[nuovopci] “Occupare le fabbriche” e “uscire dalle fabbriche…

Delete this message

Reply to this message
Author: \(nuovo\) Partito comunista italiano
Date:  
To: npci.inter
Subject: [nuovopci] “Occupare le fabbriche” e “uscire dalle fabbriche” per mobilitare tutte le masse popolari a porre fine al corso catastrofico delle cose


          [1]
          [2]
          [3]


Comunicato CC 3/2014 - 21 gennaio 2014 - 93° ANNIVERSARIO DELLA
FONDAZIONE DEL PRIMO PARTITO COMUNISTA ITALIANO

[_Scaricate il testo del comunicato in Open Office [4] / PDF [5] / Word
[6]_]

_Appello del Comitato Centrale del nuovo PCI agli operai avanzati _

"Occupare le fabbriche" e "uscire dalle fabbriche"
per mobilitare tutte le masse popolari a porre fine al corso
catastrofico delle cose che la borghesia e il clero impongono nel nostro
paese!

Questo è l'appello che il nuovo Partito comunista italiano lancia ai
lavoratori delle aziende capitaliste in occasione dell'anniversario
della fondazione nel primo PCI, a Livorno il 21 gennaio 1921. Questa è
la sola via di salvezza per tutte le masse popolari del nostro paese.
Chiunque oggi ha potere, influenza, autorità, deve incitare gli operai a
compiere questa impresa e sostenerli in ogni modo. Quelli che sperano di
rimediare alla catastrofe economica, ambientale, intellettuale e morale
che travolge il nostro paese tramite le istituzioni della Repubblica
Pontificia o quelle dell'Unione Europea, chi si arrabatta principalmente
attorno a leggi elettorali o liste per le elezioni europee, è
completamente fuori strada: se ci crede davvero è un ingenuo. Il corso
delle cose da cambiare è tale che lo possono fare solo le masse popolari
organizzate con un loro governo d'emergenza. Gli operai sono la parte
delle masse popolari che può e deve mettersi all'avanguardia della loro
mobilitazione e organizzazione per costituire un loro governo
d'emergenza, il Governo di Blocco Popolare [7].

Il corso stesso della crisi del capitalismo pone gli operai in prima
linea: o mobilitarsi o essere sbattuti sulla strada. Il corso stesso
della crisi del capitalismo crea il terreno d'azione per gli operai
avanzati perché mobilitino i loro compagni di lavoro. In questi giorni i
capitalisti e le autorità della Repubblica Pontificia minacciano di
ridurre, delocalizzare o chiudere centinaia di aziende: dalla Piaggio di
Pontedera, all'Electrolux di Pordenone, all'Indesit, agli stabilimenti
FIAT che ancora costellano l'Italia da Torino a Termini Imerese. Sono
centinaia oggi nel nostro paese le aziende capitaliste già minacciate e
altre sono destinate alla stessa sorte se non cambiamo il corso delle
cose.

CHE COSA POSSONO E DEVONO FARE GLI OPERAI DI FRONTE A SIMILE MINACCIA?

L'idea che una qualche riduzione del salario e dei diritti sul posto di
lavoro o un qualche alleggerimento fiscale e contributo pubblico sia una
soluzione, è da miopi, è non vedere oltre il proprio naso. È la strada
della morte lenta, serve solo a tirare in lungo e ad isolare gli operai
perché siano liquidati dai padroni fabbrica per fabbrica, un caso alla
volta, un po' per volta, meglio ancora se mettendo una fabbrica contro
un'altra.

Non è il costo del lavoro che induce i capitalisti a chiudere,
ridimensionare o delocalizzare le aziende: è la crisi generale del
capitalismo. Non è il costo del lavoro il fattore principale che
determina la convenienza per un capitalista di mantenere aperta
un'azienda in un paese piuttosto che investire il suo capitale nel
mercato finanziario o trasferire l'azienda in altri paesi. Non è il
costo del lavoro il fattore principale che determina la sua convenienza
di investire in un paese piuttosto che in un altro. Il costo del lavoro
è solo uno dei fattori e neanche il principale. Ancora più che dal costo
del lavoro, la convenienza del capitalista dipende dalle prospettive del
mercato finanziario, dal livello generale dei prezzi, dalle rendite
(affitti di terreni e immobili, interessi, vitalizi e appannaggi,
rendite finanziarie, ecc.) e dalle tasse, dal servizio del debito
pubblico, dagli interessi bancari, dal corso dei cambi monetari, dai
regolamenti vigenti. A sua volta il costo del lavoro non è più
determinato principalmente dalla quantità di beni e servizi di cui
dispone il singolo operaio: sul salario di ogni operaio gravano gli
affitti, le rendite, gli interessi, i profitti, le tasse, le tariffe e
il livello generale dei prezzi su cui i monopoli, i brevetti, la
pubblicità, le spese generali, il cambio delle monete e altre voci
incidono più che il tempo di lavoro.

Gli operai che accettano riduzioni di salario, aumenti di orario e
cancellazione di diritti o che ottengono contributi pubblici e sgravi
fiscali per il padrone della loro azienda, al massimo guadagnano un po'
di tempo. Non è la competitività dell'azienda impiantata in Italia
rispetto ad altri paesi che salva gli operai del nostro paese: prima o
poi qualche azienda di un altro paese prenderà a sua volta il
sopravvento.

D'altra parte non è solo il salario e i diritti sul posto di lavoro che
fanno la vita degli operai: l'inquinamento, la devastazione del
territorio, il dissesto idrogeologico, la mancanza di prevenzione dei
disastri naturali, le guerre, la decadenza del servizio sanitario, della
scuola, dei trasporti, dei servizi per anziani e bambini e degli altri
servizi pubblici, la riduzione dei diritti democratici e civili,
l'abbrutimento e l'insicurezza generali incidono sulla vita degli operai
quanto il salario e i diritti sul posto di lavoro.

Da tempo la fonte principale della ricchezza non è più il tempo di
lavoro, ma l'applicazione della scienza e della tecnica alla produzione.
Quindi il furto del tempo di lavoro degli operai, la riduzione di
salario e l'aumento del tempo di lavoro (la soppressione delle pause di
cui Marchionne si è fatto vanto), non è più e non può più essere la
legge della produzione. Ostinarsi in un sistema di relazioni sociali che
si basa ancora su quella legge, porta a scontrarsi ogni giorno con
problemi più gravi. Solo con la lotta per instaurare il socialismo è
possibile far fronte alla crisi del capitalismo. Mobilitarsi e
organizzarsi per costituire il Governo di Blocco Popolare è un passo su
questa strada.

La crisi generale del capitalismo peggiora ovunque nel mondo le
condizioni delle masse popolari. La borghesia e il clero da alcuni
decenni stanno eliminando in tutto il mondo le conquiste di civiltà e di
benessere che le masse popolari, sebbene a livelli diversi, avevano
strappato nella prima parte del secolo scorso quando il movimento
comunista era forte e avanzava in tutto il mondo nella prima ondata
della rivoluzione proletaria scatenata dalla Rivoluzione d'Ottobre e
dalla vittoria dell'Unione Sovietica sulle potenze imperialiste. La
crisi del 2007 ha accelerato e aggravato il processo. Solo le masse
popolari organizzate sono in grado di cambiare questo corso delle cose.
Tra tutte le classi sfruttate e oppresse la classe operaia, i lavoratori
delle imprese capitaliste, sono più degli altri in grado di porsi alla
testa della mobilitazione e organizzazione delle masse popolari per
cambiare il corso delle cose. Lo devono fare!

Gli operai avanzati devono formare in ogni azienda organismi operai (OO)
che si occupino sistematicamente della salvaguardia delle fabbriche
prevenendo con lungimiranza le manovre padronali per ridurle o
delocalizzarle. Ma proprio per questo, oltre che occuparsi della loro
fabbrica, devono contemporaneamente proiettare la loro azione sulle
masse popolari della zona circostante per mobilitarle e organizzarle a
formare organizzazioni popolari (OP) e stabilire collegamenti con le OO
delle altre aziende per arrivare a creare un governo d'emergenza delle
OO e OP, il Governo di Blocco Popolare.

Per cambiare il corso delle cose imposto dalla borghesia imperialista
non bastano le proteste e le rivendicazioni sindacali, anche se sono
condotte con autonomia e perfino in opposizione alla destra che dirige
le organizzazioni sindacali di regime. Le vicende vissute dagli operai
della Piaggio di Pontedera (PI) nel corso degli ultimi anni sono la
dimostrazione più chiara e lampante di questa verità: le RSU combattive
sono ridotte a dover far fronte al contratto di solidarietà per quasi la
metà degli operai ancora presenti che oramai sono ridotti a circa un
quarto di quanti erano solo alcuni anni fa. Non bastano sovvenzioni e
alleggerimenti fiscali a beneficio delle aziende che i padroni vogliono
ridurre, delocalizzare o chiudere. Bisogna dare il via a una
trasformazione generale del sistema di relazioni sociali del paese. E il
primo paese imperialista che lo farà, mostrerà la strada e aprirà la via
anche alle masse popolari degli altri paesi, che hanno bisogno anch'esse
di cambiare il corso delle cose.

Proprio gli avvenimenti di questi giorni confermano che la lotta
sindacale non basta a far fronte alla situazione. Non solo perché la
Repubblica Pontificia si è ampiamente dotata di sindacati venduti e
complici dei padroni e del loro Stato e la CGIL è addirittura finita
nelle mani di nipotini di Craxi del tipo della Susanna Camusso, non solo
perché la FIOM è diretta in maniera ondivaga da Maurizio Landini, non
solo perché i sindacati alternativi e di base (tipo USB, CUB,
Confederazione Cobas, ecc.) sono minoritari e si ostinano a limitare la
loro attività a rivendicazioni e proteste. Ma principalmente perché il
problema che abbiamo di fronte è un problema politico. Per cambiare il
corso delle cose bisogna che il governo del paese sia in mano a chi
vuole cambiarlo. Bisogna che chi ha interesse a cambiarlo e vuole
cambiarlo, si organizzi per imporre un proprio governo d'emergenza.

Il nuovo Partito comunista italiano non solo fa appello agli operai
avanzati perché si impegnino in quest'opera, ma a sua volta si impegna a
sostenere in ogni modo la loro iniziativa. Il nuovo PCI ha tratto
insegnamento dalla deviazione del primo PCI e degli altri partiti
comunisti dei paesi imperialisti e dall'esaurimento della prima ondata
della rivoluzione proletaria. Il lavoro che abbiamo fatto negli anni
scorsi ha creato un partito ancora piccolo ma intellettualmente e
moralmente solido, perché ha una concezione del mondo ben fondata, una
scienza frutto dell'elaborazione dell'esperienza con il patrimonio
teorico del movimento comunista e linee politiche generali chiaramente
definite per affrontare il compito che ci sta davanti, di fare
dell'Italia un nuovo paese socialista. Porteremo a compimento l'opera
che il primo partito comunista ha lasciato incompiuto. Questo è il
terreno su cui il partito comunista si fonderà nuovamente con gli operai
avanzati.

Trasformare la ribellione e la protesta in organizzazione delle masse
popolari fino alla costituzione del Governo di Blocco Popolare, il
governo d'emergenza delle masse popolari organizzate!

Costituire clandestinamente in ogni azienda privata e pubblica e in ogni
zona Comitati di Partito, moltiplicare le OO e le OP e favorire il loro
coordinamento e l'orientamento a costituire un loro governo d'emergenza!


 

_**************_

_ Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere
individuati e messi sotto controllo dalla Polizia, una via consiste
nell'usare TOR [vedere _ http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html
[8]_], aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle
caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica
del Partito [vedere _ http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html [8]_]._


_ _

[2]

Se vuoi fare commenti proposte o critiche utilizza questo link [2]



Links:
------
[1] http://www.nuovopci.it/index.html
[2] https://nuovopci.wordpress.com
[3] http://www.nuovopci.it/voce/voce45/indvo45.html
[4]
http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2014/com03-14/Com.CC_03_14.01.21_Anniversario_del_primo_PCI.odt
[5]
http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2014/com03-14/Com.CC_03_14.01.21_Anniversario_del_primo_PCI.pdf
[6]
http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2014/com03-14/Com.CC_03_14.01.21_Anniversario_del_primo_PCI.doc
[7] http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav07.html
[8] http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html