*L’oscena ipocrisia di fronte al Sultano*
Se non fosse che sono avvenimenti drammatici e disumani, e che siamo di
fronte al rischio di un velocissimo precipitare nella peggior china che la
storia abbia mai conosciuto, potremmo quasi scambiarla per una moderna
versione comica dello smemorato di Collegno. La narrazione, o presunta
tale, del “fallito golpe” in Turchia e degli eventi successivi di larga
parte della classe politica e dei grandi media sta portando avanti un vero
e proprio teatrino. E che può essere definito solo nella maniera più
negativa consentita dalla lingua italiana. Un teatrino che sarebbe già
grave se fosse animato solo da incapacità di lettura e di conoscenza. Ma
che purtroppo è ancor peggiore, perché guidato da ben precisi interessi
speculativi, economici e politici. Nella notte del “fallito golpe” abbiamo
sentito giornalisti annunciare che Erdogan era finito, che apparteneva al
passato, malcelando la soddisfazione per la vittoria degli alfieri della
libertà e della laicità. Tempo qualche ora e si è passati alla celebrazione
della vittoria della democrazia e di Erdogan. Ora, sono giorni e giorni che
ci raccontano delle retate, delle preoccupazioni per i diritti umani
violati, delle torture, del timore che Erdogan possa portare la Turchia
verso un suo dominio assoluto.
Quest’indignazione prêt-à-porter, questo improvviso stupore per quanto sta
accadendo in Turchia, è una delle apoteosi del teatrino. Erano il 1998 e il
1999 quando vennero pubblicati due libri (oggi quasi introvabili), *L'Utopia
incarcerata, Diyarbakir, Kurdistan: le "loro" prigioni *e *Se questa è
Europa. Viaggio nell'inferno carcerario turco. *L’autore è lo stesso, Dino
Frisullo, così come identica è la vicenda che vi viene raccontata: i
quaranta giorni nelle carceri turche dopo l’arresto durante le celebrazioni
del Newroz (il capodanno kurdo) 1998. La repressione del popolo kurdo e
degli oppositori, il divieto persino di parlare la lingua curda (basti
pensare a quel che ha subito Leyla Zana negli anni), la brutalità
carceraria erano già quotidianità della Turchia in quegli anni. Ma
l’Italia, e le cancellerie europee, hanno sempre poco più che ignorato quel
che stava accadendo. Continuando a raccontare la favoletta della Turchia
grande alleato “moderato” che presto sarebbe anche entrato nell’Unione
Europea. Eppure basta scorrere le rassegne stampa per scoprire che chiusure
di televisioni e giornali, arresti di oppositori e giornalisti
indipendenti, non sono certo iniziati dopo il “fallito golpe” ma sono
quotidiani esercizi del potere politico turco.
Mentre Dino alzava la voce della denuncia dal carcere di Diyarbakir, ci fu
un “alto esponente” del nostro Paese che chiese al governo turco
“tenetevelo quel comunista” con disprezzo. Qualche mese dopo l’Italia
permise l’arresto di Ocalan, il più rappresentativo leader curdo. Un anno
dopo, tra i commenti sprezzanti e offensivi di parte della classe politica
italiana, fu concesso l’asilo politico al leader curdo. Ma chi lo ha
letteralmente tradito, permettendone l’arresto, non è mai stato chiamato a
risponderne. Oggi Ocalan, dopo che per anni i suoi legali hanno denunciato
le condizioni in cui sopravvive nel carcere di Imrali, è detenuto in un
isolamento sempre maggiore. Per 5 anni non ha potuto ricevere visite
neanche dalla famiglia, per 2 dai suoi avvocati. I kurdi sono gli unici
finora che combattono (e hanno battuto) l’ISIS sul campo. Ma la Turchia che
li bombarda e reprime è sempre rimasta un “alleato fedele e moderato”
(senza dimenticare che esistono inchieste e documentazione del sostegno e
appoggio verso l’ISIS stesso dal territorio turco …), e il principale
partito kurdo nella lista nera del “terrorismo internazionale”. A gennaio
Istanbul è stato teatro di un attentato, immediatamente condannato dal
leader dell’HDP Demirtas. Eppure per ore e ore stampa e televisioni
italiche ogni “treperdue” hanno nominato e tirato in ballo i curdi, il
PKK, i marxisti-leninisti (mancavano solo gli anarchici… ), senza mai
citare le dichiarazioni di Demirtas. L’unico concetto che si è saputo
esprimere è che forse (ma senza molta convinzione) l’attentato non è opera
di terroristi curdi, del PKK o marxisti-leninisti e che sono tra i nemici
della Turchia, alleato NATO a rischio destabilizzazione per colpa del
“Califfato” ma anche dei curdi (perché l’ISIS e chi li combatte per lor
signori pari sono). Tornando al dopo “golpe fallito” è da notare che le
“preoccupazioni” e gli “allarmi” per la “deriva autoritaria” di Erdogan non
è ancora stata seguita (in nessuno dei parlamenti nazionali, Italia
compresa, e in quello europeo) da alcun atto col quale chiedere la fine
dell’accordo col quale l’Unione Europea sta regalando alla Turchia oltre 6
miliardi per fare da gendarme dei migranti.
E proprio il comportamento di certi esponenti “politici” italiani nei
confronti del terrorismo ISIS è un’altra faccia della stessa medaglia.
Continuano, per meri interessi politici di piccola bottega, a ripeterci lo
stesso mantra dal 2001 ad oggi. Ma la loro “guerra permanente” non ha fatto
altro che alimentare il terrorismo, massacrare milioni di persone nel mondo
e renderlo più insicuro. Anche se non lo ammetteranno mai, gli unici in
questi anni ad aver preso decisa posizione contro i terrorismi e ad aver
cercato di impegnarsi nell’opposizione sono stati i pacifisti, i difensori
dei diritti umani, coloro che si impegnano contro le guerre e le sue
criminali conseguenze. Continuano a chiedere al “mondo musulmano” di
prender posizione, ignorando le tantissime che in questi anni ci son state
eccome (una delle prime voci contro il massacro di Rouen è stata del locale
imam che ha ricordato gli ottimi rapporti, e le collaborazioni, con il
sacerdote assassinato). Posizioni così numerose che in queste settimane la
“Giorgio Pozzi Editore” (
http://www.giorgiopozzieditore.it/ ) ha pubblicato
un libro che raccoglie solo fatwe “delle autorità religiose musulmane
contro il califfato di Al-Baghdadi”. Offendono e denigrano tutti coloro che
non si arruolano nella loro pseudo-guerra santa, soprattutto cattolici, che
accusano di tacere sui massacri di cristiani nel mondo. Eppure continuano
ad affermare, dopo l’assassinio brutale di padre Jacques Hamel, che per la
prima volta il “terrorismo islamico” ha colpito una Chiesa e un sacerdote.
Ignorando quel che accusano altri di ignorare. Nel dicembre scorso fu
arrestato un militante francese di estrema destra (pare ex iscritto al
Front National) con l’accusa di aver fornito alcune delle armi della strage
a Charlie Hebdo. Perché non è mai stato chiesto a Marine Le Pen e alla
destra francese di dissociarsi? I grandi sponsor e finanziatori di Daesh
sono da cercarsi anche tra le petromonarchie alle quali Stati Uniti e stati
europei (Italia compresa) vendono armi a tutto spiano. Quando
un’interrogazione parlamentare mesi fa sollevò il caso al ministro Pinotti,
la risposta fu che è tutto legale e regolare. E finì là. Nessuna
indignazione, nessuna richiesta di dissociarsi, nulla di nulla. Diritti
umani, violazioni della libertà, repressione, sostegno al terrorismo, a
nulla fu dato peso. E’ tutto “legale e regolare”. Come con la Turchia in
questi anni.
Ha destato indignato scalpore l'intervista di Erdogan a Rainews24, nel
quale è arrivato anche a pretendere l'intoccabilità giudiziaria del figlio
... da ieri mattina è tutto un diluvio di commenti contro il Sultano. Da
ieri appunto. Perché prima di parlare al 98% della "classe politica"
italiana, e all'incirca pari percentuale del "giornalismo", bisognerebbe
ricordare tutto quanto è riportato in questo articolo, e moltissimo altro
ancora. Prima di indignarsi per le pretese di Erdogan in "difesa" del
figlio andrebbe notato che in Italia la notizia, vecchia in realtà nel
tempo, finora è stata data da Left e alcuni siti indipendenti. Silenziata
per il resto da tutta la stampa mainstream in ossequio alla "amicizia" dei
governi italiani a Erdogan...
Ultima postilla: lungi da me lo sminuirne il lavoro, più che apprezzabile,
ma Lucia Goracci non ha fatto nulla di eccezionale. La sua è stata nulla
più di una intervista che dovrebbe essere all'incirca quasi normale ... o
almeno lo era, quando il giornalismo italiana aveva tra gli altri i cognomi
di Fava, Siani, Impastato, Spampinato, Francese, Fallaci, Terzani,
Marrazzo, Pasolini ... se oggi i loro "eredi", coloro che continuano a
portare avanti quello straordinario lavoro e servizio civile, sono sempre
più emarginati, confinati, messi in difficoltà, attaccati, irrisi, non
considerati qualche domanda bisognerebbe porsela ... e solo allora le
lamentazioni verso gli erdogan di oggi e di domani non appariranno - da
parte di tanti, troppi - pura ipocrisia ...
*Alessio Di Florio*