[RSF] Clamori dalla Colombia

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Author: Associazione nazionale Nuova Colombia
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To: forumroma
Subject: [RSF] Clamori dalla Colombia


26/01 - LE FARC PROPONGONO UNA RIFORMA AGRARIA INTEGRALE
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/clamoridallacolombia/3766-2601-le-farc-propongono-una-riforma-agraria-integrale.html>

Le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del Popolo
(FARC-EP), nell’ambito dei dialoghi di pace con il governo di Juan
Manuel Santos ripresi all’Avana lo scorso 14 gennaio, hanno
avanzato la proposta di una riforma rurale ed agraria integrale,
socio-ambientale, democratica e partecipativa, esortando la
controparte governativa a porre fine alla retorica guerrafondaia che
accompagna le false promesse di risolvere i problemi sociali.

I portavoce guerriglieri hanno chiesto alla delegazione governativa
di dimostrare la volontà di avanzare nel processo di pace, ponendo
sul Tavolo proposte chiare e concrete indicate dal paese, e mettendo
fine al problema del latifondo e della spoliazione della terra con
metodi violenti o mascherati dalla legalità.

Le FARC, dopo aver studiato con attenzione le proposte che il popolo
ha presentato attraverso Forum, eventi organizzati dall’iniziativa
popolare, dall’ONU, dall’Università Nazionale, dalla commissione
di Pace di Senato e Camera, ed attraverso la pagina web disposta dalla
Tavola delle Conversazioni, hanno reso nota la bozza di una posizione
preliminare in merito al primo punto dell’Accordo Generale,
denominata “Dieci proposte per una politica di sviluppo rurale e
agrario integrale con focalizzazione territoriale”, dove la prima
proposta è la “Realizzazione di una riforma rurale e agraria
integrale, socio ambientale, democratica e partecipativa, focalizzata
territorialmente”. Dalle proposte del popolo colombiano, pienamente
cosciente che alla base del conflitto sociale ed armato c’è la
questione della terra e di tutte le disuguaglianze politiche,
economiche, sociali e culturali legate al latifondo, le FARC,
nell’esercizio della propria sovranità politica, propongono una
riforma integrale che trasformi le relazioni rurali, che contribuisca
alla democratizzazione reale del potere territoriale, della società,
dello Stato e del modello economico nel suo insieme, sradicando fame
e povertà, riconoscendo contadini e contadine come soggetti politici
a cui sia garantito il godimento effettivo di diritti politici,
economici, sociali e culturali.

Solo con una piena ed effettiva partecipazione del popolo al processo
di pace si potranno affrontare tutti gli ostacoli che separano il
presente di un paese in conflitto, diseguale, saccheggiato e
neo-colonizzato, da un paese con piena sovranità, in pace e con
giustizia sociale.

23/01 - TERMINA IL CESSATE IL FUOCO UNILATERALE DELLE FARC
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/clamoridallacolombia/3756-2301-termina-il-cessate-il-fuoco-unilaterale-delle-farc.html>

Il 20 gennaio sono scaduti i 60 giorni di tregua delle operazioni
offensive decretati dalle FARC all'apertura dei dialoghi. Il governo
non ha avuto la forza morale di cogliere questa opportunità e
rendere bilaterale il cessate il fuoco, al fine di creare un ambiente
propizio alle conversazioni. Tutt'altro: il ministro della guerra
Pinzón e il comandante delle Forze Armate del regime Navas, non
hanno fatto altro che provocare, inventando tra l'altro menzogne sul
non rispetto

da parte della guerriglia dell'annunciata tregua, al fine di
giustificare il proprio atteggiamento guerrafondaio e sabotatore dei
dialoghi di pace. Le operazioni dell'Esercito non si sono fermate in
questi ultimi due mesi, manifestando una viltà raramente vista in
una guerra.

Davanti all'evidenza della situazione, il presidente Santos è stato
alla fine costretto a riconoscere che le FARC avevano mantenuto la
parola, sbugiardando, suo malgrado, i propri collaboratori. Ora la
situazione sul campo ritorna al 19 novembre scorso, quando secondo
cifre governative ogni mese cadono in media 200 soldati e poliziotti
negli scontri con le FARC (le cifre fornite dalla guerriglia sui
militari messi fuori combattimento sono molto più alte), le cui
famiglie potranno ringraziare il loro governo per non aver voluto
salvaguardare la vita e l'integrità dei loro congiunti, mandati a
morire nelle selve e sulle montagne del paese, come carne da macello,
per difendere gli interessi di una piccola minoranza avida e
sanguinaria che detiene illegittimamente il potere.

Da parte loro le FARC, in mancanza della disponibilità governativa a
firmare un cessate il fuoco bilaterale, propongono almeno un trattato
di regolazione del conflitto che diminuisca l'impatto della guerra
sulla popolazione civile, per esempio vietando di posizionare basi e
caserme militari nelle aree abitate, cosa che equivale ad usare la
popolazione come scudo umano. Tecnica largamente impiegata da
esercito e polizia colombiani, non solo per ripararsi dagli attacchi
della guerriglia ma anche per poterla cinicamente accusare di
danneggiare i civili.

In mancanza di un trattato del genere, così come di una sospensione
bilaterale delle operazioni belliche o di ogni altra iniziativa volta
a dare corpo e sostanza ai dialoghi in corso, si può mettere la
pietra tombale sulla credibilità di Santos come interlocutore per la
costruzione della pace con giustizia sociale in Colombia.

21/01 - MINISTRO DELLA GUERRA COLOMBIANO REMA CONTRO IL PROCESSO DI
PACE
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/clamoridallacolombia/3749-2101-ministro-della-guerra-colombiano-rema-contro-il-processo-di-pace.html>

Juan Carlos Pinzón, ministro della Guerra colombiano, ha dichiarato
due giorni prima della ripresa dei dialoghi dell'Avana (il 14 gennaio
scorso) che “le FARC non hanno mai mantenuto la loro parola”,
alludendo al cessate il fuoco unilaterale di due mesi dichiarato
dall'insorgenza il 20 novembre 2012.

Pinzón, facendosi portavoce dell'opposizione della cupola militare
e dell’uribismo ai dialoghi con le FARC, si è dedicato a vomitare
fuoco e

ad annunciare (così come innumerevoli suoi predecessori,
puntualmente smentiti dai fatti) la fine del conflitto per via
militare, non astenendosi da minacce ed insulti, senza che
intervenisse il presidente “Jena” Santos per obbligarlo ad
allinearsi alla politica di pace che il governo afferma di
perseguire.

La cospirazione militarista contro la soluzione politica del
conflitto, sostenuta dall'oligarchia narco-latifondista e dai settori
più reazionari, pone all'ordine del giorno la necessità di una
tregua bilaterale (gli attacchi e le provocazione dei militari contro
le FARC sono proseguiti imperterriti, nonostante il cessate il fuoco
dichiarato dall'insorgenza), e di porre limiti al conflitto per
ridurne gli effetti a danno della popolazione civile; e occorre il
riconoscimento dello status di forza belligerante alle FARC,
passaggio essenziale per disegnare una regolamentazione del conflitto
nella prospettiva di un suo superamento.

La favoletta di un'insorgenza indebolita, costretta a sedere al
tavolo delle trattative, è frutto della propaganda di regime, anche
se la realtà del conflitto è ben nota a tutti; e pure se una parte
dell'oligarchia al potere, rappresentata da Santos, si è trovata
pragmaticamente costretta a sedersi al tavolo con le FARC, egli
subisce il ricatto dei latifondisti, che ne hanno sostenuto, obtorto
collo, la candidatura alla presidenza.

Ciò detto, e tornando al cecchino ministro della Guerra, sarebbe
ingenuo pensare che le sue ripetute esternazioni (recentemente
amplificate dal ministro degli Interni Carrillo) siano soltanto
“sparate” di un incauto; seguendo lo schema dello sbirro
“buono” e di quello “cattivo”, ottemperando ligiamente ad una
ben calcolata suddivisione del lavoro (sporco), Pinzón fa il
“duro” mentre Santos e i vari negoziatori De la Calle, Jaramillo,
ecc. si mostrano più possibilisti.

La conclusione, come abbiamo sempre ribadito dall’inizio del
processo dell’Avana, non può che essere una: solo una massiccia
mobilitazione popolare a sostegno dei dialoghi può impedire che le
trappole oligarchiche mettano fine alla possibilità di costruire una
nuova Colombia, in pace e con giustizia sociale.



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