Author: cobas comunege Date: To: liguria ambiente, genova Forum Subject: [NuovoLab] art Secolo con replica Com Acqua pubblica ad art di ieri
Cari tutt*,
vi invio -incollato dio seguito - due articoli del Secolo: quello con la nostra "replica" (pubblicata sul Secolo di oggi domenica 11) e l'articolo (vergognoso...) pubblicata ieri - sempre sul Secolo -a firma Carlo Stagnaro , con argomento "privatizzazione acqua".
Quello di Stagnaro è il primo e violento attacco ai nostri referendum. Dovremo abituarci, ce ne saranno molti perchè i nostri avversari sono potenti, ma noi replicheremo perchè siamo forti delle nostre idee e ragioni.
Buona domenica
Andrea Tosa
(Comitato genovese Referendum Acqua Pubblica)
Replica del “Comitato Acqua pubblica di Genova” ad articolo di Carlo Stagnaro del 10.7.2010
Abbiamo letto con piacere il commento di Carlo Stagnaro “Acqua 'privata': il Comune fa la guerra a sé stesso” sul suo giornale di ieri.
Con piacere, perché è bene che del tema “acqua” si parli il più possibile. Ricordiamo che è assai probabile che l'anno prossimo l'intero corpo elettorale sia chiamato a pronunciarsi sul tema.
Sarebbe però auspicabile che il dibattito non fosse sviato sul nascere, come avverrebbe se si risolvesse in uno scontro ideologico tra “liberisti” e “statalisti”. Da parte nostra non c'è alcuna simpatia per le gestioni pubbliche clientelari e lottizzatrici. Ma presentare la gestione privata come il massimo della trasparenza e dell'efficienza, nel pieno di una delle più gravi crisi economiche mondiali dovute ai comportamenti opachi e addirittura criminosi dei più importanti soggetti economici privati del nostro pianeta, debitamente quotati in borsa, sottoposti a “ferrei” controlli pubblici (le autorità di controllo della borsa e dei mercati monetari) e privati (le società di certificazione) mi pare davvero troppo.
Restiamo alla realtà. La gestione pubblica dell'acqua (e del gas) ha dato dovunque buoni risultati, contrariamente a quanto afferma Carlo Stagnaro. L'AMGA, finché è stat una municipalizzata, ha dato buoni utili al Comune di Genova. La riprova? Tutta la struttura industriale attuale di Mediterranea delle Acque (ora di Iride Spa) è quella di AMGA. Lo stesso Presidente di Iride (ora Iren), Roberto Bazzano, era un dirigente di AMGA dal 1980 (la creazione di Iride risale al 2006). L'amministratore delegato attuale, Roberto Garbati, era un dirigente della municipalizzata torinese AEM (Iride nasce dalla fusione tra la genovese AMGA e la torinese AEM).
La privatizzazione non ha portato nulla sul piano industriale. Ha solo sottratto la gestione del servizio idrico (cioè dell'acqua che arriva nelle case, ma anche della rete fognaria e dei depuratori) dal controllo democratico dei cittadini. E ha reso l'acqua oggetto di speculazione privata. Sì, perché forse non tutti sanno che il gestore ha garantito dalla legge un guadagno del 7%. Perché il privato dovrebbe sgomitare, come sta facendo, per avere la gestione di questi servizi, se non fossero la proverbiale gallina dalla uova d'oro? L'ingresso del fondo speculativo F2i (una Società di Gestione del Risparmio) in Mediterranea delle Acque fa parte di quel processo di finanziarizzazione dell'economia (ossia attenzione alle quotazioni di borsa, più che ai risultati di gestione) che è, secondo i commentatori, la principale causa immediata della gravissima crisi che stiamo vivendo, e che la popolazione (non chi si è intascato i grassi profitti degli
anni passati) sta pagando a caro prezzo.
Questa breve replica non pretende certo di esaurire l'argomento. Rischierebbe invece di esaurire prima la pazienza dei lettori. Confidiamo che il Suo giornale continui a occuparsi dell'argomento “acqua”, dando voce alle diverse opinioni.
Cordiali saluti
Pino Cosentino e Silvia Parodi
(portavoce del Comitato referendario Acqua pubblica – Genova)
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Secolo XIX (sabato 10.7.2010)
ACQUA "PRIVATA": IL COMUNE FA LA GUERRA A SE STESSO
il commento di Carlo Stagnaro
Il Comune di Genova, area cultura e innovazione, ufficio cultura e città, ha diffuso alla sua mailing list l'invito alla "festa dell'acqua", organizzata ieri "per festeggiare la fine della grandiosa campagna di raccolta firme a sostegno dei referendum contro la privatizzazione del servizio idrico". Sulla locandina, a caratteri cubitali: "l'acqua non si vende". C'è una sottile ironia, nel fatto che questo messaggio arrivi da chi... vende l'acqua. Il servizio idrico integrato è affidato, nel capoluogo ligure, a Mediterranea delle Acque, una società del gruppo Iren.Iren è ufficialmente nata pochi giorni fa dalla fusione tra Iride ed Enìa. Palazzo Tursi detiene il diciotto per cento di Iren. Quindi il Comune di Genova, che controlla (assieme ad altri enti pubblici) la società dell'acqua, dice che l'acqua non va venduta. Ci sarebbe quasi il rischio che i genovesi prendessero l'invito in parola e smettessero di pagare la
bolletta. Succederebbe quello che succede in altre aree del paese, dove la morosità è elevata, le perdite altissime e - sarà una coincidenza - la gestione è pubblica o parapubblica, senza neppure quel po' di trasparenza che è garantito da una compagnia quotata in borsa come Iren (sebbene la maggioranza del capitale sia dei comuni). L'acqua forse non è una merce, come ripetono gli organizzatori della festa, ma la gestione del servizio idrico - dalla captazione dell'acqua al trasporto fino al sistema fognario e alla depurazione - o viene calata in una dimensione industriale, oppure va in vacca. In questo senso, il decreto Ronchi - sulla scorta del tentativo, fallito, del ddl Lanzillotta durante il precedente governo Prodi - non assegna a nessun soggetto privato la proprietà della risorsa idrica. Crea una cornice di regole entro cui dovrebbe svolgersi l'esercizio del servizio idrico. Dice, in sostanza, che la sua gestione
non può essere affidata a capocchia, a società interne ai comuni o agli amici degli amici. Dice che, per aggiudicarsi il servizio, bisogna vincere una gara, che è un principio di civiltà.
La riforma dei servizi idrici, insomma, non privatizza un tubo. Per questo la campagna referendaria pecca sia di approssimazione, sia di disinformazione. Di disinformazione, perché chiede alla gente di mobilitarsi contro qualcosa che nessuno sta facendo (purtroppo, verrebbe da dire). Di approssimazione, perché non dice che - se i referendum fossero implementati - il paese precipiterebbe in un passato anacronistico e sprecone.
Il decreto Ronchi non è perfetto, naturalmente: lascia troppi vuoti, a partire dall'assenza di un regolatore indipendente per l'acqua. Di certo, però, non toglie l'acqua agli assetati - ma crea le condizioni per effettuare gli investimenti necessari a soddisfare i bisogni di tutti. Poi, fa anche un'altra cosa: leva ai politici locali la possibilità di una spesa discrezionale e, spesso, clientelare, e assoggetta il servizio idrico a criteri (relativamente) oggettivi anziché all'aumma aumma dei partiti. Non sarà abbastanza, ma scusate se è poco.