Il
presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ha presentato la
seguente interrogazione al Ministro della Giustizia, Paola Severino:
Per sapere
Premesso che
È in corso innanzi al Tribunale di Palermo un processo avente ad
oggetto le ipotesi di responsabilità, collegate alla cosiddetta
trattativa mafia-Stato;
tra i segmenti di formazione della prova, i
Pubblici Ministeri hanno chiesto il confronto tra Claudio Martelli e
Nicola Mancino, avente ad oggetto le lamentele del ministro della
Giustizia, nel 1992, rivolte al ministro dell'Interno, Nicola Mancino,
sull’iniziativa del Ros di avviare un contatto con Vito Ciancimino,
quale tramite di Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. Le dette
lamentele erano asserite da Martelli e negate da Mancino, che escludeva
qualsiasi conoscenza della cosiddetta trattativa;
la notizia del
possibile confronto in aula, determinava apprensione in Mancino che,
secondo le intercettazioni ampiamente conosciute, si rivolgeva al
consigliere giuridico del Capo dello Stato, per chiedere un intervento,
onde evitare il suddetto confronto;
tra le numerose telefonate fatte
da Mancino, ed intercettate, esisterebbero due colloqui telefonici
direttamente con il Presidente della Repubblica;
il Presidente della
Repubblica ha sollevato il conflitto di attribuzione, lamentando
l’omessa distruzione delle due telefonate intercettate. Assumendo
l'operatività, nella specie dell'art.90 della Costituzione;
sul
punto, il Ministro della Giustizia, ha ritenuto che le telefonate
suddette intercettate indirettamente, debbano essere segretate, essendo
precluso il rito previsto per le intercettazioni non ritenute rilevanti
per le indagini e, quindi, la loro conoscibilità, attraverso il
deposito, ai fini dell'udienza per la decisione sulla distruzione o
meno;
Premesso ancora che
La questione è stata già affrontata dal Ministro della Giustizia, nel 1997, in analogo caso;
infatti, nella seduta n.147 del 7 marzo 1997 del Senato, il Ministro
della Giustizia così rispondeva all'interrogante senatore Cossiga:
<<La procedura seguita dall’autorità giudiziaria milanese nella
vicenda che è all'origine delle interpellanze, consistente nel deposito
delle conversazioni del Capo dello Stato occasionalmente intercettate
nel corso di un'intercettazione disposta a carico di terzi non appare in
linea con la ricostruzione che ho sopra delineato.
Va però
precisato che tale ricostruzione è frutto di una interpretazione
sistematica e non trova riferimenti letterali nella normativa
codicistica. Allo stato, e nell'attesa di ricevere le informazioni che
ho richiesto all'autorità giudiziaria, ritengo pertanto, per la parte di
mia competenza, di non ravvisare nella condotta dei magistrati aspetti
di macroscopica inosservanza delle disposizioni di legge o di loro
abnorme interpretazione.
La disciplina in materia è, infatti,
frammentaria e lacunosa e merita per più versi un intervento normativo
chiarificatore, che potrebbe essere inserito nella nuova disciplina
proposta con il disegno di legge n.2773 presentato dal Governo il 27
novembre 1996, della quale mi auguro possa seguire l'approvazione del
Parlamento, che prevede appunto la selezione preventiva a cura del
pubblico ministero e del giudice, prima del deposito, dei risultati
dell’intercettazione>>.
Tanto premesso
Chiede di sapere
a) a) Quale sia la linea del Governo sulla detta materia, avendo il
Ministro, nel caso che occupa, parlato di segretazione e non di
distruzione delle telefonate intercettate;
b) b) Se esista, allo
stato, un’iniziativa del Governo che, allontanandosi dalla precedente
linea esposta dal Ministro della Giustizia del 1997, propenda per la
presentazione di apposito disegno di legge, configurante l'ipotesi della
segretazione e cosa questa comporti, in ordine alla durata della stessa
e l'eventuale accesso di terzi interessati, al materiale
intercettativo, al fine di utilizzo quale propria prova a discarico o a
carico;
c) c) Se la strada seguita del conflitto di
attribuzione, non sia l'espressione di implicita critica di una sorte di
esercizio abusante dell'organo dell'accusa, in violazione lamentata di
prerogative costituzionali;
d) d) Se l'iniziativa intrapresa
(diversamente dalla possibile sollecitazione al Parlamento o al Governo
di dare seguito a proposte d’intervento normativo), non venga letta
quale un’indiretta delegittimazione della Procura della Repubblica,
impegnata in una difficile ricerca della verità per fatti che hanno
pesantemente segnato la storia del nostro Paese;
e) e) Se non
valutino il Governo e il Ministro della Giustizia, di dover fugare il
sopradetto rischio, ridando autorevolezza alla Procura della Repubblica,
riconoscendo la sua corretta applicazione della normativa codicistica,
pur ritenuta lacunosa per i casi come quello che occupa;
f) f)
Se non ritenga il Ministro della Giustizia d’intervenire, con le forme e
modalità ritenute opportune e congrue, con una sollecita iniziativa,
oltre alle dichiarazioni estemporanee nel corso di incontri con
giornalisti, che rassereni i cittadini turbati dalla pesantezza e
solennità del ricorso alla Corte Costituzionale da parte del Capo dello
Stato.