----Messaggio originale----
Da: graziellabertozzo@???
Data: 26-
lug-2008 9.57 AM
A: "facciamobreccia"<facciamobreccia@???>
Ogg: 
[FacciamoBreccia] Mi chiamo Italo...
Vi segnalo un interessante 
articolo di Elena sulla destra glbt, su Liberazione di oggi.
Graziella
Mi chiamo Italo, odio i froci
ma amo il mio camerata
Da Pim Fortuyn ai 
gay del Grand Old Party statunitense.
Da Gaylib, lassociazione 
nazionale dei gay liberali e di centrodestra alla frequentazione dei 
centri sociali e dei forum neofascisti. Cosa succede quanto la cultura 
lgbt incontra la destra, nuova o nostalgica che sia? Appunti da un 
primo viaggio in un fenomeno emergente ma contraddittorio
Pim Fortuyn, 
il politico olandese che fu assassinato il 6 maggio 2002, era un 
personaggio tanto controverso da essere stato definito di volta in 
volta come un razzista xenofobo, un libertario, un fascista, un 
sostenitore dei valori della sinistra, un leader dell'estrema destra... 
Fortuyn esprimeva posizioni decisamente liberiste e, attraverso la 
lista che aveva costruito per le legislative del 2002, Lijst Pim 
Fortuyn, aveva raccolto le simpatie di molti elettori di estrema 
destra, pescando nel bacino del partito Leefbaar Nederland (Olanda 
vivibile). A caratterizzare la sua politica erano le posizioni 
fortemente contrarie all'ingresso in Olanda di emigranti di religione 
islamica: «Io sono anche a favore di una guerra fredda con l'Islam. Io 
vedo l'Islam come una minaccia straordinaria, come una religione 
ostile». Ma Fortuyn, paragonato spesso per la xenofobia a Le Pen, era 
anche un gay «che aveva fatto della visibilità e dell'orgoglio 
omosessuale un tratto significativo della sua figura anche politica, 
sosteneva i diritti di gay e lesbiche, i diritti delle donne, il 
diritto al consumo delle droghe leggere, il diritto di ricorrere 
all'eutanasia» (Roberta Padovano). Nel 2002, quando, a causa del suo 
omicidio si parlò molto di Fortuyn anche sui media italiani, le sue 
posizioni ne facevano un personaggio quasi incomprensibile per la 
nostra cultura politica.
Che i gay siano tutti di sinistra, almeno per 
buon senso, nessuno lo pensa eccetto Berlusconi che lo scorso anno 
affermò: «Sono tutti dall'altra parte». Una cosa del tutto diversa è 
però quando si parla del movimento lgbt: in Italia quest'esperienza 
politica trova le sue origini nell'ambito dei movimenti autonomi ed 
extraparlamentari degli anni '70 così come negli USA nasce nel 1969, 
nell'anno delle proteste alla Columbia University, a fianco della lotta 
del Women Liberation Front e delle Black Panthers; in Italia anche le 
esperienze di cultura più riformista degli anni 80/'90, trovano la 
loro collocazione nell'Arci, a fianco quindi dei partiti di sinistra.
In questo panorama rappresenta una prima forte discontinuità la figura 
di Enrico Oliari: "uomo della destra sociale", iscritto ad Alleanza 
nazionale, eletto presidente di Arcigay Trento nel 1995 spinge per una 
trasversalità politica dell'associazione, sostenendo che debba 
rappresentare tutti i gay, anche quelli di destra, invece poi, nel 1997 
fonda "Gaylib, l'associazione nazionale dei gay liberali e di 
centrodestra". Gaylib rimane in questi anni ai margini del movimento 
lgbt, sia per i numeri sempre molto contenuti, che per mancanza di 
alleanze interne ed esterne. Sale ad una parziale ribalta delle 
cronache quest'anno quando decide di organizzare il pride della destra 
gay a Provesano di San Giorgio della Richinvelda (Pordenone), sulla 
tomba di Pim Fortuyn, che intende celebrare per «i valori saldi nella 
tutela delle libertà individuali e dell'identità occidentale». Gaylib 
ne sposa in pieno le idee di chiusura e criminalizzazione dei e delle 
migranti provenienti da paesi a maggioranza islamica tanto che nel 2004 
si univa alla battaglia leghista contro la costruzione della moschea a 
Bolzano: «Le moschee sono ricettacoli di persone che rifiutano sia le 
libertà individuali conquistate sia quella da conquistare». Il "pride 
di destra" di Gaylib avrebbe dovuto concludersi con la partecipazione 
al corteo dell'orgoglio di Lubiana, per contestare i pride italiani che 
«sono manifestazioni di sinistra che discriminano chi di sinistra non 
è», ma da Lubiana fanno sapere che da loro non sono ben accetti i 
berlusconiani che, oltretutto, celebrano un «fascista xenofobo», 
Fortuyn appunto.
La militanza gay in partiti di destra non è un fatto 
solo italiano: si pensi, ad esempio agli USA dove «Il partito 
repubblicano, noto agli americani come Grand Old Party, non è ancora il 
Gay Old Party, ma al suo interno le cose stanno cambiando», scrive The 
Advocate , noto mensile gay a stelle e strisce. Emblema del cambiamento 
è Patrick Guerriero: «Al contrario delle precedenti generazioni di 
omosessuali conservatori - continua la rivista - Guerriero non ha avuto 
paura di dichiarare la propria omosessualità in pubblico. Certo, in un 
partito che solo dieci anni fa dichiarava la guerra culturale contro 
l'omosessualità, e in cui ancora oggi sono presenti uomini politici 
dichiaratamente omofobi, la corsa di Guerriero sarà dura».
E' un fatto 
che intellettuali gay, (Fortuyn ma anche Sullivan, repubblicano 
statunitense, cattolico, autore di Praticamente normali ), maschi e 
bianchi, abbiano espresso idee lontanissime da quanto i movimenti lgbt 
hanno espresso dagli anni 70, idee inconciliabili con un approccio di 
liberazione globale. Le posizioni riportate fin qui chiaramente non 
sono condivisibili da chi nei movimenti lgbt pensa che la propria 
collocazione politica sia in un contesto più ampio di movimento, che si 
spende per un mondo altro, dove le lotte delle lesbiche, dei gay, dei e 
delle transessuali si intrecciano con le lotte contro sessismo, 
razzismo, fascismo e neoliberismo e incrociano una lettura di classe. 
Questa è per certo l'ottica dei movimenti lesbo-femministi di inizio 
anni '80 ma anche del "sommovimento" lesbico e femminista che lo scorso 
24 novembre ha portato in piazza a Roma 150.000 donne contro la 
violenza maschile sulle donne ma anche contro la logica securitaria e 
razzista del pacchetto sicurezza. E' anche l'ottica dei movimenti queer 
americani e di una parte dei movimenti europei (ad esempio della "Red 
por el descontrol sexual" che si è riunita a Roma, al Forte Prenestino, 
nel febbraio scorso) e di una fetta importante del movimento lgbt 
italiano dalla sua nascita ad oggi.
Ma anche in Italia la collocazione 
tutta a sinistra della "questione omosessuale" presenta numerose crepe 
e "infiltrazioni" che in questo momento confuso sembrano scoppiare 
improvvisamente. Così, ad esempio, si apre un primo aspro dibattito in 
occasione del pride di Roma dello scorso 7 giugno in merito al se e al 
come relazionarsi con il neosindaco Alemanno, giacca e cravatta su una 
celtica ancora al collo. Aurelio Mancuso, presidente di Arcigay 
Nazionale, Imma Battaglia di Di' Gay Project e Fabrizio Marrazzo di 
Arcigay Roma, inviano una lettera aperta al sindaco di Roma assumendosi 
il compito di «dialogare con tutte le forze democratiche, senza 
pregiudiziali politiche di sorta», riconoscendo come «la destra 
italiana abbia fatto un percorso importante nello sganciarsi 
dall'eredità storica e politica del fascismo», convinti che uno scontro 
"destra-sinistra" sarebbe nocivo alla causa. La lettera scatena subito 
contrasti tanto che Francesca Grossi inizialmente la firma come 
presidente di Arcilesbica Roma ma poi viene sollevata per questo 
dall'incarico. Infine Arcigay Roma e Di' Gay Project non aderiscono al 
Romapride che invece afferma fortemente «la sua scelta antifascista e 
antirazzista». Di' Gay Project organizza, a tre giorni dal pride, il 
convegno "Gay pride made in Italy, quale modello?", un confronto che ha 
le sue basi nell'assioma dell'«importanza della trasversalità politica, 
perché - scrive DGP - non potremmo mai raggiungere i nostri obiettivi 
sui diritti civili senza avere un ampio consenso politico e sociale». 
Così Battaglia dibatte di quale pride sia meglio per il nostro paese, 
ricordando di essere stata l'antesignana delle aperture a destra, 
avendo iniziato il dibattito anche con Storace quando questi guidava la 
Regione Lazio; con lei, tra gli altri, dibattono Croppi, assessore alla 
cultura della giunta Alemanno e Della Vedova, deputato del PdL. Della 
Vedova è stato l'unico esponente della destra presente sia al world 
pride del 2000 che al pride di Bologna di quest'anno, convinto che «un 
partito che rappresenta il 40% degli elettori, tra cui, senz'altro, una 
parte importante degli omosessuali italiani, non possa essere 
insensibile alle istanze» dei diritti civili, così come, ricorda, 
accade per altre destre europee da quella britannica a quella spagnola.
Un altro conflitto politico prende forma intorno al pride di Bologna 
per l'inclusione nella campagna di comunicazione del pride stesso 
dell'immagine di "Italo". La campagna di comunicazione era composta 
dalle immaginette manga di quindici esempi di partecipanti al pride, 
riportati su cartoline e manifesti, da "Gustavo cattolico e praticante" 
a "Emma pacifista e pasionaria dei diritti" a "Italo, odia i froci ma 
ama il suo camerata". "Italo" è rappresentato come un giovanotto 
biondo, rasato, maglietta nera con bordi tricolore e celtica in vita, 
la didascalia recita: «Essere maschio significa picchiare, soprattutto 
i froci, meglio se in tanti contro uno, perché l'onore virile deve 
essere difeso. Se poi ti accorgi che il sabato sera a Casa Pound, al 
concerto del tuo gruppo nazirock preferito la vista del tuo camerata a 
torso nudo ti eccita, ti racconti che non importa perché tanto tu e lui 
siete camerati e poi non puoi essere frocio perché non ti senti 
"sensibile", non vesti alla moda, non ascolti Madonna». Sembra così che 
l'invito a partecipare al pride non sia più rivolto ad una soggettività 
politica, ma a portatori e portatrici di un omoerotismo trasversale. 
Nella cartolina di "Italo" si cita un'esperienza specifica del 
neofascismo: Casa Pound. Ed è proprio con i camerati di Casa Pound che 
alcuni gay nell'orbita del movimento, tentano aperture.
Su http:
//lampidipensiero.wordpress.com Guido Allegrezza, autore del blog, 
membro di Rainbow Choir (il coro che sul palco del pride di Roma ha 
cantato l'Inno di Mameli), libero battitore del movimento a Roma, 
racconta la visita che ha fatto il 20 giugno scorso a Casa Pound in 
occasione di un raduno nazionale insieme a Federico (autore a sua volta 
del blog 
www.kaletraforever.com). Il resoconto pubblicato su Lampi di 
pensiero, racconta di saluti "gladiatori" e socialità tra teste rasate 
e magliette d'ordinanza e dell'incontro con Gianluca Iannone, leader 
dei camerati in rotta con Fiamma Tricolore, direttore della rivista 
Occidentale (nomen omen), fondatore di una delle più truculente band di 
rock fascista, gli Zeta Zero Alfa, di Blocco Studentesco e Radio 
bandiera nera, protagonista anche di un'incursione nel pride romano, 
dove, con un gruppo di camerati ha cercato di intrufolarsi, con tanto 
di bastoni (ripresi in video) sostenendo poi che passavano di là per 
caso diretti ad un matrimonio in Campidoglio.
Ma i due visitatori, che 
si qualificano come esponenti del movimento lgbt, uno di Sinistra 
Democratica, l'altro anarcoide, si ritengono soddisfatti del fatto che 
Iannone dichiari che il movimento da lui animato «non ha nulla contro 
le persone glbt, ma è contrario all'adozione». «Forza Nuova è omofoba e 
clericale, noi no», avrebbe affermato poi Iannone, riportato sul blog 
Kaletra, come se posizioni anticlericali fossero una novità per 
l'estrema destra. Sul blog di Allegrezza troviamo anche il post, "Agli 
amici coraggiosi" di solidarietà per Lorenzo Q. Griffi (l'ideatore 
della controversa campagna del Bologna Pride, il "padre" di "Italo" 
quindi), membro del Direttivo che quel pride ha organizzato, fortemente 
criticato per le sue frequentazioni di forum dell'estrema destra come 
Vivamafarka - «per curiosità» scrive lui -, forum in cui si lancia in 
affermazioni quali: «Verosimilmente il fatto che è stata proprio 
l'interazione col comitato pride che mi ha reso "fascista"». Poi però 
in una lettera aperta un po' ritratta («fascisti, questa cosa 
ovviamente mi mette a disagio»), un po' spiega che si tratta di «una 
destra nazionalista, ma contraria a CPT e reato di clandestinità. Un 
ambiente in cui atteggiamenti apertamente omofobi venivano 
stigmatizzati» e comunque in un'epoca in cui, aggiunge Griffi, si ha 
notizia di «tafferugli tra fazioni differenti di sedicenti 
"antifascisti" e in cui il movimento lgbt è litigioso al suo interno e 
perde tempo e stile (a suo avviso) con il linguaggio sessuato, si 
trovano tutti i motivi per cercare altrove». Per esempio in forum di 
discussione dove razzismo, sessismo, omofobia, autoritarismo vengono 
sfoggiati con "maschia" baldanza. E che sia la connotazione "maschia" a 
divenire motivo di attrazione per alcuni è un elemento che può passare 
per la testa.
Quello che possiamo affermare con certezza è che quelle 
raccontate sono esperienze singole e portate avanti da persone che si 
immedesimano nel ruolo dell'"intellettuale d'avanguardia". Tardivi 
epigoni di Marinetti? Certo oggi gli unici avanguardisti futuristi che 
troviamo in giro sono i fascisti del Circolo futurista di Casal Bertone 
(Roma), aderente a Casa Pound, e un certo post-modernismo sembra 
divenuto un gioco fine a se stesso, dalle connotazioni politicamente 
ambigue. Niente a che vedere comunque con l'analisi complessa e 
marxista di Pasolini. Né tanto meno con la profonda decostruzione della 
maschilità operata da Mario Mieli in Elementi di critica omosessuale , 
dove, tra l'altro l'autore afferma «La complicità (tra vittima e 
carnefici, ndr) si riferisce dunque all'atto sessuale mancato, 
inconsapevolmente desiderato e tradotto in violenza da parte 
dell'eterosessuale.[
] Nel contesto sociale in cui il desiderio gay 
viene fortemente represso a volte può capitare che l'omosessualità 
maschile si manifesti soltanto a condizione di assumere connotazioni 
ipervirili e antiomosessuali». Stralci questi dell'analisi che Mieli 
premette alla costruzione di un "gaio comunismo".
Elena Biagini
26/07/2008
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