[Forumlucca] Chfouka (1)

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Author: Virginio Bertini
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CC: donatella francesconi
Subject: [Forumlucca] Chfouka (1)
Parere
In merito alla situazione del Sig. Salah CHFOUKA e della sua famiglia, il sottoscritto Avv. Andrea Callaioli
osserva
quanto segue.
A) in ordine alla rinnovabilità del permesso di soggiorno rilascia-
to ex art. 31, comma 3, D.Lgs. 286/98
All'origine dell'attuale situazione della famiglia Chfouka vi è il decreto del Tribunale per i Minorenni di Firenze che, pronunciando nell'interesse della figlia minore Hind, autorizzava la permanenza in Italia del padre Salah e della madre Samari Latifa per il periodo di anni due a decorrere dalla comunicazione del provvedimento, dichiarando, altresì, per gli stessi "il diritto di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari e di esercitare le facoltà a questo connesse, ai sensi dell'art. 30 c. 2 D. Lgs. 286/98, ivi compresa la facoltà di svolgere attività lavorativa". Ai sensi della citata disposizione tale organo, nell'ambito delle proprie competenze ed agendo nell'esclusivo interesse del minore straniero presente sul territorio nazionale, in deroga alle restanti previsioni di legge può, quindi, autorizzare la permanenza in Italia dei genitori e, altresì, affermare il loro diritto ad un permesso di soggiorno per motivi familiari che, come tale, consenta lo svolgimento di attività lavorativa, nell'ottica di garantire l'assolvimento del diritto-dovere genitoriale di mantenimento del figlio o dei figli minori.
Peraltro, come confermato dalla giurisprudenza (Trib Minorenni Firenze, Decreto 21 luglio 2003 n. 3261, Trib Minorenni Firenze, Decreto 18 agosto 2005, Trib Bologna, Sez. I Civile, Sentenza 26 settembre 2005, Trib Pordenone, Ordinanza 11 aprile 2006 n. 59, nonché, particolarmente rilevante per le parti in causa, Trib. Lucca, Volontaria Giurisdizione, Sent. 5 dicembre 2005 n. 2047) la pubblica amministrazione non può sindacare il contenuto del provvedimento autorizzativo emesso dal Tribunale per i Minorenni ed è tenuta ad ottemperarvi eseguendo le prescrizioni in esso contenute. Ciò significa che, una volta accertato il diritto dei genitori ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari e ad esercitare le facoltà a questo connesse, la Questura non può che adempiere alle prescrizioni del Tribunale, senza poter in alcun modo sindacarne le statuizioni. Tale conclusione è suffragata non solo dal tenore letterale della norma, laddove dispone che "i provvedimenti del Tribunale debbano essere comunicati al Questore per gli adempimenti", ma anche dall'intero sistema normativo in materia di immigrazione delineato dal legislatore, dal momento che, come si è visto, la norma consente al Tribunale per i Minorenni di autorizzare la permanenza del familiare "anche in deroga alle altre disposizioni del testo unico". Con tale espressione si è, infatti, inteso attribuire a tale organo giudiziario un potere del tutto sganciato dalle altre condizioni dettate dalla legge in questione e, quindi, a maggior ragione, dai diversi convincimenti dell'amministrazione obbligata a rilasciare il permesso di soggiorno. Tutti i commentatori hanno evidenziato come tale potere del Tribunale per i minorenni prenda origine dal fatto che la presenza dei genitori appare necessaria per garantire l'assistenza morale e materiale della prole, tenuto conto delle condizioni di salute, dell'avvenuto radicamento nel territorio nazionale, della minore età dell'interessato nonché delle esigenze di stabilità psicologica nella fase evolutiva del fanciullo. A tale conclusione si perviene, in primo luogo, sotto il profilo del significato proprio delle parole secondo la connessione di esse (interpretazione letterale o dichiarativa) analizzando l'espressione di cui all'art. 31, comma 3, T.U. "anche in deroga alle disposizioni della presente legge", dal momento che essa avvalora l'idea che l'autorizzazione de qua rappresenti un'ipotesi particolare giustificante il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari in deroga - ovvero ad integrazione - delle evenienze ordinarie contemplate dalle disposizioni in materia di unità familiare, in particolare della disposizione immediatamente precedente (art. 30 T.U.).
Ma anche una riflessione sulla ratio delle norme che si esaminano (muovendo dal presupposto della razionalità del sistema, id est della non contraddittorietà delle singole regole facenti parte del sistema, ovvero della sua intrinseca logicità) appare confermare quanto qui si sostiene, atteso che l'art. 28, comma 3, D. Lgs 286/98 prevede esplicitamente che in "tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all'unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall'art. 3 c. 1 della Convenzione di New York sui Diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della Legge 27 maggio 1991, n. 176".
Alla luce di quanto sin qui esposto il riconoscimento del superiore interesse del minore a non essere separato dai genitori può dirsi effettivo (e non costituire mera enunciazione di principi o dichiarazione di intenti) solo e proprio nella misura in cui al genitore non abbiente, autorizzato in base al citato art. 31 a permanere nel territorio italiano, sia consentito di svolgere regolare attività lavorativa, esercitando ed adempiendo il proprio diritto-dovere di mantenere i figli (circa il fondamento normativo di tale dovere si vedano tra l'altro l'art. 30 Cost., l'art. 147 cod. civ., l'art. 570 cod. pen., nonché la citata Convenzione di New York del 20 novembre 1989).
Pertanto, poiché appare dimostrato il diritto dei genitori al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari, ed alla derivante possibilità di esercitare le facoltà a questo connesse, ai sensi dell'art. 30, comma 2, D. Lgs. 286/98, ivi compresa la facoltà di svolgere attività lavorativa, è altresì evidente che tale titolo di soggiorno possa essere rinnovato, alla scadenza, per motivi di lavoro, subordinato o autonomo, qualora siano presenti tutti i requisiti di cui all'art. 5 e ss. T.U. A questa conclusione deve pervenirsi in base ad un triplice ordine di interpretazione:
(a) letterale, in quanto il decreto del Tribunale per i minorenni che ha autorizzato la famiglia Chfouka a permanere regolarmente sul territorio nazionale è espressamente finalizzato a consentirne la regolare presenza in forma definitiva;
(b) logico, in quanto apparirebbe contraddittorio consentire il regolare inserimento del predetto nucleo familiare nel tessuto sociale, affettivo e lavorativo del nostro Paese solo "a tempo determinato", negando la possibilità di un proseguimento di tale inserimento in presenza delle altre condizioni di legge (possesso di lecite fonti di sostentamento, inserimento scolastico, idonea abitazione, assenza di pregiudizi penali ostativi);
(c) sistematico, in quanto l'art. 5, comma 5, T.U. impone la valutazione dei nuovi elementi sopraggiunti che consentano il rilascio del permesso di soggiorno altrimenti non concedibile. Difatti, in presenza della regolare attività lavorativa in forma autonoma del Sig. Salah Chfouka è ben possibile per la Questura rilasciare un permesso di soggiorno per tale titolo, superando la situazione di irregolarità che riteneva essersi creata a seguito del precedente mancato rinnovo del permesso di soggiorno; in altre parole, essendo stata offerta la prova che è sopraggiunta una nuova situazione di fatto che consente al predetto ed alla sua famiglia di ottenere il permesso di soggiorno, il primo per motivi di lavoro autonomo ed i restanti componenti per motivi familiari (la Sig.ra Samari) e di studio (le figlie Ymane e Hind), l'amministrazione ben potrebbe procedere in tal senso, dovendo ogni valutazione in merito ai requisiti per il rilascio del titolo di soggiorno essere effettuata sulla base della situazione esistente "al momento in cui l'autorità è chiamata a pronunciarsi", dovendosi fare "riferimento non alla situazione pregressa dello straniero, ma alle sue condizioni attuali" (Cass., Sez. I civ. Sent. 3.2.2006 n° 2417).
A tale conclusione si giunge anche argomentando in analogia a quanto rilevato dalla Corte costituzionale (sentenza 23 maggio 2003 n. 198) in materia di rinnovo del permesso di soggiorno ai soggetti divenuti maggiorenni, affidati o sottoposti a tutela durante la minore età; difatti la Corte ha evidenziato più volte che "eventuali residue incertezze di lettura sono destinate a dissolversi una volta che si sia adottato, quale canone ermeneutico preminente, il principio di supremazia costituzionale che impone all'interprete di optare, fra più soluzioni astrattamente possibili, per quella che rende la disposizione conforme a Costituzione" (cfr. sentenze n. 316/2001 e n. 113/2000 nonché, in senso analogo, ordinanza n. 277/ 2000). In tal caso il Giudice delle leggi ha concluso nel senso che la disposizione del comma 1 dell'articolo 32 del D. Lgs. 286/98 va riferita anche ai minori stranieri sottoposti a tutela, ai sensi del Titolo X del Libro primo del Codice civile, e che pertanto non si pone un problema di costituzionalità di questa disposizione. Un simile percorso argomentativo può riprodursi nel caso in esame: come i minori in precedenza affidati o sottoposti a tutela di stranieri regolarmente soggiornanti, divenuti maggiorenni hanno diritto al rinnovo del permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 32, prescindendo dai restanti requisiti di legge, in egual modo il minore regolarmente presente in forza di un decreto giudiziale ex art. 31, comma 3, T.U. al compimento della maggiore età deve poter ottenere tale rinnovo e con esso anche i familiari, presenti anch'essi in via regolare in forza di tale autorizzazione, prescindendosi anche in questo caso dai restanti requisiti di legge.
A parere di chi scrive, quindi, può concludersi nel senso dell'inesistenza di validi motivi giuridici che ostino al rinnovo del per-
messo di soggiorno per la famiglia Chfouka.
B) in ordine alla revocabilità dell'espulsione
Alla luce della complessiva situazione della famiglia Chfouka appare inoltre possibile un riesame della precedente decisione del Sig. Prefetto di Lucca e la conseguente revoca della cennata espulsione; difatti, in base al disposto delle Circolari Ministero dell'interno N.400/A/2004/444/P/12.214.13 del 18 maggio 2005 e N.400/A/2005/312/P/12.214.13 del 28 febbraio 2005 "l'interesse pubblico alla eliminazione dell'atto (...) può ritenersi sussistente in tutti i casi in cui l'ordinamento (...) contempli la possibilità di sanare la posizione dello straniero". Il quadro normativo delineato in precedenza al punto A) del presente parere fornisce, ad opinione di chi scrive, tutti gli elementi per procedere alla regolarizzazione dell'intera famiglia, essendo, con tutta evidenza, la situazione dei suoi componenti di concreto inserimento nella realtà sociale e lavorativa del nostro paese; appare, quindi, opportuno concedere al Sig. Salah Chfouka la revoca dell'espulsione e la conseguente possibilità di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, per lui, familiari per la moglie e per le figlie o, in alternativa per quest'ultime, per motivi di studio.
Non paiono, peraltro, sussistere controindicazioni in ordine ai presupposti di ordine e sicurezza pubblica "essendo escluso che da una sentenza penale di condanna derivino automaticamente effetti negativi ma dovendo essere presi in considerazione, sia pure per contestarne la sufficienza, il comportamento del ricorrente e tutti gli elementi prospettati dal ricorrente a suo favore per attestare una condizione di vita socialmente normale" (così TAR Valle d'Aosta 18/1/2001, n. 19 e, conformi, TAR Piemonte Sez. II 28.5.2001, n. 1188, Riahi, TAR Veneto Sez. II 24.10.2000, n. 1768, TAR Lombardia Sez. I Milano 2/7/1998, n. 1595 e 27/3/2000, n. 2253). A tal proposito, anche la Suprema corte di Cassazione, sia pur in tema di espulsione, ha evidenziato che occorre considerare i criteri "a) della necessità di un accertamento oggettivo (...) degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni; b) del requisito dell'attualità della pericolosità; c) della necessità di esaminare globalmente l'intera personalità del soggetto, quale risulta da tutte le manifestazioni sociali della sua vita" (Cass. I 18 - 30/8/2002, n. 12721 Farhane); tale interpretazione ha trovato un autorevole conferma anche da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha stabilito che "lo straniero, i cui fondamentali rapporti familiari e sociali sono radicati nel paese ospite, può essere espulso solo se la sua condotta costituisca una minaccia grave per l'ordine pubblico e non semplicemente per il fatto di essere stato condannato, sia pure più volte, a pene di lieve entità" (C. Eur. Dir. Uomo III Sez. 13.2.2001, n. 47160/99, Ezzouhdi c/ Francia nonché le altre citate da B. Nascimbene La Convenzione, la condizione dello straniero e la giurisprudenza in La Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, Milano, 2002, 159 n. 10); difatti la C.E.D.U. ha rilevato come l'esecuzione dell'espulsione a carico di uno straniero che ha tutti o gran parte dei suoi legami all'interno dello Stato ospite può costituire una violazione dell'art. 8 Conv. Eur. D.U. (C. Eur. Dir. Uomo 18.2.1991, Moustaquim c/ Belgio) se non tiene conto della natura e della gravità dell'infrazione commessa dallo straniero, della durata del soggiorno nel paese ospite, del periodo trascorso tra la commissione dell'infrazione e la misura punitiva, del comportamento del soggetto durante questo periodo e della situazione familiare del ricorrente (C. Eur. Dir. Uomo Boultif c/ Svizzera; cfr. anche Corte di giustizia CEE 25/7/2002).
Né pare ostare alla revoca del provvedimento espulsivo del Sig. Chfouka il fatto che vi sia stata una pronuncia giudiziale definitiva da parte del tribunale di Lucca che ne ha sancito la legittimità, dal momento che il potere di autotutela di cui è titolare la Pubblica Amministrazione non è connesso esclusivamente a valutazioni in ordine alla legittimità dell'atto, bensì anche alla sua persistente opportunità a fronte di situazioni sopravvenute. In buona sostanza, il Prefetto di Lucca ben potrebbe rivalutare la situazione del Sig. Salah Chfouka alla luce del decreto del Tribunale per i minorenni di Firenze e della successiva attività lavorativa svolta, ritenendo a tal proposito venute meno, in base ai parametri di cui alle citate circolari ministeriali, le ragioni che ne avevano giustificato l'espulsione e, di conseguenza, revocando detta misura.
C) in merito alla inutile gravosità della procedura di rientro in pa-
tria della famiglia Chfouka
Resta infine da rilevare come inutilmente gravosa appare la soluzione prospettata dalle autorità lucchesi, allorquando propone l'allontanamento della famiglia Chfouka dall'Italia e l'avvio dall'estero di una procedura di rientro autorizzato ai sensi della vigente normativa. Tale soluzione contrasterebbe, evidentemente, con il principio di economia dei mezzi giuridici, dal momento che, in base alla concreta situazione della famiglia Chfouka, appare innegabile come la stessa sia in possesso di tutti i requisiti sostanziali per l'ottenimento del richiesto permesso di soggiorno. Difatti, la Sig.ra Samari e le figlie sono entrate in Italia ottemperando all'iter di legge (richiesta di nulla osta al ricongiungimento familiare, nulla osta della Questura di Lucca, visto d'ingresso del Consolato), le figlie sono regolarmente iscritte a corsi di studio, mentre il Sig. Chfouka è in possesso di leciti mezzi di sostentamento derivanti dall'attività lavorativa. In tali condizioni, pertanto, dato il rispetto dei requisiti di cui agli artt. 4, 5, 26, 28, 29, 30 e 39 D. Lgs. 286/98, il predetto nucleo - come del resto confermato dalle autorità di polizia di Lucca - otterrebbe sicuramente un visto d'ingresso per il rientro, dovendo tuttavia attendere i non brevi tempi connessi alla complessa procedura di rilascio; ma in realtà, a seguito di tale visto, costoro si troverebbero nella stessa identica posizione sostanziale in cui si trovano adesso, ovvero in possesso di ogni requisito per lo svolgimento dell'attività lavorativa e di studio, con l'aggravio, però, di dover far rientro in Marocco e di dover attendere nuovamente i lunghi tempi burocratici connessi alle procedure per la domanda ed il rilascio del visto d'ingresso presso le competenti autorità diplomatiche.
Peraltro, in tale lasso di tempo - certamente non breve - il Sig. Chfouka, dovendosi allontanare dal territorio italiano, perderebbe definitivamente la stessa opportunità lavorativa, nonché la situazione economica ad essa connessa, mentre le figlie interromperebbero il percorso di studio, con innegabili danni sotto il profilo della regolarità del percorso formativo. In sostanza, nella migliore delle ipotesi, la procedura di rilascio di una nuova autorizzazione e di un nuovo visto d'ingresso porterebbe il predetto nucleo familiare a trovarsi nella stessa identica situazione in cui si trova attualmente, mentre nella peggiore (ma sicuramente più probabile) delle ipotesi, questo comporterebbe per i medesimi un grave danno economico, la perdita dell'opportunità lavorativa e formativa. In forza del richiamato principio, la pubblica amministrazione può quindi, discostarsi dal rigido rispetto di procedure formali allorquando, sotto un profilo sostanziale, la situazione de qua offra tutte le garanzie e mostri la sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla normativa, anche al di là di quelli che ne sono i presupposti esclusivamente formali.
Peraltro l'orientamento che qui si richiama in materia di economicità dei mezzi e dei procedimenti giuridici è stato suggerito anche dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Toscana Ord. n° 1124/01 R.O. del 16 ottobre 2001 Terziu c/ Questura di Pisa) allorquando è stato richiamato il noto principio di economia dei mezzi giuridici, ovvero il principio in forza del quale l'Amministrazione deve effettuare una valutazione più sostanziale che formale, al fine di salvaguardare, da una parte, gli effetti di un proprio provvedimento ma, dall'altra, al di là del formale rispetto delle procedure, anche i requisiti sostanziali della situazione regolata e gli effetti ultimi del provvedimento, mirando più alla salvaguardia della ratio della norma che non della sua forma.
Nell'ambito dell'aspetto che qui si esamina, inoltre, può risolversi an-
che la situazione della Sig.ra Ymane Chfouka, che frequenta con regolarità e profitto il corso di studi universitari presso l'ateneo di Pisa; difatti, stante la già esaminata situazione di regolarità dell'ingresso sul territorio nazionale, una volta rilasciato il permesso agli altri componenti del nucleo familiare, alla predetta ben potrebbe essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio. A tale conclusione pare potersi giungere in base al disposto, innanzitutto, del citato art. 5, comma 5, T.U. (che impone all'Amministrazione di valutare le mutate condizioni dello straniero), in secondo luogo dell'art. 39, comma 5, D. Lgs. 286/98 ove si prevede che "È comunque consentito l'accesso ai corsi universitari (...) agli stranieri titolari (...) di permesso di soggiorno (...) per motivi familiari (...)", nonché, infine, in forza del possesso da parte dell'interessata di tutti i requisiti sostanziali di cui all'art. 46 D.P.R. 394/99.
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Per i motivi sin qui esposti il sottoscritto ritiene che, nel rispetto della lettera e dello spirito della vigente normativa in materia di immigrazione e condizione giuridica dello straniero, possa allo stato procedersi da parte del Prefetto di Lucca alla revoca della precedente espulsione del Sig. Salah Chfouka e della Questura di Lucca al rinnovo del permesso di soggiorno per i componenti della famiglia Chfouka nonché al rilascio del titolo stesso alla Sig.ra Ymane Chfouka.
Pisa, lì 14 ottobre 2006
Avv. Andrea Callaioli














Avv. Andrea
Callaioli - Avv. Silvia Davini

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