[nuovopci] Avviso ai naviganti 66 - A proposito del Forum “i…

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Author: \(nuovo\) Partito comunista italiano
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To: Npci Inter
Subject: [nuovopci] Avviso ai naviganti 66 - A proposito del Forum “il vecchio muore ma il nuovo non può nascere” indetto da Rete dei Comunisti
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_ AVVISO AI NAVIGANTI 66_

15 dicembre 2016

(Scaricate il testo in versione Open Office [4], PDF [5] o Word [6] )

A PROPOSITO DEL FORUM “IL VECCHIO MUORE MA IL NUOVO NON PUÒ NASCERE” DI
SABATO E DOMENICA 17-18 DICEMBRE INDETTO A ROMA DA RETE DEI COMUNISTI.

Avviso per chi aspira a instaurare il socialismo ma non ha ancora
assimilato la concezione comunista del mondo e quindi è ancora al
seguito dei destri che egemonizzano Rete dei Comunisti:

Attenti ai truffatori!

RETE DEI COMUNISTI METTE IN BOCCA A GRAMSCI LA CONCEZIONE ANTICOMUNISTA
PROCLAMATA DAL DEPUTATO SOCIALISTA RIFORMISTA ANTICOMUNISTA CLAUDIO
TREVES NEL COSIDDETTO “DISCORSO DELL’ESPIAZIONE [7]”
[HTTP://STORIA.CAMERA.IT/REGNO/LAVORI/LEG25/SED029.PDF - PAGG. 1634 -
1641], NEL PARLAMENTO DI ROMA IL 30 MARZO 1920, NEL PIENO DEL BIENNIO
ROSSO E DELLO SCONTRO SULL’ADESIONE EFFETTIVA DEL PARTITO SOCIALISTA
ALL’INTERNAZIONALE COMUNISTA. GRAMSCI ADDITÒ QUESTO DISCORSO AL
DISPREZZO DEI PROLETARI NEL SUO CELEBRE DOCUMENTO _ PER UN RINNOVAMENTO
DEL PARTITO SOCIALISTA [8]_ PUBBLICATO L’8 MAGGIO 1920 SU _ L’ORDINE
NUOVO_. NEL SUO FAMIGERATO DISCORSO TREVES AVEVA ASSICURATO LA BORGHESIA
E IL CLERO CHE IL PARTITO SOCIALISTA NON INTENDEVA PROMUOVERE LA
RIVOLUZIONE SOCIALISTA, PERCHÉ LA RIVOLUZIONE SOCIALISTA È “UN PARTO
DIVINO” CHE NESSUNO È IN GRADO DI ACCELERARE (QUESTO AVREBBE DOVUTO
RASSICURARE BORGHESIA E CLERO E DISTOGLIERLI DAL METTERE IN CAMPO LE
SQUADRE FASCISTE) MA CHE NESSUNO È NEMMENO IN GRADO DI ARRESTARE (QUESTO
AVREBBE DOVUTO CONSOLARE E ACQUIETARE GLI OPPRESSI, LO STESSO OBIETTIVO
A CUI SARÀ DESTINATA NEL SECONDO DOPOGUERRA LA TEORIA DI TOGLIATTI DELLA
“INSTAURAZIONE DEL SOCIALISMO TRAMITE UNA SEQUENZA DI RIFORME DI
STRUTTURA DELLA REPUBBLICA PONTIFICIA”).

I fautori della tattica-processo (niente piano per instaurare il
socialismo, niente strategia, bisogna navigare a vista, con la "sponda
politica" appena possibile, con mobilitazioni e proteste da subito, con
lavoro sindacale e con egemonia culturale: la rivoluzione socialista o
scoppia o non c'è, di certo non si organizza, non è un piano di guerra
da attuare); i fautori dell'organizzazione-processo (niente partito
comunista né di quadri né di massa, ma individui e organismi che
liberamente fanno rete, "intellettuali militanti", personaggi che ognuno
si dichiara "quadro con una etica e una disciplina rivoluzionaria
concreta" (di cui lui solo è giudice) per dirla con le parole che il
prof. Luciano Vasapollo usa sulle pagine del settimanale _ Cuatro F [9]_
del PSUV (pag. 13, _Gramsci e la rivoluzione chavista_); in breve gli
esponenti dell'ala destra che egemonizza Rete dei Comunisti ricorrono a
giochi da falsari per far accettare le loro marce concezioni anche da
chi aspira a instaurare il socialismo ma non ha ancora assimilato la
concezione comunista del mondo.

Il Forum indetto da Rete dei Comunisti tratta del corso delle cose e
della rivoluzione socialista. La sintesi della piattaforma [10] (3
dicembre 2016) su cui RdC ha indetto il Forum è che il corso delle cose
è catastrofico, non sappiamo ancora cosa succederà ma può succedere di
tutto: "l'alternativa, la transizione, la rivoluzione o altro ancora".

Nel contesto in cui RdC l'ha inserita, la frase di Gramsci "il vecchio
non muore ma il nuovo non può nascere" ricalca il motivo ricorrente del
discorso di Treves "la borghesia non è più in grado di esercitare il
potere, la classe operaia non è ancora in grado di conquistarlo". I
destri di RdC travisano quindi completamente in senso liquidatorio la
concezione di Gramsci a proposito della rivoluzione socialista che
vedremo più avanti. Fanno nella piattaforma del Forum un travisamento di
Gramsci che è corrente in Rete dei Comunisti. Luciano Vasapollo e Rita
Martufi lo ripetono nelle pagine del settimanale _ Cuatro F [9]_ già
citato (pag. 13, _Crisi politica_). Lì Chavez dice semplicemente e
giustamente che la crisi che il Venezuela attraversa (il discorso è del
2007) consiste nel (deriva dal) fatto che la IV Repubblica sta morendo
ma recalcitra e si agita scompostamente e ostinatamente perché non vuole
morire, mentre la V Repubblica, bolivariana e socialista, sta nascendo
ma non è ancora completamente nata. Interpretato in modo sano, Chavez
dice cioè che in Venezuela dopo che lui e i suoi compagni hanno preso il
governo del paese la rivoluzione socialista è in corso (e giovandosi del
governo del paese la combattono nel modo migliore di cui sono capaci),
ma non hanno ancora instaurato il socialismo (la dittatura del
proletariato, l'espropriazione dei capitalisti, ecc.). La coppia invece
tira in campo Gramsci travisato per mettere in bocca a Chavez un
discorso melenso: "la rivoluzione socialista è un profondo atto d'amore"
e loro due sognano di riprodurne uno analogo sulle rive del Mediterraneo
con "la costruzione di una società socialista pacifica", senza neanche
preoccuparsi di avere almeno il governo del paese!

In realtà il contesto in cui figura l'abusata frase di Gramsci non
tratta direttamente della rivoluzione socialista. Gramsci tratta (con il
linguaggio allusivo che adopera nei _ Quaderni del carcere [11]_ per
aggirare la censura che i fascisti assiduamente facevano sulle carte che
compilava in cella) della crisi culturale delle masse popolari italiane
in pieno fascismo.

La frase è tratta dalla nota 34 del Quaderno 3 [12] scritta da Gramsci
nel 1930 nel carcere di Turi (Bari). In questa nota (quello che nel
seguito è tra parentesi quadre è la nostra "versione in chiaro" del
testo) Gramsci afferma che "le grandi masse popolari si sono staccate
dalle ideologie tradizionali, non credono più a ciò in cui prima
credevano". La classe dominante ha perso di autorità e di prestigio e
consenso, resta detentrice della sola forza coercitiva. "L'aspetto della
crisi moderna che viene lamentato come 'ondata di materialismo' [...]
consiste appunto nel fatto che il vecchio [la vecchia ideologia] muore,
ma il nuovo [la nuova ideologia, la concezione comunista del mondo] non
può nascere" [non può ancora diventare ideologia delle grandi masse]
perché la vecchia classe dominante riesce ancora a impedire con la forza
"a chi potrebbe dirigere di svolgere la sua missione", cioè di creare i
nuovi ordinamenti politici ed economici di cui la nuova ideologia è il
lato intellettuale e morale. E Gramsci conclude la sua nota con una
domanda retorica: "una rottura così grave [nell'ideologia delle grandi
masse] come quella che si è verificata nel dopoguerra, può essere
"guarita" col puro esercizio della forza che impedisce a nuove ideologie
di imporsi?". "Dato il carattere delle ideologie, ciò è da escludere, ma
non in senso assoluto". Il senso della nota è che il fascismo sul
momento è riuscito a prevalere sui comunisti, ma ai comunisti restano
grandi potenzialità: con la sola forza il fascismo non riuscirà a
riportare le masse popolari alla vecchia fede perduta a meno che riesca
a innovare la struttura del paese. Quindi Gramsci sottintende che la
soluzione delle crisi culturale dipende dalla soluzione della crisi
economica e politica: per i comunisti la partita è ancora aperta.

In sostanza in questa nota del 1930 Gramsci conferma

- la concezione (della rivoluzione socialista) che nel corso del Biennio
Rosso era venuto assimilando dal marxismo e dal leninismo, elaborando
con la sezione socialista torinese (Programma d'azione della sezione
socialista torinese [13] - gennaio 1920) e propagandando (principalmente
su _L'Ordine Nuovo_, settimanale dal maggio 1919 alla fine del 1920 e
poi quotidiano),

- la concezione che aveva affinato nel suo soggiorno a Mosca del 1922 e
1923,

- la concezione attorno alla quale aveva cercato di unire il Partito
comunista che aveva diretto da novembre 1923 a novembre 1926 per
investitura dell'IC che lo aveva incaricato di bolscevizzare un Partito
che era ancora solo l'ala sinistra di un "partito europeo di vecchio
tipo [14] [...] con appena una spruzzatina di spirito rivoluzionario
[14]",

- la concezione che rielabora e svolge in innumerevoli campi e sotto
vari aspetti nei _Quaderni del carcere_ (dal febbraio 1929 all'estate
1935).

In sintesi la concezione di Gramsci è:

la rivoluzione socialista è una "guerra di posizione" [nel linguaggio
attuale diremmo guerra popolare rivoluzionaria] che il partito
comunista, basato sulla concezione comunista del mondo (l'ideologia
della nuova società), promuove e dirige. Nel corso di essa, la "guerra
di movimento" è una gamma di operazioni [le rivolte, i colpi di mano, le
insurrezioni, le campagne militari, ecc.] che il partito lancia in
determinate congiunture che si presentano favorevoli a condurla con
successo e nelle quali essa diventa fattore decisivo dell'avanzamento
della guerra di posizione [una congiuntura del genere si presenterà
negli anni 1943-1945 e l'Internazionale Comunista indurrà il PCI ad
agire benché gli eventi (a conferma che non aveva un'analisi adeguata
della situazione) lo avessero colto di sorpresa]. La riforma
intellettuale e morale delle grandi masse (quindi l'egemonia culturale
dei comunisti) può realizzarsi solo nell'ambito della ricostruzione
della società che si farà dopo la vittoria della rivoluzione socialista
(cioè dopo l'instaurazione della dittatura del proletariato). Proporsi
una riforma intellettuale e morale delle grandi masse senza
trasformazione della struttura [come premessa della trasformazione della
struttura, come sarebbe l'egemonia culturale dei comunisti sulle grandi
masse prima della vittoria della rivoluzione socialista postulata da
tanti esponenti della sinistra borghese], è operazione politica
diversiva o chiacchiera accademica.

I promotori del Forum pongono quindi in bocca a Gramsci una concezione
della rivoluzione socialista del tutto diversa dalla sua e del tutto
campata in aria. Nessuna rivoluzione socialista è mai scoppiata, neanche
nel corso della lunga crisi della prima parte del secolo scorso. Nei
paesi in cui hanno vinto, i comunisti hanno goduto della fiducia di
larghe masse, ma non hanno mai conquistato l'egemonia culturale sulla
larghe masse (cioè fatto compiere alle masse la riforma intellettuale e
morale) prima di prendere il potere. Ogni volta che i comunisti hanno
vinto e conquistato il potere, è stato alla conclusione di un processo
di lotte condotte su vari terreni secondo un piano di guerra ben
elaborato ("non combattere alla cieca", era parola d'ordine lanciata da
Mao Tse-tung [15] - _Opere complete di Mao Tse-tung_, vol. 19, pag. 66),
mobilitando passo dopo passo forze rivoluzionarie superiori e via via
eliminando le forze della classe dominante fino a distruggere il suo
Stato. È avvenuto elaborando una strategia conforme alle condizioni
concrete della formazione economico sociale del paese e alla sua
collocazione nel contesto internazionale e via via attuandola con
tattiche corrispondenti alle condizioni del momento e valorizzando i
risultati ottenuti in una tappa per sviluppare con successo la tappa
successiva. Ogni piano di guerra, proprio perché non è un'esercitazione
scolastica, accademica ma un piano per l'azione, da attuare, scende fino
a un certo livello di dettaglio; per il resto "si naviga a vista" ma non
alla cieca: la concezione comunista del mondo permette di vedere cose
che gli altri non vedono e di usarle per avanzare. Quando i comunisti si
sono fatti sorprendere dagli avvenimenti senza una strategia di lungo
respiro e addirittura senza aver assimilato la concezione comunista del
mondo (come in Italia alla caduta del fascismo l'8 settembre 1943 e la
Resistenza, in Francia con la vittoria elettorale del Fronte Popolare
nel 1936 e successivamente con la Resistenza, in Spagna con la vittoria
elettorale del Fronte Popolare nel 1936 e la guerra civile), anche se si
sono battuti con eroismo in definitiva sono stati vinti. Nella lotta di
classe la regola generale è: non navigare a vista, non combattere alla
cieca. Elaborare e attuare un preciso piano d'azione basato sull'analisi
della formazione economico sociale del paese e del suo contesto
internazionale.

In questa logica noi comunisti abbiamo stabilito che la rivoluzione
socialista nel nostro paese è una guerra popolare rivoluzionaria [16]
(GPR) e la costituzione del Governo di Blocco Popolare [17] è la tattica
della fase attuale della GPR.

Il fermento tra le masse popolari del nostro paese è grande e palese e
irrimediabile l'impotenza della classe dominante, della borghesia, del
clero e dei loro padrini europei, americani e sionisti. Le vicende del
referendum in cui Renzi si è intrappolato sono ancora in corso e sono
una conferma. La giustificazione che viene spesso avanzata da chi in
queste circostanze non si dedica a organizzare la rivoluzione
socialista, a tracciare un piano per "far montare la maionese" della
lotta di classe e attuarlo, è la scarsa combattività delle masse
popolari: tanta l'insofferenza e l'indignazione, perfino il rancore ma
scarsa la combattività, dicono. Ma se noi guardiamo la storia e anche
l'esperienza nel piccolo, vediamo che la combattività delle masse
popolari cresce e si diffonde solo se esse si ritrovano con un Centro
che si è posto esso stesso con le sue attività in grado di coagulare e
catalizzare il loro malcontento e incanalarlo verso un obiettivo
giusto: quindi autorevole e capace. Non è la combattività delle masse
popolari che crea un simile Centro, ma è il Centro che ha conquistato la
loro fiducia che rende le masse popolari combattive. Ora è proprio un
partito comunista autorevole, che sia già Centro di riferimento per le
ampie masse e che indichi una giusta via di lotta, quello che ancora
manca nel nostro paese. Il (nuovo)PCI deve ancora diventare Centro
autorevole, forte della fiducia di larghe masse popolari; per questo la
nostra parola d'ordine è: consolidare e rafforzare il Partito. Un Centro
autorevole c'era quando nel 1945 la Resistenza trionfò sul nazifascismo.
Con la Resistenza il PCI aveva conquistato su larga scala la fiducia
delle masse popolari. Ma quel Centro è stato via via distrutto dalla
direzione dei revisionisti moderni, di Togliatti e di Berlinguer e dei
loro complici di cui Napolitano è un esemplare. Verso la fine degli anni
'70 era parso che le Brigate Rosse avessero ricostruito un altro analogo
Centro approfittando delle condizioni favorevoli create dalle grandi
lotte rivendicative di quegli anni. Ma gli sviluppi non hanno confermato
l'apparenza e le speranze: le Brigate Rosse si sono distrutte con le
proprie mani sconfinando nel militarismo e nella pretesa soggettivistica
di sostituirsi alle masse anziché mobilitare le masse. _ Politica e
Rivoluzione [18]_ di Prospero Gallinari, Francesco Piccioni e altri
prigionieri BR (1983) e _ Cristoforo Colombo [19]_ di Pippo Assan (1988)
lo illustrano in modo egregio. Resta quindi il problema da risolvere. Ma
è un problema risolvibile: anche il PCI negli anni '30 era poca cosa ma
resistendo al fascismo, tessendo la sua tela e soprattutto reagendo allo
sfacelo dell'8 settembre 1943 e animando la Resistenza seppe ricostruire
un Centro autorevole e riconosciuto dalle ampie masse popolari come e
più ancora di quanto lo fosse il Partito Socialista negli anni 1919 e
1920 del Biennio Rosso. Ebbene ora sta a noi comunisti di oggi fare la
nostra strada e costruire un Centro autorevole perché conquista la
fiducia delle masse popolari, che con un simile Centro dispiegheranno i
miracoli di combattività e di eroismo che hanno dispiegato in altre
analoghe circostanze. È l'opera che il (nuovo)PCI sta compiendo.

A questo proposito viene fatta da più parti, tra cui anche dai promotori
del Forum in questione, l'obiezione che in Italia non esiste più una
classe operaia concentrata nelle aziende capitaliste che possa essere
classe soggetto principale della rivoluzione socialista che dobbiamo con
scienza e coscienza promuovere. Ora noi sfidiamo chiunque a smentire che
oggi, nonostante delocalizzazioni, chiusure e riduzioni, in Italia gli
operai concentrati nelle aziende capitaliste sono più numerosi che alla
fine degli anni '40 sia come numero assoluto che come percentuale della
popolazione. Tanto più se contiamo anche i proletari concentrati delle
aziende ancora pubbliche e delle istituzioni dei servizi pubblici che
per molti aspetti sono da assimilare ai lavoratori delle aziende
capitaliste. Inoltre le masse popolari che i proletari concentrati nelle
aziende capitaliste e pubbliche oggi devono egemonizzare non sono più
contadini poveri dispersi nelle campagne, vittime di preti, carabinieri
e agrari, ma proletari disgregati delle zone urbane (occupati,
disoccupati, precari, finti lavoratori autonomi, lavoratori autonomi
schiacciati dai monopoli, dal capitale finanziario e dallo Stato,
casalinghe, immigrati, giovani). E ulteriore elemento favorevole sono
gli enormi progressi compiuti dalle donne nell'emanciparsi
dall'oppressione clericale.

Quindi il nuovo può nascere: al lavoro quindi per elaborare un piano per
fare la rivoluzione socialista, per arrivare a instaurare il socialismo
facendo montare, un passo dopo l'altro, "la maionese" della lotta di
classe.

Tanti sono i cantieri aperti, ma la questione decisiva è consolidare e
rafforzare il partito comunista fondato sulla concezione comunista del
mondo, la scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro
storia. Condurre la riforma intellettuale e morale di membri, candidati
e organismi del Partito e usare la concezione comunista del mondo per
analizzare quanto in dettaglio è necessario le situazioni concrete e far
"montare la maionese" della lotta di classe.

Per questo noi comunisti sul terreno politico collaboriamo senza riserve
e senza risparmio con tutti quelli (organismi e personaggi) che
perseguono l'uno o l'altro dei nostri obiettivi tattici (unità
d'azione): la nostra collaborazione con Rete dei Comunisti e altri
organismi contro l'Unione Europea e l'euro, contro la riforma Renzi
della Costituzione del 1948, contro la sterilizzazione del CCNL
implicita nell'ipotesi di accordo per il Contratto metalmeccanici
firmato il 26 novembre da FIOM, FIM, UILM con Federmeccanica, contro
l'Accordo quadro sul pubblico impiego firmato da CGIL, CISL e UIL con il
governo il 30 novembre con il governo Renzi (ministro Marianna Madia)
alla vigilia del Referendum del 4 dicembre e in mille altre lotte, si
inquadra in questo contesto. Ma ognuna di queste lotte è da noi condotta
mirando a far avanzare la rivoluzione socialista. Misuriamo il suo
risultato principalmente dai passi avanti che la rivoluzione socialista
ha fatto. Per questo contemporaneamente con ognuno degli organismi e dei
personaggi con cui conduciamo uniti lotte politiche, proprio perché
hanno influenza sulle masse popolari eleviamo sempre più anche la lotta
sul piano della concezione del mondo, della strategia e dell'analisi
della formazione economico sociale italiana e del contesto
internazionale. La storia del nostro paese è ricca di episodi di
eroismo, ma uno dei limiti che hanno intralciato la rivoluzione
socialista è stato il basso livello della lotta ideologica, il confinare
la teoria nel dibattito accademico, non elaborare una strategia, il
navigare a vista, sulla difensiva, il limitarsi alle rivendicazioni e
alla partecipazione alle istituzioni rappresentative caratteristiche
della democrazia borghese. Anche uno dei principali limiti del vecchio
PCI è stato di aver condotto la lotta senza una visione strategica
adeguata. Per questo nel 1943 venne sorpreso dalla caduta del fascismo e
negli anni successivi condusse la Resistenza ma non seppe far leva sui
mille appigli, neanche seppe vederli e perse la guerra: non instaurò il
socialismo.

Non è la tolleranza degli errori di concezione del mondo e di analisi
nei nostri alleati politici che è indice della nostra unità con essi e
del nostro amore per le masse popolari. In noi sempre e in ogni aspetto
della lotta l'amore per le masse popolari si combina con l'odio contro
gli oppressori. Senza odio contro gli oppressori, l'amore per gli
oppressi è compassione, carità e misericordia: roba da preti e da
ricchi. In ogni passaggio tattico bisogna sempre assiduamente curare
l'esito finale della nostra lotta: l'instaurazione del socialismo e la
transizione al comunismo.

Il vecchio mondo muore e cerca di trascinare con sé l'umanità. Il nuovo
mondo può nascere e nasce grazie alla rivoluzione socialista che noi
comunisti facciamo avanzare, dandoci i mezzi necessari per farlo.

IL VECCHIO MUORE.
CHE IL NUOVO NASCA DIPENDE DA NOI COMUNISTI!

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[11] http://www.nilalienum.com/Gramsci/
[12] http://www.nilalienum.com/Gramsci/Q3.html
[13] http://www.centrogramsci.it/riviste/nuovo/ordine%20nuovo%20p3.pdf
[14] http://www.nuovopci.it/classic/lenin/notepubb.html
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