per chi si può muovere passo le indicazioni per una rassegna
bellissima organizzata da alcuni miei amici
PRESENTAZIONE DELLA RASSEGNA DEDICATA AD ARTAVAZD PELESHIAN
L’uomo, il popolo e la terra: il cinema armeno di Artavazd Peleshian
Ci sono autori e registi che, nascosti al grande pubblico, segnano il
cinema con poche ma decisive opere: tra questi c’è indubbiamente uno
dei più grandi documentaristi viventi, l’armeno Artavazd Peleshian.
Egli non è solo un cineasta (“[…]uno di quelli veri” dirà Serge
Daney), ma è un cineasta armeno, un regista cioè profondamente
radicato in quella terra, nelle sue tradizioni e nelle sue ricchezze.
Eppure la forza del suo cinema non è affatto riconducibile a
quell’unico microcosmo, perché abbraccia l’universalità che solo i
grandi autori possiedono:
l’Armenia di Peleshian cioè è il mondo intero, con le sue
contraddizioni, con i suoi equilibri e giochi di forze, proprio come
quelle che tengono unite l’Uomo e la Natura, nell’eterna lotta e
rapporto che li vincola. Il suo è il cinema sì della folla, delle
masse e del popolo (Il principio, Noi), ma anche e soprattutto un
cinema intimista e magicamente poetico (Vita, Le stagioni), un cinema
insomma dell’Uomo e sull’Uomo.
In pochissimi lavori (una decina o poco più) è riuscito a ritagliarsi
non solo un posto di diritto tra i grandi del cinema dell’Est (in
patria è al fianco dell’altra grande figura armena, l’amico e
compianto regista Sergej Paradzanov), ma a porsi all’attenzione del
cinema mondiale. All’inizio degli anni Ottanta, quando aveva già
realizzato nove opere (classe 1938), affascina i critici e cineasti
francesi, tanto che il grande Serge Daney dirà di lui: “Tre film – Noi
(1970), Le stagioni (1975) e Il nostro secolo (1982) – mi convincono
che si tratti senza dubbio di
un cineasta, uno vero”; pochi anni più tardi arriverà anche in Italia
quando l’importante Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro
(1986) gli dedica una personale. Poi apparizioni fugaci, proiezioni in
video (la presente rassegna, proietterà quasi tutti i lavori in
pellicola, direttamente dall’Archivio Nazionale d’Armenia a Erevan) e
puntate a Fuori Orario. Da anni Peleshian vive a Mosca (nato nel 1938
a Leninakan-Armenia-, dal 1958 disegnatore progettista, poi nel 1963
decide di iscriversi alla facoltà di regia del VIGK, diplomandovisi
nel 1968),
dove ha realizzato e portato a termine altri capolavori intensi e
indimenticabili.
È quindi un onore e un prestigio per Cortopotere proiettare, in
collaborazione con l’Ambasciata Armena di Roma, i capolavori del
Maestro armeno:
- Pattuglia di montagna, 1964, 10’ (L’uomo in lotta contro le
avversità della natura - le frane e le loro conseguenze)
- La terra degli uomini, 1966, 10’ (L’uomo e il suo abitare il mondo,
libertà e costri(u)zione)
- Il principio, 1967, 10’ (Film di montaggio sulla Rivoluzione
d’Ottobre del 1917)
- Noi, 1969, 27’ (Il più ‘armeno’ dei film di Peleshian, un popolo e
la sua terra)
- Gli abitanti, 1970, 10’ (Migrazioni, animali in movimento ...
silhouette di uomini)
- Le stagioni, 1975, 30’ (L’uomo e la natura: pastori tra le rapide,
contadini che trascinano balle di fieno dalle montagne)
- Vita, 1993, 6’ (La gioia e il dolore, una nuova vita ...)
- Fine, 1994, 8’ (Il microcosmo di un treno, l’inevitabile fine delle
cose)
Tra il particolare (l’Armenia, l’uomo) e l’universale (il mondo, gli
uomini) il cinema di Peleshian si muove
negli opposti, le sue immagini respirano, il suo montaggio (a distanza
come lui stesso lo definisce) dà vita ad
opere in cui non c’è intreccio (non c’è la narrazione pura), ma poesia
e liricità epurate dalle scorie di un cinema
che troppo spesso ammicca all’immediatezza e alla facilità della
visione. Ecco che allora la fatica dei pastori
che lottano contro le rapide del fiume per la transumanza delle pecore
(Le stagioni, 1975), diventa la lotta
dell’Uomo per ‘assecondare’ e trovare un punto di equilibrio con la
Natura, così come il dramma collettivo del
popolo armeno (il genocidio, la loro ‘transumanza’ e rimpatrio) (Noi)
si rispecchia metaforizzato nello sguardo
attonito e spaesato di una bambina posta in esergo allo stesso film.
Peleshian nasconde nelle proprie immagini, forti e testimoniali, la
sensibilità di uno sguardo che è attento
al ‘meno evidente’ e al meno immediato: in Gli abitanti (1970) allora
(apologia dell’umano?) non troveremo
mai l’immagine esplicita dell’uomo, ma solo quella di animali in fuga
e agglomerati biologici (come le grandi
masse dell’epoca moderna). La transumanza, l’appartenenza, il dramma e
la poesia, la vita e la morte (i due
capolavori degli anni Novanta), tracce e segni indelebili di un
regista da riscoprire per mai dimenticare.
Si ringraziano:
Ambasciata Armena di Roma
National Archives of Armenia di Yerevan
per informazioni:
info@???
www.cortopotere.it
Cortopotere IX edizione
25 - 31 ottobre 2009
Auditorium Piazza della Libertà
Bergamo, Italia