lavoro repubblica
CRONACA DI UN PASTICCIO ANNUNCIATO
ENRICO PEDEMONTE
A microfoni spenti la sindaco si è dichiarata spesso contraria. Alcuni manager della società vorrebbero tirarsi indietro. Eppure la fusione Iride-Enia sembra ormai inarrestabile e se sarà siglata sarà una conclusione amara, una beffa per i genovesi. Si tratta di una storia complessa, astrusa, che si trascina da mesi e che nessuno ha saputo spiegare con chiarezza ai cittadini.
Dunque Iride, la società che porta l´acqua e il gas nelle case dei genovesi e dei torinesi e che ha un ruolo crescente nel settore energetico, sta per fondersi con Enia, una società omologa (ma più piccola) che opera a Piacenza, Parma e Reggio Emilia. Quando fu deciso il concambio, erano necessarie 4,2 azioni Iride per acquistarne una di Enia, ora ne bastano 3,8. Quindi il valore delle azioni della società di Genova e Torino viene in parte bruciato sull´altare di un accordo stipulato quando l´Enia era sopravvalutata. Ma non è questo il punto più dolente. A preoccupare è la vetustà culturale di una decisione presa anni fa, sulla spinta di amministratori-manager emiliani che premettero sui sindaci di sinistra del Nord-Ovest, ai tempi in cui si voleva "finanziarizzare" tutto, anche i servizi ai cittadini, anche l´acqua che arriva nelle nostre case e le dighe che la contengono. Quello che sorprende di questa decisione, che allontana sempre di più dai cittadini la gestione di beni pubblici fondamentali, è la sua incomprensibilità. Sembra di tornare ai tempi degli hedge funds, di cui nessuno capiva nulla, neanche chi li aveva inventati, e che infatti poi esplosero in una bolla rovinosa. Anche in questo caso le ragioni dell´operazione sono indecifrabili. Non si capisce che cosa ci guadagneranno i genovesi e i torinesi a vedere la loro acqua, il loro gas, finire nelle mani di finanzieri-manager sempre più lontani e sganciati dal controllo pubblico. Qualcuno ci deve spiegare che senso ha.
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