[NuovoLab] se di morale parla solo la chiesa

Delete this message

Reply to this message
Author: ANDREA AGOSTINI
Date:  
To: forumgenova
Subject: [NuovoLab] se di morale parla solo la chiesa
dal sole24ore di venerdi 22 agosto

Le culture politiche di ispirazione non religiosa sembrano aver ristretto la loro presenza ai soli temi economico-sociali, impoverendo così il dibattito

Se di morale parla solo la Chiesa
di Luigi Manconi

Trascorrono i decenni, cambia radicalmente la fisionomia della società italiana sotto il profilo economico e demografico, culturale e politico, si avvicendano le Repubbliche (per ora siamo alla Seconda, ma la sua gracile costituzione e la sua grama esistenza sembrano annunciarne una Terza) e tuttavia numerosi tratti dell'identità nazionale si rivelano impermeabili a qualunque rivolgimento.
La discussione pubblica delle ultime settimane ha evidenziato alcuni di quei tratti: è accaduto così che la "questione cattolica" sia tornata ad accendere la pole-micapolitica e aintrecciarsi con una "questione ideologica" che rivela, anch'essa, una sua pervicace persistenza. Prima gli editoriali di «Famiglia cristiana», poiil discorso di Benedetto XVI domenica scorsa, hanno indirizzato l'attenzione dell'opinione pubblica sui pericoli di "risorgente fascismo" e di "risorgente razzismo".
La vicenda, nel suo complesso, fa emergere innanzitutto un dato: centrodestra e centro-sinistra, al di là delle molte differenze, confermano di aver delegato alla Chiesa cattolica, in maniera pressoché incondizionata, la titolarità del campo (sconfinato, peraltro) dell'etica pubblica, ma anche delle grandi questioni sociali e di quelle storico-ideologiche. Il presupposto è un non detto - terribilmente mortificante per quanti si vogliano laici - che può cosi sintetizzarsi: esiste una, e una sola, morale; ed è quella di ispirazione religiosa (dunque, nel nostro paese, di confessione cattolica).
Ogni volta che la decisione pubblica prevede implicazioni che abbiano uno spessore morale (o un preteso spessore
morale) è, appunto, a quella sola, riconosciuta e assai familiare morale che ci si affida. Questo dipende essenzialmente da due fattori: il fatto che quella morale d'ispirazione religiosa sia stata larga-
mente egemone (magari inerzialmente, e assai contraddittoriamente rispetto ai comportamenti concreti) nella società italiana e che tuttora vi eserciti una sua robusta influenza; il fatto che le culture politiche d'ispirazione non religiosa abbiano ritenuto che il proprio ambito d'azione fosse esclusivamente quello eco nomico-sociale.
Al punto che quando due importanti domande di modernizzazione, come quelle rappresentate dal divorzio e dall' interruzione volontaria della gravidanza, fecero irruzione nella sfera pubblica, fu solo grazie alla mobilitazione sociale e civile e all'azione di minoranze organizzate, come i radicali, che i partiti non confessionali accettarono, loro malgrado, di trattare politicamente e normativamente quelle due "questioni morali". E, anche in quelle circostanze, senza alcuna capacità di contrapporre alla morale confessionale, che stava per rivelare esattamente allora la crisi della propria egemonia, un sistema di valori e un'ispirazione etica di segno diverso.
Questo deficit storico, col trascorrere dei decenni, si è non solo perpetuato ma anche accentuato: e la scomparsa della Democrazia cristiana e il continuo manifestarsi nella sfera pubblica di dilemmi etici hanno via via esaltato il ruolo della Chiesa cattolica come esclusiva Autorità Morale. È accaduto così che paradossalmente, mentre opzioni e stili di vita dei cittadini si discostavano vieppiù dalla dottrina della Chiesa, il suo ruolo pubblico di unico titolare dei Principi etici si faceva più forte e più influente nei confronti della classe politica, sia cattolica che non cattolica.
Ciò vale, sia chiaro, per questioni come la fecondazione assistita, il testamento biologico, l'interruzione volontaria di gravidanza; ma vale anche per tutti quei temi dove sono significative le implicazioni di ordine morale: ecco perché la questione dell'immigrazione e dell'intolleranza etnica, per ciò che evoca sul piano delle concezioni del mondo, o quella del "fasci-
smo", per ciò che richiama a proposito della mortificazione della persona e della sua dignità, finisconoper essere scambiate per tematiche "religiose" o comunque ad alta intensità morale: e, pertanto, di pertinenza, anch'esse, della massima Agenzia Etica, ovvero la Chiesa cattolica.
E, invece, quei temi dovrebbero essere, eccome, di piena pertinenza dei soggetti politici perché rimandano, in primo luogo, a questioni di diritti e libertà, di tutele e di prerogative e hanno molto, moltissimo, a che vedere con dinamiche sociali, economiche e istituzionali. È legittimo - e personalmente ritengo utile - che la Chiesa dica la sua su tali temi: ma guai ad affidarle la delega su problematiche che sono pienamente politiche e che politicamente vanno trattate.
Tant'è vero che quando, invece, sono affidate a soggetti non politici e a istituzioni assolute, come la Chiesa, si caricano di un'enfasi virtuosa e di un'evocazione ideologica - ecco un tratto proprio dell'identità nazionale - tali da renderle
metastoriche: peccati scandalosi e non, come sono, gravissimi fenomeni sociali e inique misure politiche. Chi scrive ritiene che i provvedimenti in materia di sicurezza (e non solo quelli) del Governo Berlusconi siano segnati da un'impostazione antigarantista e illiberale: ma che motivo c'è di evocare il "fascismo"?
Per criticarli, quei provvedimenti, non è in alcun modo necessario attribuirli a un regime totalitario. E ancora: ritengo che vi sia effettivamente il rischio di una produzione d'intolleranza per via istituzionale, e che è responsabilità della destra italiana l'aver legittimato ideologicamente alcuni messaggi razzisti (come l'equazione rumeni=stupratori). Ma l'Italia non è "razzista" - pur se crescono le puL sioni xenofobe e gli episodi di razzismo -e, dunque, il ricorso a quelle categorie generalizzanti e apocalittiche è un'altra manifestazione di persistente arretratezza culturale: e segnala il bisogno irresistibile di un'ininterrotta declamazione ideologica e di una classificazione anch'essa ideologica del "nemico".
Dalla fecondazione assistita ai temi legati al presunto risorgere del razzismo i soggetti politici hanno il dovere di pronunciarsi