Author: paola staccioli Date: To: Campagnaresistenza Subject: [Campagnaresistenza] Iniziative Bari
Car* compagn*,
ricevo da parte di Non solo marange la richiesta di far circolare nella mailing list il comunicato qui sotto, che indice una assemblea per il 5 marzo a Bari, una iniziativa che non sarà pubblica ma aperta solo a collettivi e organizzazioni militanti. I/le compagn* chiedono inoltre se possono fare un intervento su questi temi nel corso dell’assemblea di giovedì 2 a Napoli.
Un caro saluto e a presto
paola
"Chiamata per un’assemblea interregionale per una mobilitazione contro
il G7 finanziario a Bari”.
Nella seconda settimana di maggio (dall’11 al 13) si svolgerà, a Bari,
il G7 finanziario, che vedrà incontrarsi i ministri delle Finanze, i
presidenti delle banche centrali, i rappresentanti della BCE e i
responsabili del FMI (tutto da verificare). Questo appuntamento
anticiperà il summit di Taormina indetto per fine maggio.
Il G7, tanto importante per i potenti della terra, è per noi un
ulteriore motivo per ribadire la nostra avversità al modello di sviluppo
proposto dal capitalismo mondiale, basato sulla devastazione dei
territori e sulla progressiva precarizzazione del mondo del lavoro, in
uno scenario di frontiere chiuse alla libera circolazione degli esseri
umani ed inesistenti per le merci e le armi. Anche la nostra regione è
da anni scenario degli effetti nefasti di un capitalismo al collasso e,
mai nella storia, così spietato e dannoso.
Dal globale…
Un G7 finanziario ha un peso particolarmente grosso in un contesto di
crisi economica globale in atto da quasi un decennio. La crisi è un
passaggio naturale del sistema capitalista volto alla produzione per la
produzione, in uno spasmodico ammassare profitti; un fattore endogeno e
fisiologico dello stesso, è parte di esso e ciclicamente si manifesta.
Come ben noto, è proprio l’economia a scrivere l’agenda politica dei
governi nazionali. Il clima di forte incertezza economica si traduce
nell’incertezza delle nostre esistenze.
Solo negli ultimi due anni abbiamo avuto tante dimostrazioni di quanto
il potere decisionale si sia spostato nelle mani di pochi. BCE, FMI,
Commissione Europea decidono del destino economico dei paesi, mettendoci
di fronte a tutti i limiti dei sistemi democratici basati sulla
rappresentanza. Prova evidente di questo deficit democratico, che si
manifesta sotto forma di svuotamento dei poteri dei parlamenti nazionali
a favore delle istituzioni europee e mondiali, è stato l’ardito quanto
inutile referendum sull’Austerity in Grecia. Ricordiamo benissimo
l’impegno del governo Tsipras nel ricercare legittimità popolare col
referendum consultivo, per non subire passivamente la “legge del
debito”; ricordiamo altrettanto bene che sia bastato un incontro con i
vertici EU a generare quel passo indietro che ha dato il colpo di grazia
al welfare greco, già provato da un collasso economico in atto dal 2008.
Questa crisi strutturale (e quindi parte integrante) del sistema
capitalista mondiale manifesta i suoi effetti disastrosi anche sul piano
dell’approvvigionamento energetico e, di conseguenza, sullo scenario
bellico internazionale. Le logiche imperialiste delle “superpotenze”
mondiali sono volte all’accaparramento di risorse, alla conquista di
nuove fette di mercato come di postazioni strategiche sul piano militare
nello scacchiere geopolitico. Rappresentano, inoltre, uno dei più
importanti motivi (seppur indiretti) alla base dell’intensificazione
dei flussi migratori dal 2011 ad oggi. Il metodo è sempre lo stesso: si
destabilizzano i territori per poi proporsi come ‘entità pacificatrice’
a al
di sopra delle parti, governare la fase di “transizione” e quindi
procedere all’assorbimento di risorse di quei territori già dilaniati
dalla guerra. La più immediata conseguenza della guerra è la crisi
umanitaria che porta le popolazioni a migrare.
Quello che sta succedendo in Siria è l’ennesimo esempio delle macabre
strategie di dei Paesi Nato, della Russia, della Cina e dei loro più
fedeli alleati.
Carnefici personificati attraverso le figure degli spietati regimi turco
e siriano e del, sempre di moda, fondamentalismo islamico. Utili
strumenti per controllare o arginare l’azione politica e sociale della
resistenza della popolazioni del Rojava, unica vera soluzione. Ne è un
esempio l’avanzata del progetto di autonomia democratica alla quale le
“democrazie” stanno maldestramente tentando di opporsi. Ergendosi a
baluardo contro il terrorismo islamico, creato o foraggiato dagli stessi
stati che dicono di combatterlo, o a innalzando lo stendardo della
democrazia contro il dittatore di turno, ci si sta garantendo la
legittimità di agire militarmente nell’area e (tenendo fede a quel
copione già accennato) conquistarsi un posto al tavolo delle trattative
dei vincitori. A farne le spese sono le migliaia di profughi che
percorrendo le rotte migratorie del Mediterraneo, provano a cercare
rifugio anche in Italia.
…al locale.
E proprio la questione migranti è l’anello di congiunzione tra le
dinamiche globali e quelle locali, che vedono protagonista proprio la
nostra regione.
La Puglia è da sempre crocevia e terra d’approdo delle rotte migranti;
migliaia di persone sono passate dalla nostra regione in fuga dalle
guerre volute e foraggiate dai paesi Nato e loro alleati, rappresentati
in questo (ed altri summit) G7. Ad accoglierli CIE o CARA, veri e propri
lager, in cui i migranti vengono privati dei più elementari diritti. Il
CARA di Bari è stato, negli ultimi mesi, teatro di ripetute azioni di
protesta messe in opera dagli “ospiti”, a dimostrazione di quanto detto.
In molte delle nostre città l’alternativa a queste struttura è
rappresentata da quartieri-ghetto o baraccopoli, in cui i migranti sono
abbandonati al loro destino senza alcuna forma di assistenza, senza una
reale connessione con la società e senza documenti. Ne deriva una vita
in clandestinità che li rende facili prede delle organizzazioni
criminali e vittime del caporalato. Solo per citare alcuni dei casi più
clamorosi, in provincia di Foggia, i ghetti di Borgomezzanone e Rignano
Garganico sono una chiara rappresentazione di quanto sia (in)efficace il
“modello di integrazione” proposto dalle istituzioni. In luoghi come
questi vivono migranti sono sfruttati per la raccolta del pomodoro ed il
lavoro nelle campagne per pochi euro giornalieri e le migranti costrette
alla prostituzione e ridotte in schiavitù. Crediamo che non sia un caso
che, in un periodo storico in cui la ‘questione migranti’ è al centro
del dibattito politico, una tale riunione si faccia in una regione che
vive costantemente uno stato di emergenza in questa materia. Crediamo
anche che le soluzioni debbano essere ricercate lontane dalle proposte
dei “grandi” della Terra. Soluzioni basate su politiche del
respingimento, dei rimpatri, del razzismo istituzionalizzato fatto di
sfruttamento e ricatti. Questa strada è praticabile solo con l’immediata
cancellazione del trattato di Schengen o dei i brandelli che né
rimangono così come la cessazione dell’operazione Frontex e le
operazioni figlie, la chiusura di tutti i CIE e i CARA e l’abolizione di
tutte le leggi razziste come la Bossi- Fini. Per un mondo senza
frontiere e l’assoluta liberà di movimento degli esseri umani.
La nostra regione, come altre del centro e sud Italia, è diventata,
inoltre, centrale per le politiche energetiche nazionali ed europee
sulle e sul tema grandi opere. La TAP, le trivelle , come la ‘truffa’
Xylella, fanno parte di un disegno più ampio che si presenta con la
faccia pulita della promessa di nuovi posti di lavoro o della necessità
di nuove fonti energetiche come a camuffare la logica sfruttamento del
territorio. La conseguenza è lo stupro e la devastazione del territorio
a vantaggio dei profitti delle multinazionali. Una strategia simile a
quella messa in atto per la costruzione della TAV, in Val di Susa che
sta mostrando la vera faccia di questo modello di sviluppo che ha nella
repressione il suo più efficace strumento di propaganda. In Val di Susa
alla lotta popolare portata avanti negli ultimi 25 anni dai NO TAV lo
stato si è opposto con
la militarizzazione del territorio, per difendere l’indifendibile, con
un notevole spreco di risorse pubbliche sottratte a sanità e formazione.
Stesse logiche attuate contro i NO MUOS,in Sicilia, come contro tutte
quelle battaglie sociali territoriali che provano ad alzare la testa
contro il modello di “crescita” capitalista.
Lavoro e salute sono un altro nodo fondamentale che interessa i nostri
territori. L’ILVA di Taranto è uno dei simboli di quello sfruttamento
padronale che fa profitti a discapito dei lavoratori e della salute
della popolazione. Una fabbrica di morte in cui non vengono rispettate
le più elementari norme di sicurezza che provoca ogni anno morti sul
lavoro e morti da inquinamento ambientale. Sempre nel territorio
pugliese ci sono altri casi di emergenze ambientali provocate dalle
stesse logiche di profitto. La centrale ENEL a carbone di Brindisi, il
cementificio
Buzzi-Unicem di Barletta che incenerisce rifiuti come tanti altri casi
sparsi per tutto il sud-Italia. E’ la storia di un meridione ridotto
negli anni a colonia interna dello stato italiano ed a terra di
conquista per un’imprenditoria senza scrupoli che sui nostri territori
ha portato solo disastri ambientali in cambio di lauti profitti. Un sud
le cui città vanno via via svuotandosi sotto i colpi di una nuova ondata
migratoria verso nord. Un mezzogiorno dimenticato dalla politica
nazionale e spesso privato di servizi essenziali tanto da essere teatro
di tragedie come quella accaduta a luglio sulla linea Corato-Andria che
ha visto due treni scontrarsi frontalmente su una ferrovia a binario
unico.
Istruzione, reddito, casa, sanità: lo smantellamento dei più basilari
diritti è perpetrato sotto la bandiera del profitto e alle “generazioni
future”, salvo pochi fortunati, non si prospetta altro che lavoro a nero
o gratuito. Un futuro precario, esposto ad ogni genere di ricatti utili
ad aumentare e blindare la governabilità dalla scuola al posto di
lavoro, dalle piazze agli stadi.L’Italia è un paese dove vi è stata una
vera e propria abdicazione della democrazia parlamentare a favore di
vari governi, da Monti a Renzi e al suo figlioccio Gentiloni , meri
esecutori dei diktat europei che hanno smantellato il già precario
welfare italiano. In quest’ottica non stupisce la felice reazione di
Decaro, presidente dell’ ANCI e esponente del PD, partito servile e
terminale esecutivo nostrano delle politiche distruttive europee, che
vede nel G7 un’opportunità per fare di questo evento come una vetrina
dei risultati ottenuti nell’imbastire il tanto agognato decoro urbano;
concetto iniquo ,fuorviante e strumentalizzato per legittimare nuove
disposizioni repressive come il Daspo urbano del decreto Minniti.
Siamo, quindi, convinti che la soluzione non possa venire dai governi e
istituzioni espressione del sistema capitalista e dell’impossibilità di
democratizzare organismi politici ed economici (nazionali o
transnazionali) che hanno come unico scopo l’intensificazione dello
sfruttamento del lavoro, dei territori e delle nostre vite.
Sulla base di quanto accennato intendiamo dar voce con i fatti al nostro
rifiuto verso il G7. La risposta all’arroganza dei pochi che decidono
sulle nostre vite deve necessariamente venire da un movimento creato dal
basso che faccia della piazza il suo punto di partenza e di arrivo. Una
presa di posizione netta e contraria contro il capitale finanziario
rappresentato dal G7,e lo stato che lo legittima è per noi, ora come in
futuro, l’unica possibilità praticabile.Abbiamo deciso di metterci in
moto per un confronto popolare che provi a sviluppare una risposta
antagonista questo stato di cose, sia sul piano regionale che nazionale.
E’ per questo che lanciamo un appello a tutto il mondo delle lotte
sociali e territoriali, ai lavoratori ed alle lavoratici,ai\lle
migranti, ai\alle precari\e, agli studenti e alle studentesse, ai\alle
disoccupati\e, ai movimenti per il diritto all’abitare, agli spazi
sociali, ai collettivi e singoli\le militanti a costruire un percorso
politico alternativo e di contrasto al G7. In un contesto in cui si sono
presi il ruolo di protagonista giocando sulla nostra pelle, l’
antagonismo è l’unica strada possibile.
Siete tutti e tutte invitati\e all’assemblea indetta per il 5 marzo alle
ore 17, a Bari, presso il csoa Ex Caserma Liberata.