[ssf] deriva fascista delle "forze dell'ordine"

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Author: Walter
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To: Forum Sociale Saronnese
Subject: [ssf] deriva fascista delle "forze dell'ordine"
L’impunita garantita da Genova in poi alle forze dell’ordine ed il clima di
sdoganamento del razzismo e fascismo continuano a dare i loro frutti
avvelenati…
Walter

Una Bolzaneto rom a Bussolengo [Vr]
Gianluca Carmosino
[9 Settembre 2008]
Si erano fermati fuori del paese, vicino Verona, solo per mangiare. Sono
stati picchiati, sequestrati e torturati dai carabinieri per ore. La loro
testimonianza
Venerdì 5 settembre 2008, ore 12. Tre famiglie parcheggiano le roulotte nel
piazzale delle giostre a Bussolengo [Verona]. Le famiglie sono formate da
Angelo e Sonia Campos con i loro cinque figli [quattro minorenni], dal
figlio maggiorenne della coppia con la moglie e altri due minori, infine dal
cognato Cristian Udorich con la sua compagna e i loro tre bambini. Tra le
roulotte parcheggiate c’è già quella di Denis Rossetto, un loro amico. Sono
tutti cittadini italiani di origine rom.
Quello che accade dopo lo racconta Cristian, che ha trentotto anni ed è nato
a San Giovanni Valdarno [Arezzo]. Cristian vive a Busto Arsizio [Varese] ed
è un predicatore evangelista tra le comunità rom e sinte della Lombardia.
Abbiamo parlato al telefono con lui grazie all’aiuto di Sergio Suffer
dell’associazione Nevo Gipen [Nuova vita] di Brescia, che aderisce alla rete
nazionale «Federazione rom e sinti insieme».
«Stavamo preparando il pranzo, ed è arrivata una pattuglia di vigili urbani
– racconta Cristian – per dirci di sgomberare entro un paio di ore. Abbiamo
risposto che avremmo mangiato e che saremmo subito ripartiti. Dopo alcuni
minuti arrivano due carabinieri. Ci dicono di sgomberare subito. Mio cognato
chiede se quella era una minaccia. Poi cominciano a picchiarci, minorenni
compresi».
La voce si incrina per l’emozione: «Hanno subito tentato di ammanettare
Angelo – prosegue Cristian – Mia sorella, sconvolta, ha cominciato a
chiedere aiuto urlando ‘non abbiamo fatto nulla’. Il carabiniere più basso
ha cominciato allora a picchiare in testa mia sorella con pugni e calci fino
a farla sanguinare. I bambini si sono messi a piangere. È intervenuto per
difenderci anche Denis. ‘Stai zitta puttana’, ha urlato più volte uno dei
carabinieri a mia figlia di nove anni. E mentre dicevano a me di farla stare
zitta ‘altrimenti l’ammazziamo di botte’ mi hanno riempito di calci. A
Marco, il figlio di nove anni di mia sorella, hanno spezzato tre denti…
Subito dopo sono arrivate altre pattuglie: tra loro un uomo in borghese,
alto circa un metro e settanta, calvo: lo chiamavano maresciallo. Sono
riuscito a prendere il mio telefono, ricordo bene l’ora, le 14,05, e ho
chiamato il 113 chiedendo disperato all’operatore di aiutarci perché alcuni
carabinieri ci stavano picchiando. Con violenza mi hanno strappato il
telefono e lo hanno spaccato. Angelo è riuscito a scappare. È stato fermato
e arrestato, prima che riuscisse ad arrivare in questura. Io e la mia
compagna, insieme a mia sorella, Angelo e due dei loro figli, di sedici e
diciassette anni, siamo stati portati nella caserma di Bussolengo dei
carabinieri».
«Appena siamo entrati,erano circa le due – dice Cristian – hanno chiuso le
porte e le finestre. Ci hanno ammanettati e fatti sdraiare per terra. Oltre
ai calci e i pugni, hanno cominciato a usare il manganello, anche sul volto…
Mia sorella e i ragazzi perdevano molto sangue. Uno dei carabinieri ha
urlato alla mia compagna: ‘Mettiti in ginocchio e pulisci quel sangue
bastardo’. Ho implorato che si fermassero, dicevo che sono un predicatore
evangelista, mi hanno colpito con il manganello incrinandomi una costola e
hanno urlato alla mia compagna ‘Devi dire, io sono una puttana’, cosa che
lei, piangendo, ha fatto più volte».
Continua il racconto Giorgio, che ha diciassette anni ed è uno dei figli di
Angelo: «Un carabiniere ha immobilizzato me e mio fratello Michele, sedici
anni. Hanno portato una bacinella grande, con cinque-sei litri di acqua.
Ogni dieci minuti, per almeno un’ora, ci hanno immerso completamente la
testa nel secchio per quindici secondi. Uno dei carabiniere in borghese ha
filmato la scena con il telefonino. Poi un altro si è denudato e ha detto
‘fammi un bocchino’».
Alle 19 circa, dopo cinque ore, finisce l’incubo e tutti vengono rilasciati,
tranne Angelo e Sonia Campos e Denis Rossetto, accusati di resistenza a
pubblico ufficiale. Giorgio e Michele, prima di essere rilasciati, sono
trasferiti alla caserma di Peschiera del Grada per rilasciare le impronte.
Cristian con la compagna e i ragazzi vanno a farsi medicare all’ospedale di
Desenzano [Brescia].
Sabato mattina la prima udienza per direttissima contro i tre «accusati»,
che avevano evidenti difficoltà a camminare per le violenze. «Con molti
familiari e amici siamo andati al tribunale di Verona – dice ancora Cristian
– L’avvocato ci ha detto che potrebbero restare nel carcere di Verona per
tre anni». Nel fine settimana la notizia appare su alcuni siti, in
particolare Sucardrom.blogspot.com. La stampa nazionale e locale non scrive
nulla, salvo l’Arena di Verona. La Camera del lavoro di Brescia e quella di
Verona, hanno messo a disposizione alcuni avvocati per sostenere il lavoro
di Nevo Gipen.

(da www.carta.org - 09/09/2008)