Re: [Hackmeeting] Social e dipendenze

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Author: Sandcat
Date:  
To: HackMeeting
Subject: Re: [Hackmeeting] Social e dipendenze
Il 2024-02-23 17:52 Agnese ha scritto:
> Ciao!
>
> Il 23/02/24 17:52, Sandcat via Hackmeeting ha scritto:
>> Il problema della mail di blallo è che dice "la intendo così!", e
>> allega un post con un percorso di risoluzione della dipendenza, che
>> però non riguarda veramente un'analisi della stessa, quindi ognun* ci
>> legge un po' ciò che vuole.
>>
>> La parte per me più interessante è il modo in cui ne è uscita (è una
>> donna trans, si identifica al femminile)
>
> non ho guardato chi fosse a scrivere il blog e mentre leggevo mi
> figuravo un maschio.
>
> , cioé bloccando lo strumento
>> del demonio e costruendo e potenziando la sua vita al di fuori.
>> Questo risuona con la teoria che le radici della dipendenza siano in
>> origine esterne alla dipendenza stessa, che progressivamente erode il
>> resto della vita della persona e provoca problemi secondari, ad
>> esempio citava quello alimentare.
>>
>> Ne consegue che un modo di uscirne è ricostruire una vita indipendente
>> dall'oggetto del problema.
>> Questo passaggio è estremamente importante, perché se manca il rischio
>> è di sostituire una dipendenza con un'altra, e in quanto esseri umani
>> possiamo sviluppare dipendenze psicologiche più o meno da qualsiasi
>> cosa.
>> Il punto non è tanto isolarsi da qualunque cosa possa provocare
>> dipendenza, è semplicemnte impossibile, quanto sviluppare un contesto
>> sociale e personale dove l'eventuale uso occasionale ha difficoltà a
>> divorare il resto della propria vita.
>>
>> Notare che questa è una soluzione funzionale, che non porta alla luce
>> le radici psicologiche profonde, ma è necessaria, perché è molto
>> difficile lavorare sui motivi alla base finché non se ne è usciti.
>
> è su questo punto che dissento, sempre riportando lo studio di Natasha
> Dow Shull, le case produttrici di slot machine nelle cause legali
> intentate contro di loro dalle vittime di ludopatia, si difendevano
> facendo leva sull'idea che le persone diventassero dipendenti perché
> già fragili per una serie di motivi legati alle loro singole storie.
>
> come dire, il problema è tuo, non nostro.
>
>>
>> Il problema di relegare la questione ad una semplice faccenda di
>> rinforzi è che ignora la persona che ci sta dentro, e il contesto
>> sociale che ha intorno.
>
> Assolutamente non vanno ignorati! Contesto e persona sono importanti e
> valorizzarli è il primo passo per inceppare lo stato di flusso nella
> zona della macchina.
>
>> Questo non esclude che le grandi piattaforme commerciali siano
>> veramente disegnate per provocare dipendenza, ma ridurre tutto alla
>> funzione neurochimica equivale a voler risolvere la povertà togliendo
>> le macchinette dal bar.
>>
>> Non siamo macchine governate puramente dalla dopamina, e il fatto che
>> Zuckerberg e i suoi pari la raccontino così mentre sfruttano una
>> debolezza delle persone non mi sembra una argomentazione sufficiente a
>> sostenerlo.
>
> Invece secondo me è importantissimo non colpevolizzare le persone per
> la tendenza a sviluppare dipendenze da social media. Cosa che invece
> spesso viene brandita proprio per deresponsabilizzare chi queste
> piattaforme le progetta.


Mi permetto di tracciare un parallelo con le sostanze perché, oltre ad
essere l'ovvio elefante nella stanza, è assolutamente vero che le
persone possono sviluppare dipendenze psicologiche in molti modi anche
senza un apporto chimico diretto.

Una cosa importante: parlando di dipendenze, la colpa non serve a nulla.
È colpa della persona, è colpa della droga, è colpa del contesto
sociale?
È colpa di tutti, ma stabilirlo non aiuta a risolvere il problema.
Finché ci si concentra sulla colpa non è neanche possibile immaginare un
mondo dove il rapporto con le sostanze non è così distruttivo.

Dici che è importante non colpevolizzare le persone, io invece penso che
sia *anche* colpa delle persone, ma che la colpa non abbia alcuna
importanza.

Uno dei motivi per cui odio l'approccio "basta far sparire la droga",
oltre al fatto che da solo non funziona, è che giustifica alcuni tra i
paradigmi polizieschi più distruttivi che ci siano mai stati.
L'esempio più noto è la cosiddetta "guerra alla droga", che ovviamente
diventa guerra alla marginalità in 5 minuti netti. Perché, indovina un
po'? La dipendenza da sostanze è un sintomo che si autorinforza e non la
causa di sé stessa. E in breve tempo si scopre che far sparire il
sintomo non elimina le cause.

>
> Zuckerberg ha mai parlato di addiction by design, condizionamento
> operante e dopamina? Sono curiosa, non è una domanda provocatoria, se
> hai riferimenti passameli per favore.


Non direttamente, ma esistono molte fonti che riportano come sia l'idea
di base nell'industria.
Es:
https://www.bloomberg.com/news/articles/2023-03-13/zuckerberg-was-warned-on-social-media-addiction-filing-shows

Il fatto che il padrone la pensi così non significa che dobbiamo
costruire teorie basate sulla sua visione del mondo.

>
> Te lo avevo chiesto anche in un'altra mail e scusa se magari mi è
> sfuggita la risposta ma che parametri utilizzeresti tu per ragionare
> sul rapporto che abbiamo con i social media?


Partirei dalle persone che ci sono dentro. Persone che fanno parte di
una comunità, sia reale che virtuale, che ha una sua cultura, usanze,
pregi e storture. Ci sarà un motivo se certi gruppi sociali sono
ossessionati dalla gara di alberi di natale.

Partirei da come è gestito il potere, sia sul social media come mezzo,
che dentro il social media, che può essere proprietario, libero,
gerarchico, preteso orizzontale, autogestito.

Partirei dal farmi domande un po' più specifiche riguardo ai simgoli
ambienti. Ho capito che per chi ha visto solo silos ogni torre è una
prigione, ma ne esistono anche di comunicanti tra loro, e persino alcune
con uscite verse l'esterno.

Inizierei a pensare ad ogni rapporto con lo spazio virtuale come
un'intersezione, dove si intrecciano il media vero e proprio, l'ambiente
tecnologico e sociale circostante e la cultura della comunità che lo
abita, e il risultato non è ripetibile con ingredienti diversi.

In realtà più che altro mi chiederei come fare a renderlo migliore per
la vita delle persone, cosa che presuppone anche il riappropriarsi del
media come tecnologia.

>
>>
>> p.s.
>> Trance si scrive così, trans, specialmente in questo contesto, ha
>> un'altro significato.
>
> ops, hahaha sì, me ne sono accorta dopo che avevo spedito, rileggendo
> mi sono detta ma che ho scritto? Mi suonava proprio male, vabbè,
> scusatemi, la défaillance (questa si scrive così, ho controllato ;D)
>
> Ciao!
> a-
>
>>
>>
>> Il 2024-02-23 15:00 Agnese ha scritto:
>>> Bella blallo,
>>>
>>> condivisibile diario di un'esperienza di un tipo che si vuole
>>> disintossicare. Il tema dei social media che sono dannosi per la
>>> salute mentale è sempre più sentito e la narrazione che cerchiamo in
>>> tutti i modi di smontare con i laboratori e i testi che scriviamo
>>> come CIRCE è quella del "Dipende da te!"
>>>
>>> Non dipende (solo) da te!
>>>
>>> Come scrive anche il tipo e come sappiamo è la piattaforma che è
>>> progettata per tenerti attaccata il più a lungo possibile, lui fa un
>>> paragone con le slot machine, se vuoi approfondire c'è il bellissimo
>>> libro di Natasha Dow Shull (è del 2015!) che ha passato 10 anni a
>>> fare ricerca a Las Vegas tra le persone con problemi di dipendenza
>>> dalle slot machine, in inglese si chiama "Addiction by Design", in
>>> italiano "Architetture dell'azzardo". Natasha introduce il tema della
>>> "zona della macchina". Praticamente attraverso la sua indagine
>>> etno-antropologica, parlando con i giocatori e le giocatrici capisce
>>> che non è il desiderio di vincere e sfidare la sorte che tiene
>>> attaccate le persone alle macchine ma il desiderio di restare nella
>>> "zona della macchina".
>>> Una specie di zona di trans dove ripetendo lo stesso gesto
>>> innumerevoli volte ogni tanto, in modo randomico, riceverai una
>>> ricompensa (gettoni sonanti ma soprattutto la famosa scarica di
>>> dopamina per i tuoi neuroni). Le persone stanno bene nella zona della
>>> macchina perché non devono pensare, si staccano dai loro problemi
>>> quotidiani, ripetono movimenti seguendo degli automatismi
>>> "pre-coscienti" direbbe  Katherine Hayles (grazie Lo|Bo, mi sono
>>> presa il libro in biblioteca, super interessante).
>>>
>>> La zona della macchina è un po' come lo stato di flusso in cui sta
>>> l'atleta quando compie una routine automatica realizzando cose che
>>> non potrebbe realizzare se ci pensasse.
>>>
>>> Non sono d'accordo quando l'autore dell'articolo che hai condiviso
>>> dice "Con i social si possono fare anche cose buone" Sì ma che
>>> fatica!
>>> Quanto tempo perso per fare una cosa buona?
>>>
>>> Comunque a te quale era la parte che risuonava di più? Il modo in cui
>>> si organizza per liberarsi da ogni tentazione? La riflessione
>>> sull'addiction by design? Son curiosa, un abbraccio,
>>> Agnese
>>>
>>> PS
>>> Natasha Dow Shull che parla di addiction by design puoi
>>> ascoltarla/leggerla nel podcast dei pentiti della silicon valley,
>>> qui:
>>> https://www.humanetech.com/podcast/1-what-happened-in-vegas
>>> https://www.humanetech.com/podcast/2-shouldve-stayed-in-vegas
>>>
>>>
>>> Il 23/02/24 14:40, blallo via Hackmeeting ha scritto:
>>>> Ciao lista!
>>>>
>>>> Volevo buttare qui un link ad un blog post (molto sintetico) che
>>>> affronta in modo che sento molto affine alla mia esperienza la
>>>> questione social:
>>>>
>>>> https://www.sophiajt.com/youtube-addiction-one-month-sober/
>>>>
>>>> È in inglese, spero sia comprensibile. Se serve posso tradurre.
>>>>
>>>> Baci
>>>>
>>>> -- blallo
>>>> _______________________________________________
>>>> Hackmeeting mailing list
>>>> Hackmeeting@???
>>>> https://www.autistici.org/mailman/listinfo/hackmeeting
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