[NuovoLab] 4 NOVEMBRE: NO ALLA GUERRA

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Author: ugo
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Subject: [NuovoLab] 4 NOVEMBRE: NO ALLA GUERRA
4 NOVEMBRE
Non si torni a glorificare la guerra

Domenico Gallo

Come tutti sanno il 4 novembre, anniversario della fine della I guerra
mondiale, ricorre la festa delle forze armate e dell'unità nazionale.
Quest'anno la celebrazione della festa del 4 novembre sta diventando qualcosa
di straordinario per l'attivismo del ministro della Difesa, La Russa, che ha
organizzato una lunga serie di manifestazioni di vario genere e ha previsto,
persino, l'invio nelle scuole di ufficiali della Forze Armate per celebrare la
ricorrenza con gli studenti.
In linea di principio non c'è niente di strano che un paese celebri una festa
delle proprie forze armate per ricordare i caduti di tutte le guerre e non c'è
niente di strano che in Italia questa data venga fissata proprio il 4 novembre,
anniversario della resa dell'esercito austriaco e quindi della fine della I
guerra mondiale. Tuttavia è innegabile che, in Italia, questa festa sconta un
peccato originale. Essa è stata istituita, all'indomani della guerra, per
celebrare la «vittoria» di Vittorio Veneto, sotto la spinta dell'esigenza di
elaborare il lutto, secondo il vecchio schema della retorica patriottica,
trasformando la morte in «sacrificio», in offerta generosa della vita per la
salute della collettività. Per questo è stato inventato il rito del «milite
ignoto», tumulato nel sacello dell'Altare della Patria il 4 novembre 1921.
Nella prima metà del secolo scorso le nostre piazze e le nostre chiese, i
nostri municipi si sono ammantati di lapidi che «celebravano» il sacrificio dei
nostri combattenti, caduti per la Patria. Nello stesso tempo quelle lapidi
chiudevano la bocca a ogni dissenso che potesse mettere in discussione i
meccanismi della politica e del potere che quelle morti avevano prodotto.
Morire per la Patria era un evento sacro e generoso: solo con questa
trasfigurazione ideologica della morte si poteva rendere accettabile alla
coscienza collettiva il peso insostenibile del dolore che aveva devastato la
vita di quasi tutte le famiglie italiane (la grande guerra aveva prodotto circa
750.000 morti, il doppio dei caduti che si sarebbero avuti con la II guerra
mondiale).
Se nella seconda metà del secolo scorso quelle lapidi non sono state più
erette, e il culto della morte non è stato più celebrato, ciò è avvenuto perché
la politica (e la Costituzione) lo ha impedito. Proprio questo vuol dire il
ripudio della guerra: che la morte è stata tolta dagli utensili della politica,
che deve perseguire i propri legittimi obiettivi con mezzi diversi dalla
violenza bellica. Sotto l'egida della Costituzione repubblicana, il mutato
clima culturale, politico e istituzionale ha trasformato il senso delle
celebrazioni del 4 novembre rispetto all'impostazione originaria.
Senonché la situazione è cambiata con l'avvento al governo di un ceto
dirigente portatore di una cultura politica estranea, se non configgente, con i
valori costituzionali. Con un ministro della difesa che, con riferimento
all'Afghanistan, ci ha fatto sapere di non nutrire più alcun «pregiudizio» in
ordine al ricorso alla guerra come strumento della politica e che ha
trasformato le celebrazioni di momenti della resistenza, come l'8 settembre a
Roma, in occasioni per l'apologia delle bande repubblichine, è evidente che
tutto quest'ardore celebrativo nasconde un'operazione ideologica.
Il rischio è quello di tornare alle origini e di trasformare nuovamente il 4
novembre in un momento di celebrazione della morte e di glorificazione della
guerra: insomma una festa anti-ripudio della guerra. Il 4 novembre bisogna
reagire alla fanfara suonata dal pifferaio La Russa, confrontandosi con la
memoria storica e mettendo a nudo la falsità dei miti con i quali si è corrotta
in passato e, oggi, si sta tentando di nuovo di corrompere la coscienza
collettiva.
Bisogna ricordare che quella guerra è uscita fuori da ogni schema razionale e
che il progresso scientifico applicato all'arte della guerra ha trasformato il
conflitto bellico in sterminio di massa e aperto la strada ai fascismi del XX
secolo, a ulteriori barbarie e ad altri olocausti.
Non si deve dimenticare, ma bisogna di nuovo fare lezione dalle tragedie del
passato per evitare che si ripetano nel nostro futuro. La ricorrenza del 4
novembre deve essere utilizzata non per glorificare la guerra, come si accinge
a fare il ministro La Russa, ma per celebrare la fine dell'orrendo massacro che
ha insanguinato l'Europa e per riproporre l'impegno a salvare le generazioni
future dal flagello della guerra che, nel secolo scorso, come recita il
preambolo della Carta delle Nazioni Unite, per ben due volte, nel corso della
stessa generazione ha causato sofferenze indicibili all'umanità




ub



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Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal
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Ugo Beiso