Io non credo che il passaggio a infrastrutture pubbliche gestite dalle comunità di ricerca sia una conseguenza del cambio della valutazione.
Credo piuttosto che vada in parallelo. Che si debba cominciare, fin da ora, a creare sedi di pubblicazione di qualità che poggino su infrastrutture pubbliche e gestite dalle comunità scientifiche.
I passi da fare non sono solo connessi alla valutazione, ma anche ad un indirizzo diverso di quella enorme quantità di fondi che ora va ad alimentare imprese private.
I fondi ci sono, vanno solo indirizzati diversamente, forse a partire anche dalla piena consapevolezza (che ora manca) di quanto si spende.
Ciò detto il panorama è già parecchio variegato. Dalla nuova politica di Elife, ai server di preprint, agli strumenti di open peer review (come pre review, o reviewcommons) a iniziative che inglobano preprint, open peer review ed eventualmente diamond open access, come Peer community in.
Nelle scienze umane molte iniziative diamond sono cresciute e diventate sedi di pubblicazione prestigiose, e per un ricercatore pubblicarvi è un successo e non uno spreco.
In matematica o nell'ambito delle scienze della terra sono molte le iniziative diamond di prestigio nate.
E' possibile che debbano essere sviluppati modelli diversi a seconda delle discipline. In alcuni casi (e l'area biomedica è forse una di queste) credo che ci dovrebbe essere la aggregazione di più istituzioni su un progetto comune.
Un saluto
PG
Il 29/06/23 21:06, "Lucio Marinelli via Aisa.circuli" <aisa.circuli@???> ha scritto:
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> A mio parere il cambiamento deve essere condotto dall'alto.
> Un ricercatore che decide di fare il puro e pubblica solo su riviste di una "University press" (a proposito c'è anche a Genova) non indicizzata sui motori di ricerca normalmente utilizzati nel suo ambito, senza impact factor e non indicizzata su WOS e Scopus, non andrà molto avanti.
>
> Diciamo piuttosto che per ottenere l'ASN le pubblicazioni devono essere su riviste indicizzate su WOS e/o Scopus e citate il più possibile. Diciamo anche che nei titoli alcune commissioni valorizzano le riviste in base al ranking. Diciamo anche che non viene preso in considerazione il numero di coautori di un lavoro, per cui se un autore è terzo su 4 o terzo su 400 non cambia nulla. Se volete diciamo anche che la didattica extra-dottorato viene valorizzata 0.
>
> Questi sono esempi clamorosi, per lo meno validi nella realtà medico/neuroscientifica in cui mi muovo io. Questo fa sì che nessun ricercatore che si voglia un po' bene andrà mai a pubblicare su una rivista priva della caratteristiche di cui sopra, a meno che non abbia dei dati che non sa come altro piazzare oppure che abbia un tornaconto di qualche altro tipo. Per la stessa ragione ci si rimbalza il carico didattico come se si stesse giocando a palla avvelenata.
>
> Se le istituzioni mettono i ricercatori alle strette, i ricercatori si muoveranno di conseguenza e inevitabilmente i metodi di misura diventano obiettivi e quindi non più buoni metodi di misura, con buona pace di Charles Goodhart.
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> Saluti a tutti
>
> --
> Lucio Marinelli
> --
> Aisa.circuli mailing list
> Aisa.circuli@???
> https://www.autistici.org/mailman/listinfo/aisa.circuli
>
--
Paola Galimberti
Università degli Studi di Milano
Via Festa del perdono 7
20122 Milano
http://scholar.google.com/citations?user=CdYqHOwAAAAJ
http://eprints.rclis.org/view/creators/Galimberti=3APaola=3A=3A.html
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