RIFLESSIONI DOPO SGOMBERO E CORTEO. VERSO UNA NUOVA OCCUPAZIONE.
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Appena qualche mese fa il cielo era chiaro su via Timavo 12. Noi
scrivevamo un testo: un resoconto dei primi due anni di occupazione in
quello stabile, da diffondere in occasione dell’avvio dei lavori per la
revisione al PGT. Quel testo era una provocazione, la nostra sfida alla
città dei tecnocrati e degli speculatori. Contro i velleitari progetti
di rigenerazione urbana, contro i formalismi dell’urbanistica che
trasformano gli spazi vissuti in cifre e unità di misure astratte,
contro la città della sicurezza poliziesca, della speculazione, delle
palazzine di lusso “green”, del consumo di suolo e del dominio del
denaro: la riappropriazione di via Timavo 12 è stata la prova tangibile
che un modo diverso di prendersi cura dei nostri territori è possibile,
qui e ora. La nostra sfida: dietro l’occupazione e l’autogestione degli
spazi si trova una Monza tutta ancora da scoprire e da inventare
insieme.
La terra trema, il ciel si oscura.
Non hanno ancora finito di contarli, i danni provocati da quello che
chiamano “maltempo”. Si parla almeno di un milione di euro, fintanto che
il ciel non si scurirà ancora.
La nostra terra ci parla di cosa vuol dire cambiamento climatico:
raffiche di vento superiori a 100 km/h, chicchi di grandine grandi come
un pugno, carcasse di alberi caduti, strade ed edifici allagati. L’hanno
chiamata emergenza.
Ma questa per noi è ormai la normalità della devastazione dei territori.
L’aria si fa sempre più irrespirabile, le temperature più ostili e quel
dannato consumo di suolo che divora la terra. Più di tutto queste
devastanti piogge ci ricordano quanto sia profonda la ferita prodotta da
questa vorace cementificazione: perché quando il terreno non è
permeabile finisce per allagarsi, quando gli alberi non hanno spazio per
fare radici finiscono per crollare.
E allora quando la terra trema e il ciel si oscura non parliamo di
eventi estremi, quando contiamo i danni dopo l’alluvione non parliamo di
accidenti casuali: constatiamo piuttosto il risultato di decenni di
scelte urbanistiche e politiche contrarie a qualsiasi forma di salute
ecosistemica e collettiva. Lo diciamo da 20 anni e lo ripetiamo oggi: a
Monza non serve un singolo mattone in più, non un singolo centimetro di
cemento.
La terra trema, il ciel si oscura.
Hanno usato proprio la scusa della sicurezza per sgomberarci. Solo una
persona in malafede potrebbe credere che non avremmo provveduto a
mettere in sicurezza spontaneamente le aree di via Timavo 12.
Gli stessi in malafede che hanno voluto farci credere che fosse in
sicurezza un concerto con 70mila persone nel parco di Monza, danneggiato
e infragilito dopo giorni di nubifragi e grandine che hanno anche ucciso
una donna a Lissone; o che fosse sicuro mantenere decine di posti in
abbandono per decenni – con ancora l’amianto dentro. Ma lo sappiamo, the
show must go on: lo spettacolo del profitto e della speculazione non si
deve fermare.
La sicurezza diventa pretesto per ripristinare la legalità, difendere il
diritto alla proprietà, una nuova speculazione immobiliare, lo
sfruttamento del nostro territorio. Politici e benpensanti gioiscono, si
tengano quella bieca vita in mezzo a quattro regole.
La nostra sfida è ben più grande. Anche quella di ieri lo è stata:
chiamare alla solidarietà dopo un infame sgombero all’alba del 1 agosto.
Le centinaia di persone che ieri, con generosità e rabbia, erano al
nostro fianco in corteo ci mostrano quanto le nostre ambizioni siano
condivise, i nostri desideri collettivi. Quanto riprenderci gli spazi
sia fondamentale in una città sempre più soffocante che ti toglie anche
la libertà minima di passare le serate all’aperto in una piazza o un
parchetto.
Da 20 anni solchiamo le strade di questa città e anche quando la terra
trema e il ciel si oscura le nostre radici restano salde.
Alla prossima occupazione.
La FOA Boccaccio non ha paura.
--
FOA Boccaccio 003
Monza
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