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Trattativa, la Procura chiede il rinvio a giudizio
"Processo per Riina, Provenzano e Mancino"
Il pool coordinato dal procuratore aggiunto Antonio
Ingroia ha firmato questa mattina la richiesta di un processo per i
dodici imputati dell'inchiesta sulla trattativa mafia-stato. Il
provvedimento è stato vistato anche dal procuratore capo di Palermo
Francesco Messineo, che nelle scorse settimane si era astenuto
dall'avviso di chiusura dell'indagine
di SALVO PALAZZOLO
L'ex ministro Nicola Mancino
Nella richiesta di rinvio a giudizio figurano i
capimafia Totò Riina e Bernardo Provenzano, ma anche gli ex ufficiali
del Ros Mario Mori e Antonio Subranni. C'è pure l'ex ministro
dell'Interno Nicola Mancino nella lista. La Procura di Palermo chiede un
processo anche per i senatori Marcello Dell'Utri e Calogero Mannino.
Tutti, tranne Mancino, sono accusati di attentato a un corpo politico.
Mancino risponde invece di falsa testimonianza.
Fu l'ex ministro
Dc Calogero Mannino ad avviare la trattativa con i vertici di Cosa
nostra, all'inizio del '92, perché temeva di essere ucciso. Poi,
sarebbero stati i carabinieri del Ros a proseguire il dialogo segreto
fra Stato e mafia, tramite l'ex sindaco Vito Ciancimino. Dopo il '93,
invece, i boss avrebbero avuto un altro referente nei palazzi delle
istituzioni: l'attuale senatore Marcello Dell'Utri. Così la Procura di
Palermo ricostruisce una delle pagine più buie della storia recente del
Paese: dopo quattro anni di indagini, un atto d'accusa di nove pagine,
la sintesi di 120 faldoni, chiama in causa dodici persone, per i
magistrati sono loro i protagonisti di un patto scellerato che Paolo
Borsellino avrebbe scoperto nella sua fase iniziale.
Quella
trattativa ebbe il suo culmine nel 1994, ne sono convinti il procuratore
aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Nino Di Matteo, Lia Sava e
Francesco Del Bene: fu allora che i capimafia Leoluca Bagarella e
Giovanni Brusca "prospettarono al capo del governo in carica Silvio
Berlusconi, per il tramite di Vittorio Mangano e Dell'Utri,
una serie di richieste finalizzate ad ottenere benefici di varia natura". Così è scritto nella richiesta di rinvio a giudizio.
Gli indagati
In
cima alla lista della richiesta di rinvio a giudizio ci sono i nomi dei
capimafia: Riina, Provenzano, Bagarella, Brusca e Antonino Cinà.
Seguono i nomi di rappresentanti delle istituzioni e di politici:
Antonio Subranni, Mario e Giuseppe Donno, all'epoca l'anima del Ros dei
carabinieri; Mannino era ministro; Dell'Utri, il braccio destro di
Berlusconi. "Hanno agito per turbare la regolare attività dei corpi
politici dello Stato", recita l'atto d'accusa della Procura fondato
sulle indagini della Dia di Palermo, diretta dal colonnello Giuseppe
D'Agata. "Hanno agito in concorso con l'allora capo della polizia Parisi
e il vice direttore del Dap Di Maggio, deceduti": loro avrebbero
ammorbidito la linea dello Stato contro la mafia, cedendo su centinaia
di 41 bis, il carcere duro varato dopo le stragi.
L'atto d'accusa
della Procura prosegue con il nome dell'ex ministro dell'Interno Nicola
Mancino, accusato di falsa testimonianza: "Deponendo al processo Mori -
scrivono i pm - anche al fine di assicurare ad altri esponenti delle
istituzioni l'impunità ha affermato il falso e comunque taciuto in tutto
o in parte ciò che sapeva". I magistrati ritengono che anche l'ex
ministro della Giustizia Giovanni Conso e l'allora capo del Dap
Adalberto Capriotti abbiano mentito: sono indagati per false
dichiarazioni ai pm, ma per questo tipo di reato la loro posizione è
sospesa, così ordina il codice penale, in attesa della definizione del
processo principale.
C'è pure Massimo Ciancimino nella richiesta
di rinvio a giudizio: è accusato di concorso esterno in associazione
mafiosa, ma anche di calunnia nei confronti dell'ex capo della polizia
Gianni De Gennaro. Si profila un processo senza precedenti: insieme, i
vertici della mafia e dello Stato.
(24 luglio 2012)
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