Author: Antonio Bruno Date: To: forumsege, forumsociale-ponge, amici-di-barcellona, fori-sociali, Mailing list del Forum sociale di Genova Subject: [NuovoLab] Le anticipazioni del pacifismo
Articolo per lo speciale del manifesto sui 50 anni della Perugia-Assisi, 24 settembre 2011
Le anticipazioni del pacifismo
Coerenza tra fini e mezzi, autonomia dalla politica,
deliberazioni comuni e pratiche dal basso,
la capacità di immaginare un mondo senza blocchi militari e conflitti.
A che cosa sono servite le marce per la pace.
Mario Pianta
A che cosa sono serviti 50 anni di marce Perugia-Assisi? Se guardiamo agli effetti immediati, la distanza tra le richieste pacifiste e le decisioni della politica è sempre grandissima. Il fatto è che il pacifismo – quello italiano in particolare - è un movimento esigente: ha un approccio alla politica fondato su valori, su principi di portata universale, impone la coerenza tra mezzi e fini, ha un orizzonte transnazionale, rifiuta la politica come potere da conquistare. Inevitabile la distanza che separa Perugia dalla politica istituzionale.
Ma proprio lungo la Perugia-Assisi si è affermata l'autonomia della società civile rispetto alla sfera politica e alle mediazioni dei partiti. Con la Convenzione per il disarmo nucleare in Europa del 1984 a Perugia si è inaugurata una pratica di deliberazioni comuni che ha portato a inventare poi l’Assemblea dell’Onu dei popoli, uno dei primi appuntamenti della società civile globale. E si sono inventate pratiche dal basso, viaggi per portare aiuti e solidarietà alle vittime delle guerre, iniziative di disobbedienza civile, legami con gruppi della società civile nelle zone di conflitto, forme originali di "diplomazia dei popoli". Il pensiero e la pratica nonviolenta si sono così sviluppati su strade nuove, anticipando quelle che in molti casi finiranno per essere prese anche dalla politica istituzionale: dialogo, sicurezza umana, integrazione politica ed economica come elemento di soluzioni non militari ai conflitti.
L’immaginazione pacifista non ha temuto l’utopia: la capacità di immaginare un ordine di pace è alla base delle possibilità di realizzarlo, che si sono spesso manifestate dopo anni (o decenni) di impegno. La Perugia-Assisi ha puntato molto sulla proposta di un sistema delle Nazioni Unite riformato e democratizzato come alternativa al potere unipolare degli Stati Uniti, un orizzonte su cui sono stati ottenuti progressi molto modesti, ma che ha accompagnato l’effettivo declino del potere americano, ora sancito dalla politica di Barack Obama.
Altre campagne per la pace e i diritti umani hanno condotto, sul piano istituzionale, alla creazione della Corte Penale Internazionale dell’Aia, alle Commissioni per la Verità e la Riconciliazione in diverse situazioni successive ai conflitti, alla messa al bando delle mine antiuomo - la prima campagna della società civile a ricevere il premio Nobel per la Pace nel 1997 – a iniziative per limitare il commercio di armi leggere e l'esportazione di armamenti, l’impiego di bambini soldato, la messa al bando delle cluster bombs.
I successi del pacifismo si vedono meglio a distanza. Sono soprattutto nelle diverse rappresentazioni del mondo che propone. Sono i pacifisti che hanno immaginato - a dispetto dei teorici della realpolitik - un mondo senza guerra fredda, un’Europa senza blocchi militari contrapposti, una sicurezza senza armi nucleari, un’Europa capace di integrare politicamente i paesi dell’ex Jugoslavia, una soluzione del conflitto in Medio Oriente. Molte di queste cose, pensate e rivendicate tra Perugia e Assisi, sono ora una realtà. Marciare stanca, ma serve.