Il mio amico Marco D'Anna che in quell'ospedale ci lavora
ci invita tutti a scrivere al Fatebenefratelli di Napoli
La mail è urp@???
Il capo dell'Ufficio Relazioni Pubbliche è la Dottoressa Pinto.
Capite da voi quant'è importante aderire a questa azione e fare girare  
l'informativa.
Allego il prototipo di lettera che ha scritto Marco così non c'è  
neanche da tirarla giù ma solo da adattarla
Gentile Dott.ssa Pinto,
mi chiamo xxxx, sono xxxx.
Vorrei esprimerLe con questa mia tutta la mia indignazione per quello  
che mi pare un atto di arroganza insopportabile.
La cecità e la miopia mostrata dai alcuni medici dell'ospedale   
Fatebenefratelli di Napoli mi sconvolgono come cittadino che crede di  
vivere in uno Stato di diritto ma soprattutto come medico (chi lo è).   
La professione medica non conosce se e ma, non distingue il colore  
della pelle, riconosce l'essere umano in quanto tale,  
indipendentemente da un permesso di soggiorno. Le auguro buon lavoro,  
sperando si possa riparare, se non all'offesa della dignità umana,  
almeno al danno fatto.
xxxxxx xxxxxxxx
io la mando domani
Clandestina denunciata dai medici dopo il parto al Fatebenefratelli
di Conchita Sannino
da La Repubblica di Napoli del 31 marzo 2009
Un fax alla polizia contro una madre clandestina della Costa d'Avorio.  
Ma la contestata legge non è ancora in vigore
Ora Abou sorride in una culla povera, dentro le case-alveare per  
immigrati clandestini o regolari di Pianura. È un neonato nero che non  
sa di avere ventisei giorni di vita e, alle spalle, già un'amara  
esperienza del mondo. Abou è il volto di un caso politico e sociale.  
Forse la prima volta in Italia in cui una norma - quella voluta dalla  
Lega nel pacchetto sicurezza, quella che invita i medici a denunciare  
i pazienti senza permesso di soggiorno: ma a tal punto controversa da  
avere spaccato persino i compattissimi deputati del Pdl - è stata  
applicata prima ancora di diventare tale.
"Un caso illegittimo, gravissimo", denuncia l'avvocato napoletano  
Liana Nesta. "Delle due l'una - aggiunge il legale - o nell'ospedale  
napoletano Fatebenefratelli c'è un medico o un assistente sociale più  
realista del re che ha messo in pratica una legge non ancora approvata  
dagli organi della Repubblica; oppure qualcuno ha firmato un abuso  
inspiegabile ai danni di una madre e cittadina". Una storia su cui  
promettono battaglia anche gli operatori dell'associazione "3  
febbraio", da sempre al fianco degli immigrati, anche clandestini, per  
le battaglie di dignità e rispetto.
La storia di Abou e di sua madre K. è il percorso sofferto di tante  
vite clandestine, costantemente in bilico tra vita e disperazione,  
morte e rinascita. K. è vedova di un uomo ucciso, quattro anni fa,  
dalla guerra civile che dilania la Costa d'Avorio e la sua città di  
Abidjan. Rifugiatasi in Italia nel 2007, inoltra subito richiesta di  
asilo politico, che le viene negato due volte: e attualmente pende il  
ricorso innanzi al Tribunale di Roma contro quella bocciatura.
Intanto, stabilitasi a Napoli, K. si innamora di un falegname di Costa  
d‘Avorio, resta incinta, si fa curare la gravidanza difficile presso  
l'ospedale San Paolo, con sé porta sempre alcuni documenti e la  
fotocopia del passaporto, trattenuto in questura per un'istanza  
parallela di permesso di soggiorno, non ancora risolta.
Quando - il 5 marzo scorso - K. arriva all'ospedale Fatebenefratelli  
per partorire il suo bimbo ("al San Paolo non c'era un posto"), dal  
presidio sanitario scatta un fax verso il commissariato di polizia di  
Posillipo che chiede "un urgente interessamento per l'identificazione  
di una signora di Costa d'Avorio". Ovvero: la denuncia. Esattamente  
ciò che la contestatissima norma - voluta dalla Lega nell'ambito del  
pacchetto sicurezza, e già approvata al Senato - chiede. Proprio il  
nodo che ha provocato il dissenso di un centinaio di deputati del Pdl,  
lo scorso 18 marzo. In testa, la deputata Alessandra Mussolini, che  
guidava la rivolta con un esempio-limite: "Far morire una donna  
clandestina di parto perché non può andare in ospedale altrimenti i  
medici la denunciano? Eh, no. Inaccettabile".
Aggiunge l'avvocato Nesta: "Siamo di fronte a un'iniziativa senza  
precedenti. Non è mai accaduto che una donna extracomunitaria, che si  
presenta al pronto soccorso con le doglie, ormai prossima al parto,  
venga segnalata per l'identificazione", spiega pacatamente Liana  
Nesta. E aggiunge: "Come se non bastasse, K. non ha potuto allattare  
suo figlio nei suoi primi giorni del ricovero: lo ha visto per  
cortesia di alcuni sanitari che glielo hanno adagiato tra le braccia,  
ma non ha potuto allattarlo". La Nesta è una legale impegnata da anni  
nelle rivendicazioni dei diritti essenziali, al fianco di immigrati o  
di parenti di innocenti uccisi dalle mafie. L'ultima condanna, in  
ordine di tempo, la Nesta l'ha ottenuta a dicembre scorso, come  
avvocato di parte civile, per i killer di Gelsomina Verde, la ragazza  
innocente assassinata e poi data alle fiamme dai sicari di Scampia.  
Un'altra fragile vita per la quale invocare giustizia.
Dr.ssa  Ilaria Sabbatini
cel. + 39 349 8733382
skype:   ilariasabbatini
http://www.medievista.it
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                    La pace è una manifestazione della compassione umana
                                                          Tenzin Gyatso