«Frange anarchiche vicine ai nuovi br»
l'inchiesta sul terrorismo
Allarme dopo il blitz al carcere: la Procura apre un nuovo filone
LA CONFERMA ai sospetti peggiori è arrivata ieri all'alba, quando i poliziotti hanno esaminato i filmati del blitz al carcere di Marassi: «A Genova - insiste un investigatore - si rischia concretamente la saldatura estemporanea fra elementi dell'area anarco-insurrezionalista e aspiranti brigatisti, che si ispirano notoriamente a un'ideologia di tipo diverso». Ed ecco uno dei motivi per i quali il sostituto procuratore Andrea Canciani, da ieri, è titolare d'una tranche dell'inchiesta sulle nuove Br avviata dalla Procura di Roma e chiusa con sei arresti, due dei quali in provincia di Genova.
Il pm del capoluogo ligure ha infatti il fascicolo sulle armi sequestrate nel casolare di Sori dove viveva Massimo Riccardo Porcile, 39 anni, agricoltore accusato di banda armata. E sempre Canciani esaminerà nelle prossime ore le carte relative all'altro genovese finito in manette: Gianfranco Zoja, 55 anni, ex appartenente alla colonna genovese delle Br negli anni '80 e già condannato per banda armata. Il pm potrebbe presenziare, questa mattina, ai loro interrogatori di garanzia.
Che cosa ha spinto la magistratura del capoluogo ligure a imboccare una pista di accertamenti "autonomi"? Qui entra in scena il raduno dei 23 giovani (vedi articolo a lato) che giovedì fra le 21 e le 21,30 hanno lanciato petardi fuori dal pentienziario di Marassi, e scritto messaggi inneggianti alla liberazione dei due sospetti Br reclusi alle Case Rosse. I loro volti, passati al setaccio dagli investigatori, sono tutti «conosciuti» e riconducibili all'area dei simpatizzanti anarco-insurezionalisti. E a questo punto un dato è chiaro: sul tema della «repressione» e della detenzione in carcere, filo-brigatisti e anarchici in questo momento viaggiano sulla stessa lunghezza d'onda. Soprattutto, sono pronti ad azioni «comuni», di solidarietà gli uni con gli altri.
«Giovedì mattina, dopo il blitz sulle nuove Br fra Roma e Genova - confermano in questura - era una suggestione. Ma dodici ore dopo abbiamo avuto la conferma che evidentemente c'è qualcosa di più, e che il capoluogo ligure, come già era accaduto in passato, potrebbe diventare un laboratorio». Digos e Procura, in questo senso, hanno già un piano di lavoro definito, che passa per la ri-lettura di fatti gravi e meno gravi avvenuti negli ultimi anni. Un percorso lungo otto anni compreso fra gli attentati che precedettero il G8 del luglio 2001 a Genova, quelli che lo seguirono (sempre nel capoluogo ligure) e la preparazione degli exploit in cui si stavano impegnando Zoja e Porcile in vista del G8 2009 all'Aquila. Non solo. I vertici della "polizia politica", nelle ultime ore, hanno spiegato chiaramente che dopo le manette a Zoja scatta la fase due degli accertamenti: «Sappiamo che stava cercando "reclute" interessate all'attività eversiva. E siamo certi che, dopo la chiusura del centro di documentazione proletaria Borgo Rosso, incontrasse i potenziali aderente nei locali dei vicoli. Ebbene, dopo ogni "riunione", sui muri della città vecchia sono comparsi volantini e messaggi roboanti, che inneggiavano genericamente alla lotta armata senza preclusioni di natura strettamente ideologica, con il denominatore comune di un'avversione viscerale al carcere e alle forze di polizia. Ecco, fra i giovani che frequentavano Zoja sarà necessario indagare». Come dire: può essere che anarchici e filo-brigatisti siano divisi dalla storia delle loro azioni e del loro pensiero; ma ultimamente, nel capoluogo ligure, si stanno "riavvicinando" su temi specifici. Perciò torna d'attualità anche la solidarietà ostentata a Nora Gattiglia, la genovese arrestata mesi fa a Parma dove lanciò, insieme ad altri antagonisti, una bomba carta contro la caserma dei vigili dov'era stato torturato uno straniero. Il suo coinvolgimento nell'eversione, conferma senza ombra di dubbio la polizia, limitato ai soli fatti emiliani e sicuramente non c'entra nulla con i gruppi che stanno finendo oggi sotto la lente. Quel che invece fa drizzare le antenne è la mobilitazione di tutte le frange extraparlamentari, ogni volta che qualcuno vagamente riconducibile a quella sfera finisce dietro le sbarre: era una sensazione, ma dopo l'exploit dell'altra sera è diventata una certezza. C'è un ultimo dettaglio, da non trascurare. Riccardo Porcile - a giudizio degli inquirenti "organico" all'ultimo sussulto di brigatismo scoperto fra Roma, Milano e Genova - era in grado di fabbricare ordigni artigianali svuotando di polvere le cartucce da caccia. Lo aveva già fatto, insiste la Digos, per i compagni che sognavano di ricostituire il Partito ComunistaCombattente. E però non disdegnava contatti «con alcuni anarco-insurrezionalisti», come scrive il giudice che lo ha spedito in cella. Il timore è che facesse sì parte del progetto filo-brigatista, ma fosse in grado di mettere le proprie competenze (anche) a disposizione di altri.
GRAZIANO CETARA
MATTEO INDICE
L'inchiesta sul terrorismo
ATTENTATI A GENOVA
Cuore dell'eversione
Dal luglio 2001 al marzo 2005 Genova è il laboratorio nazionale dell'eversione, teatro di quattro attentati dinamitardi ancora senza un colpevole, rivolti contro carabinieri e polizia. Azioni studiate per uccidere, rivendicate dalla stessa firma anarchica: la Cooperativa artigiana fuochi e affini, nel primo episodio, e la Brigata 20 luglio, in quelli seguenti legati al nome di Carlo Giuliani. Almeno due attentati coincidono temporalmente con altri avvenuti a Milano, ma rivendicati dai neo brigatisti rossi. Un circostanza che fa pensare alla luce delle novità emerse in questi giorni a Genova
16 luglio 2001
ordigno per posta
Il primo attentato avviene pochi giorni prima del G8
nella stazione dei carabinieri di San Fruttuoso: un pacco recapitato per posta esplode ferendo un militare di leva
9 dicembre 2002
bombe in questura
Il bersaglio è la polizia. La trappola per uccidere viene architettata nei giardini Coco, confinanti con la questura.
Due ordigni esplodono
a dieci minuti l'uno dall'altro
29 marzo 2004
foce nel mirino
Altro attentato alla polizia, identico a quello di 15 mesi prima. Obiettivo delle due esplosioni in serie la caserma "Pietro Ilardi" di Sturla dove vivono e operano 140 persone
1 marzo 2005
triplo attentato
Tre ordigni esplodono contro le stazioni dei carabinieri
di Pra' e Voltri. L'ultimo allarme è nuovamente
a Sturla, davanti alla caserma "Pietro Ilardi"