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11 aprile 2024
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Contributo (integrale) del CC del (nuovo)Partito comunista italiano alla
"Conferenza Teorica Internazionale sulle crisi economiche
dell'imperialismo" (Amsterdam, 28-29.03.2024) promosso dal Fronte
Democratico Nazionale delle Filippine (FDNF)
Cari compagni,
il (nuovo)PCI plaude all'iniziativa organizzata dal FDNF sulla natura e
l'origine della crisi del capitalismo nell'epoca imperialista.
Noi siamo alla vigilia di una svolta decisiva nella lotta che
caratterizza l'epoca imperialista tra l'instaurazione del socialismo e
la decadenza della società borghese. Siamo nel pieno di quei cambiamenti
oggettivi indicati da Lenin [6] come caratteristici di una situazione
rivoluzionaria: "1. impossibilità per le classi dominanti di conservare
il loro dominio senza modificarne la forma; 2. un aggravamento maggiore
del solito dell'angustia e della miseria delle classi oppresse e 3. in
forza delle cause suddette, un rilevante aumento dell'attività delle
masse". Lenin però avvertiva anche che la rivoluzione nasce solo da
quelle situazioni rivoluzionarie in cui a questi elementi oggettivi si
aggiunge una trasformazione soggettiva: "la capacità della classe
rivoluzionaria di compiere azioni rivoluzionarie di massa
sufficientemente forti da poter spezzare (o almeno incrinare) il vecchio
regime, il quale, anche in periodo di crisi, non 'crollerà' mai da sé se
non lo si 'farà crollare'". Solo le masse popolari possono dare
soluzione alle contraddizioni in cui si dibattono, ma sono in grado di
farlo solo sotto la direzione dei comunisti e a patto che questi abbiano
una comprensione abbastanza avanzata delle condizioni, delle forme e dei
risultati della lotta di classe e sulla base di questa la spingano
avanti.
La comprensione della natura e dell'origine della crisi attuale è
essenziale per i comunisti: da essa deriva la definizione della linea
generale (strategia rivoluzionaria e tattiche) che il partito comunista
deve seguire per condurre le masse popolari alla conquista del potere. È
indispensabile in particolare per i comunisti dei paesi imperialisti. La
rivoluzione socialista in questi paesi (almeno in uno o alcuni di essi)
è la condizione per evitare una terza guerra mondiale dispiegata e per
sollevare una nuova ondata della rivoluzione proletaria. Nei paesi
capitalisticamente arretrati come la Russia e la Cina nel secolo scorso
era ampiamente conosciuto quali progressi gli uomini potevano e dovevano
fare (ma che era impossibile fare con i nobili e la borghesia al
comando), donde la rivoluzione sovietica e la rivoluzione di nuova
democrazia. Oggi nei paesi capitalisticamente arretrati (i paesi
oppressi dal sistema imperialista), quali progressi e quale
trasformazione della loro condizione sono possibili, tutti i malcontenti
dello stato presente delle cose lo vedono nei paesi imperialisti, nei
primi paesi socialisti e in quelli derivati da essi. Nei paesi
imperialisti le masse popolari devono distruggere di loro iniziativa un
ordine che le soffoca ma che sia pur malamente le nutre e costruire un
nuovo sistema sociale che conoscono solo a grandi linee, che la
borghesia denigra con mezzi raffinati e da cui cerca di distoglierle in
mille modi. Quindi solo una scienza profonda del corso delle cose rende
i comunisti di questi paesi capaci di capire quale percorso è possibile
e necessario e di guidare le masse popolari a compierlo.
Oggi nel MCCO internazionale sono diffuse due tesi sbagliate su natura e
origine dell'attuale crisi del capitalismo.
1. Che la crisi attuale è _principalmente_ una crisi finanziaria: sono
la finanza e i suoi disordini che sconvolgono l'economia reale. La
finanziarizzazione dell'economia sarebbe causata dalla libertà d'azione
che gli Stati hanno concesso a banche, fondi speculativi e monopoli
eliminando o allentando regolamenti nazionali e internazionali.
2. Che la crisi attuale è _fondamentalmente_ una crisi ciclica, come
quelle analizzate da Marx [7] e tipiche dell'epoca pre-imperialista
della società borghese (la prima crisi ciclica si è verificata nel 1825
e l'ultima nel 1865, seguendo la successione 1825-1836, 1847-1857, 1865
e poi la Grande Depressione del 1873-1895, definita da Engels [7] come
"il pantano di disperazione di una depressione permanente e cronica"),
caratterizzate dalla successione decennale di periodi di prosperità,
sovrapproduzione di merci, contrazione e stagnazione dell'attività
economica, ripresa di questa, dovute _principalmente_ allo squilibrio
tra domanda e offerta di merci e al carattere anarchico della
produzione. La soluzione di queste crisi veniva dallo stesso movimento
economico della società borghese. Con l'ingresso nell'epoca imperialista
(avvenuto nell'ultimo quarto del XIX secolo e quanto alle sue
caratteristiche economiche magistralmente illustrate da Lenin nel suo
opuscolo del 1916 [8]) le crisi cicliche continuano ad esistere, ma
perdono di importanza: diventano oscillazioni relativamente poco ampie
tra periodi di sviluppo e periodi di depressione.
Entrambe queste tesi contribuiscono a mantenere buona parte del
movimento comunista dei paesi imperialisti impantanato nelle deviazioni
storiche dell'economicismo (le rivendicazioni sindacali e politiche di
migliori condizioni di vita e lavoro) e dell'elettoralismo (la
partecipazione alla lotta politica borghese, alle elezioni e alle
assemblee elettive) per condizionare l'azione dei governi borghesi in
senso favorevole alle masse ("più Stato, meno mercato", regolamentazione
delle attività finanziarie, investimento in nuove tecnologie, aumento
dei salari, ammortizzatori sociali, ecc.) nell'attesa che "scoppi una
rivoluzione", anziché mettere al centro la conquista del potere da parte
della classe operaia e delle masse popolari organizzate (instaurare la
dittatura del proletariato e attraverso questa la democrazia proletaria)
e finalizzare consapevolmente a questo anche la promozione delle lotte
rivendicative e la partecipazione alla lotta politica borghese. Farla
finita con il disastro del capitalismo è una guerra popolare
rivoluzionaria: non basta la moltiplicazione delle lotte rivendicative e
la partecipazione alla lotta politica borghese accompagnate dalla
propaganda del socialismo, della storia del movimento comunista e delle
sue conquiste, dell'esperienza dell'URSS e degli altri paesi socialisti.
Nell'epoca imperialista il fenomeno determinante del movimento della
società è la sovrapproduzione assoluta (cioè non limitata ad alcuni
settori, ma estesa all'intera economia) di capitale, di cui Marx ha
trattato nel libro III di _Il capitale_. Marx aveva illustrato sia che
la sovrapproduzione assoluta di capitale (dovuta alla caduta tendenziale
del saggio del profitto connaturata al modo di produzione capitalista
delle merci) prima o poi sarebbe diventata il fattore determinante del
corso delle cose, sia le misure a cui per loro natura i capitalisti
avrebbero fatto ricorso per ritardare lo sbocco catastrofico di esso.
Engels, e dopo di lui Lenin e Stalin [9], hanno compreso che il
capitalismo era entrato in un'epoca nuova e individuato le
caratteristiche economiche e politiche di essa, ma non le hanno connesse
con la sovrapproduzione assoluta di capitale prevista da Marx. Questa
lacuna ha contribuito a quei limiti che impedirono che il MCCO
instaurasse il socialismo nei paesi imperialisti nel corso della prima
ondata mondiale della rivoluzione proletaria (1917-1976). È
significativo che i comunisti alla fine della Seconda guerra mondiale si
aspettavano una ripresa della crisi economica, invece della ripresa
dell'accumulazione di capitale. I revisionisti moderni (fautori della
via pacifica al socialismo, della collaborazione del campo socialista
con il campo imperialista, della selezione nei paesi socialisti dei
dirigenti sulla base dei loro risultati in termini di rendimento
economico e di soluzione dei compiti immediati invece che in termini di
avanzamento della costruzione del socialismo) sfruttarono l'errore di
analisi della sinistra del movimento comunista a favore della loro tesi
che le società borghesi erano entrate in una fase di stabile sviluppo
progressista in campo economico e politico e dell'interpretazione del
"capitalismo dal volto umano" (1945-1975) come segnale che i due sistemi
sociali, capitalista e socialista, convergevano.
La crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale consiste nel fatto
che il capitale risultante alla fine di un ciclo produttivo di merci è
maggiore di quello che i capitalisti possono reimpiegare tutto con
profitto nel ciclo successivo. Se lo impiegassero tutto, otterrebbero
una massa di profitto uguale o inferiore a quella che hanno ottenuto nel
ciclo produttivo concluso, quindi non lo fanno. I capitalisti impiegano
diversamente il capitale-denaro con cui si ritrovano quando hanno
venduto le merci prodotte dalle loro aziende. La frazione di capitale
impiegata nella produzione e circolazione delle merci, sebbene
ineliminabile, diventa secondaria ed è estremamente ridotta rispetto al
complesso del capitale che i capitalisti devono valorizzare: nel 2013,
secondo stime di BRI, FMI e BM, ammontava al 7% dell'intero capitale
mondiale (75.000 miliardi $ su 1.070 miliardi $). Questa situazione
genera crisi che pur nascendo dall'economia diventano generali, cioè
investono ogni ambito della vita associata: politica, morale, cultura,
ambiente. Nell'ambito del sistema di relazioni sociali capitaliste, esse
trovano la loro provvisoria soluzione sul terreno politico, in uno
sconvolgimento generale degli ordinamenti sociali a livello di singolo
paese e del sistema di relazioni internazionali. L'instaurazione del
socialismo e la costruzione del socialismo ad opera delle masse popolari
dirette dai partiti comunisti sono in ogni paese la soluzione positiva e
la fine di questo sconvolgimento.
Dopo il periodo del "capitalismo dal volto umano" di cui la ripresa
dell'accumulazione di capitale tramite la produzione e circolazione di
merci su scala globale è stata un aspetto fondamentale, dalla metà degli
anni '70 il capitalismo è immerso nella sua seconda crisi generale per
sovrapproduzione assoluta di capitale (CGxSAC). "Seconda" perché
successiva alla prima, che è iniziata intorno ai primi anni del '900 e
si è conclusa con la fine della Seconda guerra mondiale con annessa
distruzione di capitali, uomini e mezzi e con la costituzione dei primi
paesi socialisti e l'inizio della loro storia. La comprensione
dell'origine e della natura della prima crisi generale del capitalismo è
determinante per capire la storia politica e culturale del secolo scorso
e trarne insegnamenti per far fronte oggi con successo alla seconda
crisi generale in corso, in cui siamo coinvolti da circa cinquant'anni a
questa parte, farne il terreno in cui si sviluppa la rivoluzione
socialista e porre fine alla crisi con l'instaurazione del socialismo.
Né le cure della destra borghese basate sulla _teoria dell'offerta _(il
governo deve prendere misure che aumentano i profitti ai capitalisti che
impiegano proletari nella produzione di merci), né quelle della sinistra
borghese basate sulla _teoria della domanda _(il governo deve elargire
soldi ai proletari e agli altri lavoratori) hanno posto né porranno fine
alla crisi perché, dopo l'esaurimento della prima ondata della
rivoluzione proletaria, l'iniziativa in campo economico è di nuovo nelle
mani dei capitalisti e il motore dell'economia capitalista (ciò che
spinge un capitalista a impiegare proletari) non è la produzione di
merci ma la produzione di profitti: l'intoppo sta proprio nel fatto che
oltre certi limiti l'aumento della produzione di merci non
determinerebbe aumento bensì diminuzione della massa dei profitti e
nessun capitalista assume più operai per avere meno profitto.
La seconda CGxSAC sta provocando una serie di conseguenze devastanti per
le masse popolari e mette a rischio la sopravvivenza dell'umanità e del
pianeta: l'espansione delle guerre e delle attività produttive e di
ricerca volte alla guerra, l'invenzione di nuove sostanze (molte delle
quali messe in uso senza aver verificato che non siano nocive) e la
moltiplicazione dei beni e delle attività che entrano come nuove merci
nel consumo degli esseri umani, la devastazione del pianeta con
l'inquinamento dell'atmosfera, dei mari e della terra, l'eliminazione
delle conquiste (in termini di sicurezza, eguaglianza, solidarietà,
istruzione e assistenza sanitaria) che le masse popolari soprattutto nei
paesi imperialisti avevano strappato alla borghesia nel periodo
1917-1976 e la guerra di sterminio non dichiarata che ne deriva, la
ricolonizzazione di vecchi paesi coloniali e di ex paesi socialisti e
l'induzione all'emigrazione delle popolazioni che devono lasciare spazio
a piantagioni e attività estrattive, l'abbrutimento intellettuale e
morale.
Ma questo a sua volta fa crescere la resistenza spontanea delle masse,
aumenta i potenziali alleati del proletariato nella rivoluzione
socialista, allarga il divario tra le masse e la classe dominante. Le
masse popolari imparano dalla loro esperienza: non sono "manipolabili
all'infinito", come pensa la sinistra borghese e come teorizzano gli
intellettuali del "controllo sociale totale". Questa resistenza
spontanea che, a causa della sua crisi, la borghesia non può cessare di
alimentare, è il terreno che ha bisogno dell'opera di noi comunisti per
diventare una marea montante e spazzare via il sistema capitalista.
Prendere la direzione di questa resistenza trasformandola nella forza
rivoluzionaria che porrà fine al dominio della borghesia è il compito
dei partiti comunisti.
Nell'anno del centenario della morte di Lenin, raccogliamone
l'insegnamento e lo spirito! Il leninismo ha sviluppato la scienza
comunista fondata da Marx ed Engels in misura adeguata alle necessità
della lotta politica che era all'ordine del giorno. Grazie a questi
sviluppi, il partito di Lenin è riuscito a promuovere la prima
rivoluzione socialista vittoriosa, che ha dato inizio alla prima ondata
mondiale della rivoluzione proletaria che ha coinvolto anche i paesi
coloniali e semi-coloniali e alla costruzione del primo paese socialista
che, sotto la guida di Stalin, ha sconfitto tutte le aggressioni fino al
1945.
Per essere all'altezza dei compiti politici che la situazione
rivoluzionaria ci pone di fronte oggi, noi dobbiamo fare altrettanto,
cioè sviluppare la scienza comunista in misura adeguata alle condizioni
che la lotta di classe ha raggiunto. Auguriamo quindi alla Conferenza un
fecondo dibattito, che sia portatore di sviluppi utili alla rinascita
del MCCO in tutto il mondo, a partire dai paesi imperialisti.
Comitato Centrale del (nuovo)Partito Comunista Italiano
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Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere
individuati e messi sotto controllo dalle Forze dell'Ordine borghese,
una via consiste nell'usare TOR [vedere
https://www.nuovopci.it/contatti/infocont.html], aprire una casella
email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i
messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere
https://www.nuovopci.it/contatti/infocont.html].
Links:
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[1]
https://www.nuovopci.it/index.html
[2]
https://www.nuovopci.it/contatti/infocont.html
[3]
https://www.nuovopci.it/voce/voce76/indvo76.html
[4]
https://www.nuovopci.it/dfa/2024/140/Avv_nav_140-Contributo_n_PCI_a_Conferenza_FDNF_Amsterdam.odt
[5]
https://www.nuovopci.it/dfa/2024/140/Avv_nav_140-Contributo_n_PCI_a_Conferenza_FDNF_Amsterdam.doc
[6]
https://www.nuovopci.it/classic/lenin/inlenin.htm
[7]
https://www.nuovopci.it/classic/imarxeng.html
[8]
https://www.nuovopci.it/classic/lenin/Lenin_imperialismo/imperialismo.html
[9]
https://www.nuovopci.it/classic/instalin.html