:


[...]

>> Non è che anche nell'ambito accademico la situazione è analoga?
>
> forse sì, normalmente dopo che un articolo viene accettato arriva la
> richiesta per la cessione dei diritti alla rivista scritta in 'inglese
> legalese' che non si va ad approfondire molto.


sì a volte i contratti di cessione dei dititti sono particolarmente
astrusi, secondo me lo fanno apposta

> Già devi riternerti felice di avere un articolo pubblicato,


un po' come i musicisti quando si sentono dire "vuoi mettere la
visibilità?!?" (ma nel caso delle pubblicazioni scientifiche c'è la
grossa questione dei **punteggi** derivanti dalla pubblicazione)

> magari dopo un anno di lavoro dal concepimento dell'idea e la stesura
> del manoscritto, dopo altri 2 anni di trattativa con i referee e
> l'editore associato.


un calvario, insomma

> La tua capacità contrattuale nei confronti della cessione dei diritti
> è nulla.


anche perché *devi* pubblicare, quindi figuriamoci se stai a far
questione sui "dettagli" legali del trasferimento

> Ho notizie di colleghi che anche solo per aver riprodotto un figura,
> magari solo un grafico, hanno ricevuto diffida dalla casa editrice.
> Se scrivo un review su miei precedenti lavori pubblicati
> le simulazioni ed i grafici li rifaccio daccapo con dati un po'
> diversi.


sono solo io che intravedo del diabolico in tutto questo?

> Quello a cui tiene maggiormente un ricercatore è la paternità
> dell'idea 'nuova' ed il vedere il frutto del lavoro pubblicato nel più
> breve tempo possibile.


per vedere riconosciuto il diritto morale nel più breve tempo possibile
rinunciando (non trasferendo) /felicemente/ allo sfruttamento dei propri
diritti patrimoniali non c'è miglior licenza di una CC-BY-SA :-D

> Cosicché alcuni pubblicano i pre-print (ad es Arxiv) conteporaneamente
> all'invio dello stesso alla rivista, altri preferiscono attendere il
> responso dei referee per prudenza, altri non pubblicano affato il
> pre-print.


beh, il ricercatore dovrebbe /precipitarsi/ a pubblicare, print o
pre-print che sia, perché solo così ha l'opportunità di confrontarsi con
l'intera comunità scientifica invece che con quattro referee quando va
bene, con tutti il rispetto per i referee

...e se poi c'è un errore o l'intera ricerca è /onestamente/
sbagliata... evviva! Per una imparare a fare una "cosa" giusta bisogna
sbagliare, a volte tanto.

Poi, non è che con la review dei referee finisce spesso come con le
giuride dei concorsi di musica, dove girano (quasi) sempre le stesse
persone e i voti sono uno scambio... :-|

[...]

>> Prof. Annunziato, mi permetto di porle pubblicamente due domande
>>
>>> Se la VQR/Anvur vuole comunque obbligare all'open access le opere
>>> che ha valutato potrebbe benissimo pagare di tasca propria la
>>> rivista per rendere 'open' l'opera definitiva.
>>
>> Prima domanda: per favore mi potrebbe spiegare perché i cittadini - tra
>> cui anche scienziati, studenti o semplici appassionati di scienza -
>> dovrebbero pagare di tasca propria (i soldi al VQR/Anvur vengono da
>> finanziamenti pubblici, no?) la rivista per poter /accedere/ (non
>> ripubblicare per scopo commerciale (commerciale?!?!?)) le opere di cui
>> hanno bisogno per esercitare il proprio diritto alla conoscenza?
>>
>
> 'L'open access', in molti casi ma non sempre, viene concesso dalla
> rivista dietro pagamento. Per quello che mi è stato riferito la VQR ha
> richiesto l'obbligo di pubblicare gli articoli valutati. Quelli che
> erano già open access probabilmente i ricercatori avevano già pagato
> la rivista con i loro finanziamenti pubblici.


quindi se non ho capito male alla fine le riviste oltre che farsi
trasferire (gratis vero?) i diritti patrimoniali si fanno pure pagare
per poter pubblicare in "open access"

sono solo io che intravedo del diabolico in tutto questo?

> Fino ad una decina di anni fa che un autore dovesse pagare la rivista
> per la pubblicazione di un articolo sembrava una bestemmia.


anche oggi :-O

> L'autore fa tutta la fatica di preparare il 'manoscritto' al computer,
> i referee fanno la fatica di correggerlo a gratis, e la rivista che
> fatica fa sull'articolo (marketing, assistenza legale,... boh!) visto
> che ormai il processo di pubblicazione è tutto automatizzato ?


beh, ma non fanno nemmeno la correzione delle bozze?!?

> Certo che se pago 2600 € per l'open access e la rivista mi garantisce
> la risposta dei referee in 30 gg anziché 12 mesi, sai com'è ... c'è
> convenienza!


in che modo la rivista riesce a garantire la risposta dei referee in
30gg considerato che i referee lavorano gratis? Mi sfugge qualcosa?

> Adesso posso vedere nel bilancio del Dipartimento già un decina di
> migliaia di euro spesi per l'open acess e vedere nello stesso bilancio
> alcune decine di migliaia di euro provenienti dai TOLC (i test
> obbligatori per l'accesso all'università) delle matricole che non sono
> neanche ancora iscritti all'università.


per fortuna i soldi girano così PIL aumenta!

>> ...è un diritto che possono esercitare solo "pagando s'intende"?
>>
>> Seconda e più importante domanda: è davvero così remunerativo per i
>> ricercatori pubblicare articoli di ricerca con "Tutti i diritti
>> riservati" (all'editore, per giunta)?
>
> ma non saprei, ma ormai siamo obbligati anche a pubblicare sulle
> riviste indicizzate da Scopus/WOS altrimenti non si possono calcolare
> gli 'indicatori' per l'avanzamento di carriera e anche per la
> ripartizione dei pochi fondi di ricerca.


OK grazie: quindi si fa perché costretti a pubblicare su riviste che
impongono il trasferimento dei diritti (gratis?), non pagano i referee e
impediscono agli autori di riutilizzare il proprio lavoro, ho capito
bene?

sono solo io che intravedo del diabolico in tutto questo?

[...]

>> In ambito accademico, quindi, non sarebbe meglio avere (molti?) più
>> soldi dedicati al lavoro di chi fa ricerca, pubblicando in cambio i
>> risultati come opera libera, invece di alimentare questo sistema che a
>> mio modesto giudizio è perverso?
>
> concordo con lei. la domanda andrebbe rivolta ad altri.


ammesso e NON concesso che un sistema (para)meritocratico sia necessario
per determinare le carriere lavorative e distribuire i fondi di ricerca
agli enti, se la ratio di tale sistema fosse davvero quella di
incentivare la buona ricerca allora i punti andrebbero dati sì a chi a
pubblica "en plein air" e anche a chi revisiona (sempre "en plein air",
pubblicando la review)... ma soprattutto (il doppio dei punti!) a chi
trova "un bug" in quello che è stato pubblicato

non sono un ricercatore, ma se tanto mi da tanto anche nella ricerca
scientifica così come nello sviluppo del software il lavoro di debugging
è quello più oneroso (a volte noioso?) e meno riconosciuto: male!

certo, per poter fare debugging seriamente sarebbe necessario che la
ricerca (e il software) fosse pubblicata con tutti i criteri di
riproducibilità [1]... e questo a mio avviso /implica/ non tanto che la
ricerca sia "Open" ma che sia "Free" (Free as in Freedom, not as in
beer)

...a meno che ci siano ancora dubbi sul fatto che è in atto una
sistematica science crisis (in modo diverso in funzione delle
discipline)

[...]

cordiali saluti, 380°


[1] c'è un interessante dibattito attorno alla confusione tra i termini
"Reproducibility" e "Replicability", si veda:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5778115/

--
380° (Giovanni Biscuolo public alter ego)

«Noi, incompetenti come siamo,
non abbiamo alcun titolo per suggerire alcunché»

Disinformation flourishes because many people care deeply about injustice
but very few check the facts. Ask me about <https://stallmansupport.org>.