Author: marcantonio lunardi Date: To: forumlucca Subject: [Forumlucca] Da Pomigliano a Manchester
Qualcuno ha scritto “meglio Marchionne della camorra”, qualcun altro
“meglio la Cina (intesa come condizioni di lavoro) che niente”. Hanno
ragione entrambi, come Catalano, la vecchia spalla di Renzo Arbore,
che però non è passata alla storia per dire cose intelligenti.
di Gennaro Carotenuto
Chi dice “meglio Marchionne della camorra”, che vuol dire la
disponibilità totale per l’impresa di questo nuovo-vecchio uomo
unidimensionale, ha però anche torto se oramai, tra quest’incudine e
martello, nessun colpo d’ali riesce a pensare non tanto un avvenire
migliore ma addirittura un qualsiasi avvenire possibile che non sia il
sopravvivere ad un immodificabile esistente.
La storia ha così percorso un nuovo cerchio concentrico e, alla “fine
della storia” e a 16 anni dalla promessa di un nuovo miracolo
italiano, siamo ritornati al “no future” dei Sex Pistols
settantasettino.
Già a metà strada tra il ‘77 e noi, quindici anni fa, Jeremy Rifkin ed
altri teorizzarono la “fine del lavoro” salariato (fordista nel caso
operaio). Una profezia avveratasi nei suoi presupposti nefasti ma
elusa colpevolmente dalle classi dirigenti per quanto concerneva le
nuove forme di sviluppo necessarie a disegnare un XXI secolo possibile.
Ambiente, nuove fonti energetiche, tecnologia, cultura, terzo settore,
non certo la camorra, avrebbero dovuto assorbire la forza lavoro
novecentesca, che invece si dibatte oggi tra un infinito precariato
prima della cassa integrazione che accompagna (male) ad una pensione
insufficiente in un contesto dove per la maggioranza il lavoro, la
piena indipendenza economica ricondotta alla capacità del tessuto
familiare di sostenerti e inserirti, la semplice pulsione a consumare
appaiono non più diritti ma utopie.
E’ la storia del fallimento storico di un modello di società uscito
appena vent’anni fa trionfante dalla guerra fredda e soprattutto di
una classe dirigente politica ed economica (a Pomigliano, in Campania,
in Italia, nell’Unione Europea, nel mondo industrializzato) se oggi
Marchionne e la sua abrogazione virtuale del diritto di sciopero
vengano presentati come un’alternativa plausibile alla camorra.
Marchionne (ammesso e non concesso che lo sia) non è l’unica
alternativa possibile alla camorra ma è solo la più arcaica e
regressiva delle alternative possibili. Alternative che però non sono
state percorse a monte, non oggi.
I media riportano in questi giorni un sondaggio per il quale oltre la
metà degli under-40 dei paesi OCSE (non delle vele di Secondigliano)
non sanno di cosa vivranno quando andranno in pensione. E’ un
eufemismo per dire che non vivranno, non vivremo. Vuol dire che la mia
generazione e quelle che mi seguono forse non vedranno mai un giorno
di espansione, di ottimismo, di diritti non conculcati ma che invece
crescono e permettono di vivere meglio, da cittadini in un regime
democratico. Vuol dire che i nostri genitori hanno vissuto in una
breve età dell’oro che non tornerà.
Dietro l’insultante ironia antioperaia di Marchionne I il Benefattore
si legge tutta la disperante ingiustizia e disuguaglianza dei nuovi
“tempi moderni” chaplianiani. Non dovrebbe essere neanche posta
l’alternativa tra camorra e Marchionne, tra lavoro nero e lavoro neo-
schiavistico. Quando il grande statista tanzaniano Julius
Nyerereminacciava che se l’Europa non si fosse comportata con
giustizia con l’Africa allora l’Africa si sarebbe manifestata in
Europa, era facile pensare che si riferisse ai fenomeni migratori. La
presenza di immigrati del Sud nel Nord del mondo è invece solo un
capro espiatorio, una spiegazione facile, alla fine della società dei
diritti novecentesca. Schiere di economisti neoclassici si ostinano a
liquidare una società di diritti (la stessa società di massa) come
insostenibile senza preoccuparsi di rispondere alla domanda su come
vivranno, come vivremo, senza lavoro oggi e senza pensione domani.
A distanza di tempo nel sottotesto di Nyerere si legge non tanto e non
solo l’arrivo di persone (auspicabilmente nuovi cittadini) ma
soprattutto il dilagare di rapporti di produzione premoderni e
presindacali, non propriamente africani se non intesi come neo-
schiavisti, cinesi se preferite, ma che sono comunque preferibili al
precariato infinito e al lavoro nero. L’accordo di Pomigliano
testimonia così l’avvento di una nuova modernità nella quale, per le
maggioranze, l’unica forma di non esclusione possibile è tornare non
al “no future” del ‘77 né al ‘67 marcusiano (per quanto possa tediare)
ma ben più indietro: a quei rapporti di produzione che qualcuno studiò
alla metà degli anni ‘40 a Manchester. Anni ‘40 dell’800.