Qualcuno può portare anche, come proponeva Dario, l'elenco delle
(ultime...) vittime?
Ho mandato la solita info ai giornali; in una mail successiva ho
sottolineato l'adesione della comunità islamica....
Forse sarebbe utile che qualcun altr mandasse mail o telefonasse ai
giornali, perchè temo che delle mie non ne possano più.
A stasera
norma
Il 14/03/2012 9.32, dario.red@??? ha scritto:
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vi allego un articolo che potrebbe essere
anche portato in forma di volantino oggi pomeriggio.
dario
----- Original Message -----
From: miriam garavaglia
Sent: Tuesday, March 13, 2012 5:05 PM
Subject: FW: Sul sito TIscali di oggi, potete
lasciare il vostro commento in fondo
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ricevo e inoltro, per informazione
saluti Miriam
RESTIAMO UMANI
Date: Tue, 13 Mar 2012 15:22:28 +0000
From: mel
Subject: Sul sito TIscali di oggi, potete lasciare
il vostro commento in fondo
To:
Israele li chiama effetti
collaterali, ma il suo nome è Nayef
Qarmout, 15 anni, ucciso mentre
giocava
di
Massimo Ragnedda
Commenta
Una
trentina di persone uccise in pochi
giorni: è il tristissimo, e ancora
parziale, bilancio dell’ennesimo
attacco israeliano dentro la
Striscia di Gaza. Venerdì 9 marzo
gli aerei da guerra di Tel Aviv
hanno iniziato a bombardare la
Striscia di Gaza, massacrando
militanti dei gruppi di resistenza
palestinesi, ma anche donne e
bambini. Gli israeliani li chiamano,
con un eufemismo che fa meno male e
che risulta essere più telegenico e
digeribile per i fini palati
occidentali, omicidi mirati, mentre
le donne e i bambini uccisi, effetti
collaterali.
Chiamateli
come volete, ma sotto le bombe
israeliane, per l’ennesima volta,
sono rimasti i corpi senza vita di
26 persone (bilancio provvisorio).
Ed è di una di queste tante vittime
collaterali che voglio parlare,
poiché ha un nome e un cognome,
aveva un volto e un sorriso, aveva
voglia di giocare e vivere, aveva
sogni e speranze rubate dalle bombe
sganciate in uno dei 37 attacchi
aerei che Israele ha compiuto in 3
giorni.
Si
chiamava Nayef Qarmout di appena
15 anni, colpevole di vivere
nella Striscia di Gaza che, secondo
le parole del Cardinale Martino, “assomiglia
sempre più ad un campo di
concentramento” dove gli
israeliani portano avanti quello che
l’ex ambasciatore francese ed
esperto di Medio Oriente, Eric
Rouleau, definisce un “genocidio al
rallentatore”, dietro il silenzio
assordante della comunità
internazionale. A Gaza si muore ogni
giorno sotto le bombe; si muore per
le condizioni disumane imposte da
Israele; si muore per l’embargo
asfissiante che dal 2007 limita
l’ingresso di beni di prima
necessità. Il professore di origine
ebraiche, William. I.
Robinson, docente di
sociologia della prestigiosa
University of California, Santa
Barbara, ha definito Gaza come il
ghetto di Varsavia. Un’immagine
forte e provocatoria ma che non si
discosta di molto dalla verità.
In
quel ghetto, Nayef giocava con i
suoi compagni di classe,
all’uscita della scuola, mentre le
bombe israeliane cadevano come
pioggia dal cielo, uccidendo
indiscriminatamente chiunque si
trovasse nei paraggi. E lui, con i
suoi compagni di scuola, si trovava
proprio lì scalzo a dare due calci
ad uno straccio arrotolato, mentre
una selva di bombe costosissime e
letali, gli rubavano per sempre il
sorriso e la vita.
Storie
di ordinario massacro in Palestina
che da oltre sessanta anni aspetta
di vedersi riconosciuta come uno
Stato indipendente e che vive ogni
giorno sotto il ricatto di uno stato
occupante. Se vogliamo capire la
violenza in Medio Oriente, non si
dovrebbe mai dimenticare che la
Palestina non è uno stato libero, ma
è occupata militarmente dagli
israeliani che, nonostante le varie
risoluzioni dell’ONU, agiscono
indisturbati violando i più
elementari diritti umani.
Pensate
per un attimo a cosa sarebbe
successo se un missile artigianale
dei gruppi di resistenza palestinese
(in questi giorni, per ritorsione,
ne sono stati sparati centinaia)
avessero ucciso un ragazzo di 15
anni israeliano: i media occidentali
ne avrebbero parlato per giorni. Si
sarebbe trattato di una vittima
innocente, frutto del terrorismo e
della violenza, e messaggi di
cordoglio sarebbero giunti da tutto
il mondo. Ma è morto un ragazzino
palestinese e la vita di Nayef non
vale l’inchiostro di un articolo di
giornale (tranne l’articolo di
Michele Giorgio su il Manifesto). È
stato massacrato, assieme ad altre
25 persone, il quindicenne Nayef
Qarmout e la sua vita non vale una
riga di giornale o un messaggio di
cordoglio nel mondo occidentale.
È
evidente che questo massacro
alimenterà l’odio e le vendette,
in quella spirale di violenza e
ritorsioni che allontana la pace. È
evidente che questo ennesimo
massacro butterà benzina sul fuoco e
sarà terreno fertile per il
terrorismo e i fondamentalismi. È
impensabile credere che si arriverà
alla pace se Israele continua la sua
occupazione militare e continua a
bombardare indiscriminatamente.
Israele ha il diritto non solo ad
uno Stato, ma a vivere in pace e
sicurezza, ma non ha il diritto di
massacrare civili innocenti come
l’adolescente Nayef Qarmout.
Israele, come ogni stato, non ha
solo diritti, ma ha anche doveri e
non solo verso la Palestina ma verso
tutta la comunità internazionale. È
ora di dire basta e di fermare il
genocidio al rallentatore di Gaza.
Restiamo umani avrebbe detto
Vittorio Arrigoni: la comunità
internazionali blocchi questa
violenza.
http://notizie.tiscali.it/opinioni/Ragnedda/2726/articoli/Israele-li-chiama-effetti-collaterali-ma-il-suo-nome-Nayef-Qarmout-15-anni-ucciso-mentre-giocava.html
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