[Paesibaschiliberi] Articolo di Iñaki Gil sulla situazione

Delete this message

Reply to this message
Author: Ge-Eh
Date:  
To: paesibaschiliberi
Subject: [Paesibaschiliberi] Articolo di Iñaki Gil sulla situazione
19.04.06
Tre vittorie dal cessate il fuoco permanente
da Iñaki Gil di San Vicente. a La Haine

Ancora è trascorso molto poco tempo da quando ETA iniziò suo cessate il
fuoco permanente, e non disponiamo ancora della prospettiva sufficiente a
realizzare un'analisi più precisa. Ma possiamo arrischiare tuttavia alcune
riflessioni

1. È chiaro che il suo comunicato aprì il vaso di Pandora, cioè, mise
all'aperto le contraddizioni, limitazioni, egoismi ed interessi privati ed
egoisti di molte forze politiche. La ragione bisogna cercarla tanto nella
portata della decisione di ETA, innegabile, quanto soprattutto, nel suo
fondo, nelle sue ragioni strategiche e nelle forze sociali sulle quali si
appoggia.
Bisogna tenere conto che ETA è stata, ed è, qualcosa di più che
un'organizzazione politica che si è vista nella necessità di ricorrere
alla violenza politica come risposta. È anche una forza simbolica che ha
attecchito profondamente nella coscienza collettiva basca; inoltre, è
parte integrante di un'ampia dinamica forza sociale creativa nella sua
espressione più forte e diretta del termine: senza quello che è l'universo
referenziale mobilitato e generato dalla lotta di ETA si sarebbe prodotto
molto difficilmente l'impressionante recupero culturale, spirituale,
psicologico ed etico-morale del paese basco, specialmente delle sue masse
lavoratrici e popolari. Naturalmente manca molto da fare, che in alcune
questioni decisive non si è bloccata la recessione dell'euskara in zone
del nostro paese, che in altre questioni pure importanti non si è avanzato
quanto ci si aspettava e si necessitava, etc.; tuttavia, comparata la
situazione attuale con quella di solamente mezzo secolo fa, senza
retrocedere oltre nel tempo, gli avanzamenti sono apprezzabili.

2. Nessuna analisi storica può sostentarsi sempre senza un punto di
paragone tra fasi dentro la realtà sempre mobile delle contraddizioni
sociali. Senza maggiori precisioni, il punto di paragone più recente deve
essere la situazione basca mezzo secolo fa, alla nascita di ETA, in mezzo
alla passività delle organizzazioni antifranchiste, e dell'attivo
collaborazionismo della borghesia basca. Allora, il nostro paese veniva da
più di secolo e mezzo perdendo tutte le guerre di resistenza nazionale
alle invasioni spagnole e francesi, e nella metà del secolo XX tutto
sembrava sgretolarsi definitivamente. Sembrava che allora non rimanesse
oramai alternativa alcuna.
Allo stesso modo, l'impressionante esperienza di lotta di classe, di
scioperi operai e perfino di insurrezioni armate, come le gloriose ma
fugaci esperienze del potere operaio e popolare, tutto quanto accumulato
da queste lotte, le ultime delle quali si vissero nei più duri anni di
piombo della trionfante dittatura franchista, tutto questo dimostrava
essere sparito nel decennio dei 50. La stessa cosa dobbiamo dire del
complesso linguistico-culturale basco, del folclore e delle abitudini e
tradizioni popolari. In Iparralde la situazione non era migliore, ma
persino peggiore.

3. Fu in questo contesto di quasi imminente estinzione come popolo che la
nascita di ETA espose con diretta e cruda sincerità alcune questioni
decisive: il diritto/necessità dell'autodifesa ed il rifiuto del monopolio
della violenza da parte degli Stati; il diritto/necessità della creatività
popolare autoorganizzata al margine dell'apparato di potere, per la
costruzione da sotto, dalle basi sociali, di una nuova società basca; e,
la carta chiave che dovevano giocare le masse lavoratrici in tutto ciò,
poiché era innegabile che la borghesia non stava con i lavoratori.
Queste ed altre evidenze né sorsero dal niente né apparvero già formate
del tutto, ma esprimevano alcune costanti storiche e, contemporaneamente,
si andarono formando ed arricchendo nella stessa lotta. La prassi
militante fu decisiva, e la legittimità che andò conquistando quella
militanza esprimeva e sintetizzava tutta la sua ragione storica. Durante
mezzo secolo, tutte le forze che non si arrischiarono mai, che quando si
mossero fu solo alla fine del franchismo e per ottenere i loro propri
obiettivi e che dopo hanno vissuto della manna dello Stato, hanno fatto
l’impossibile per distruggere la legittimità di ETA, o per debilitarla. Ma
la realtà è la realtà": ETA ammazza, ma "non mente" riconobbe Mayor Oreja.

4. La verità è sempre rivoluzianaria, dice un principio della dialettica
marxista, e quando ETA diede il suo comunicato sul cessate il fuoco
permanente, irruppe per merito proprio, con la forza della ragione critica
e la critica innegabile della ragione militante mezzo secolo di lotte,
sacrifici, eroismi, sconfitte e vittorie, avanzamenti e stagnazioni, mezzo
secolo di lotte, sacrifici, eroismi, sconfitte e vittorie, avanzamenti e
stagnazioni; mezzo secolo che sintetizzava due lunghi secoli in realtà. E
quanti hanno occasioni, privilegi e diritti esclusivi ed esclusori,
provarono vertigine e paura non solo che iniziasse una tappa nuova dentro
una continuità, bensì soprattutto perché compresero che la cosa negata,
soffocata e perseguita per anni appariva alla luce pubblica grazie alla
paziente accumulazione di legittimità sociale.

5. L'accidente isterico del PP ed il balbettio ansioso di UPN, i nervi e
lo sconcerto iniziale del PNV, la faccia a bocca aperta di IU,
l'incertezza di EA, la deplorevole ed amara cecità di Aralar, la cautela
opportunista della Chiesa, il sudore della Confindustria, le
precipitazioni dei mezzi di stampa, fino all'insicurezza contenuta del
PSOE, tutto questo e più esplose dopo pochi secondi che si conoscesse il
comunicato di ETA. Si era prodotta la prima -. Una di più - vittoria di
questa organizzazione politica perché sebbene era vox populi che qualcosa
si avvicinava la sua sola apparizione fu un terremoto che smontò le false
verità costruite per decenni. Niente era più come un secondo prima e
l'innominabile, cioè, la ragione storica di un movimento globale che
struttura la società basca dal suo interno stesso, quello di cui che non
si poteva parlare perché era proibito, aprì le porte e le finestre
affinché nella marcia casa della sottomissione e della vigliaccheria si
facesse aria con la dignità di chi non si inginocchiò mai.

6. A questa prima vittoria di ETA successe dopo poco tempo una seconda.
Nonostante dopo pochi secondi dal terremoto gli agenti più preparati della
stampa e dei partiti iniziassero una sistematica campagna di
indottrinamento secondo la quale era la debolezza di ETA quello che
l'aveva obbligata a fare questo passo, cioè che ETA era sconfitta,
tuttavia, la realtà negava questo racconto. Per mesi ETA aveva passeggiato
prima per lo Stato e per Euskal Herria mettendo bombe qui e là,
dimostrando una consistenza, forza e visione teorico-politica che
esautorava la bugia della sua debolezza. Più ancora, il fatto che le sue
azioni non causassero morti precisamente quando più si induriva il sistema
repressivo spagnolo; il fatto che le sue bombe fossero solo quelle, pochi
grammi di esplosivi quando potevano essere di vari chili con effetti
devastatori in risposta alla vendicativa repressione spagnola in odiosa
salita, simile freddezza politica in una prassi tanto rischiosa come la
lotta politica armata, dimostrava tutto il contrario di quanto detto dalla
propaganda ufficiale. Dimostrava, prima che niente che esisteva una lucida
e metodica strategia politica dietro le azioni. È stato qualcosa di tanto
manifesto durante tre anni che hanno affondato tutte le bugie sulla
sconfitta di ETA.

7. Questa seconda vittoria si è vista rinforzata e confermata, inoltre,
per la coerenza dimostrata dalla sinistra indipendentista basca in questi
anni, e specialmente dopo il comunicato e per il poco tempo trascorso da
allora. Lo Stato ed il PSOE, con l'appoggio del PP e della fedele stampa,
senza sottovalutare i meriti di una IU che fa la funzione di gemello del
PSOE in tutto quanto riferito alla repressione, indurirono, ampliarono ed
intensificarono i loro attacchi alla sinistra indipendentista basca.
Necessitano che la loro gente e la gente alienata creda che la sinistra
indipendentista basca appoggia questo passo di ETA per debolezza e paura.
Poiché è ovvio che non l'ha sconfitta, almeno che alcuni credano che sì
sta sconfiggendo e vincendo la sinistra indipendentista basca.

Ma non si tenta unicamente di recuperare posizioni nella guerra
propagandistica, bensì fondamentalmente si cerca debilitare praticamente
la sinistra indipendentista basca per ostacolare il più possibile il buon
sviluppo della strategia annunciata e sintetizzata nella Proposta di
Anoeta. È questo obiettivo quello che sta al fondo della repressione dello
Stato e del PSOE. Lo è anche per un PNV che sa che deve debilitare la
sinistra indipendentista basca e per ciò ha dato via libera al lato più
reazionario dell'Ertzaintza. La friabile attuazione del PNV e
dell'Ertzaintza si iscrive in questa logica dell'obbedienza a Madrid e
l'occasione autonomista.

8. E qui si produce precisamente la terza vittoria di ETA consistente
nella socializzazione che il processo aperto sarà complesso, prolungato,
teso, con alti e bassi e con unghiate e morsi repressivi. In realtà, tutti
i processi simili sono stati così. Solo le rese incondizionate sono
automatiche, e per adesso il potere spagnolo non rende né riconoscere i
diritti baschi, e di altri paesi e classi sociali.
Il PSOE, con Rodríguez Zapatero il suo portavoce, disse pubblicamente che
sarebbe un processo lungo, duro e teso; lo fece per avvisare la sua gente,
la borghesia e l'ispanismo che andavano a continuare a cedere a poco a
poco, resistendo tutto quanto possibile, debilitando per quanto possibile
l'avanzamento della liberazione basca. C'è un principio nella strategia
militare che dice che il requisito imprescindibile affinché una ritirata
non degeneri in uno sbandamento caotico è che si mantengano sempre, oltre
alla disciplina, un numero di combattimenti e controffensive locali che
ravvivino la morale delle truppe in retrocessione. Il PSOE e lo Stato
applicano questo principio: cederemo facendo loro tutto il male possibile.
La Spagna abbandonò Cuba dopo avere sterminato vare centinaia di migliaia
di cubani.

9. Ma a differenza dell'avvertenza del PSOE, quella di ETA, dicendo
apparentemente la stessa cosa, è di segno opposto. La terza vittoria di
ETA consiste nell’avvisare che la mobilitazione popolare è l'unica che può
spingere questo processo fino al suo fine perché le forze conservatrici e
reazionarie metteranno tutti gli ostacoli possibili. Mentre l'avvertenza
del PSOE è difensiva, quella di ETA è offensiva nel doppio senso di
mantenere l'iniziativa e di spingere la mobilitazione sociale. Una critica
ingiusta e parziale del riformismo di sinistra ad ETA è stata sempre che
la sua lotta politica armata paralizzava la gente e rompeva
l'auto-organizzazione popolare.
Oltre al fatto che l'esperienza passata ha dimostrato il contrario,
l'esperienza attuale conferma di nuovo la vitalità della dialettica
dell'interrelazione di tutte le forme tattiche di lotta, in modo che una
forma tattica, per esempio la lotta armata, può passare all'inattività
perché altre tattiche non armate si sono rafforzate nel frattempo,
passando ad essere le più effettive a partire da un momento determinato.
L'avvertenza di ETA che il processo sarà lungo indica che bisogna
continuare a fortificare ed ampliare l'auto-organizzazione su scala
nazionale basca con spirito creativo, di avanzamento, offensivo e non
difensivo, non passivo. Si tratta di una vittoria molto importante perché
garantisce l'aumento della certezza di vittoria, dell'autostima
collettiva, della morale di lotta e della coscienza che siamo noi, è il
nostro paese, quello che deve dirigere il suo futuro.

10. Le tre vittorie non sono irreversibili. In quanto prodotti della
lotta, per ciò stesso possono essere avvicinate al pantano della sconfitta
se il processo non continua ad avanzare. Devono essere rinforzate con
altre che si produrranno col tempo, e perfino possono devono
materializzarsi in un salto significativo alla strutturazione del nostro
paese mediante nuove istituzioni nazionali che superino l'attuale
segmentazione imposta dagli Stati che ci opprimono. Naturalmente, in
questi pochi giorni trascorsi, sono apparse anche sentenze, lacune e vuoti
che devono correggersi e riempire, ma parlare di queste nuove situazioni
esige oltre ad un altro articolo, anche e soprattutto un dibattito
collettivo all'interno del nostro paese e della sinistra indipendentista
basca.
Non c'inganniamo, uno dei segreti che spiegano i risultati baschi radica
nell'essenza collettiva della prassi di liberazione, qualcosa che è
inerente ad ETA e all'identità del movimento indipendentista. Continuiamo
ad esercitare questo sano pensiero collettivo prima di qualunque altra
elucubrazione individuale.
16/IV/2006. La Haine


--
Irabazi arte!
www.inventati.org/irrintzi