Author: deserto dei tartari Date: To: deserto dei tartari Subject: Re: [inquieto] mutua dell'autogestione
Cara Cà Favale,
in ricordo dei "vecchi" tempi, leggo e scrivo sulle riflessioni che
state affrontando sul tema Autogestione e relative mutualità.
Magari non ci farete nulla (di queste chiacchere) ma solo il Fatto che
cercate attraverso la scrittura un confronto con virtuali ascoltatori,
provoca il personale interesse verso tale argomento, scopo primario del mio
trascorrere finchè non tornerò alla Terra, intesa come Elemento.
Qualche appunto di "volo": perchè -deserto dei tartari-? se non ricordo
male, il soldato Drogo si strugge aspettando che all'orizzonte spuntino le
concrete aspettative per le quali è stato chiamato, l'orda
distruttrice...nell'attuale sistema tutto avviene sotto i nostri sensi,
appisolati nella realtà visibile, omogeneizzati da quella virtuale,
massacrati quotidianamente con sistematicità impressionante, senza
particolari scossoni ma coscienti del destino ineluttabile di una civiltà
materialista in caduta libera. Non c'è abbastanza Forza distruttrice a cui
identificarsi, pure iconograficamente...?
La mutua Autogestione, è "semplicemente" storia antica: il termine fra
virgolette, vuole intendere che attualmente di semplicità non si riesce a
vivere, mentre complicandoci il quotidiano, sembriamo più interessati,
interessanti all'esterno.
Adottata da comunità d'individui in stato di sopravvivenza quotidiana, non
c'erano obbligatoriamente vincoli d'amicizia tra i coinvolti, soltanto la
consapevolezza di mutualizzare le risorse, energie al fine di raggiungere lo
scopo, che altrimenti, singolarmente, sarebbe stato impraticabile.
Il borgo di Cà Favale è certamente un punto di partenza che per avere
continuità, abbisogna di comunione d'intenti: se resta un porto di monte,
dove il rapporto fra l'economia di sostentamento si confonde con la
frammentazione idealista di forti matrici "borghesi", si rischia l'ennesimo
equivoco culturale di un movimento partito oltre 40 fa, ricco di mirabili
intenzioni, riciclato dal sociale attualmente in uso nella nostra civiltà,
edulcorata con forme di pseudo "anarchismo" (oggi funzia meglio
"terrorismo") idealizzato con "sostenibile leggerezza dell'avere"...
prima d'innescare strani meccanismi interpretativi, non è mia intenzione
"provocare" inutili polemiche, offendere l'ego di nessuno, tantomeno
enunciare verità assolute, soltanto confrontare uno scritto (sicuramente)
del Cuore e tentare un approccio diverso di visione, con (forse) piccole
pretese di mettere punti di coerenza sull'esposto, questo compreso...
Il borgo è stato acquistato, non occupato, quindi il mutuo va onorato con i
signori del denaro, non lotte di apparteneza e diritto verso le istituzioni,
che finiscono con denunce, galera, macchie sociali sul curriculum: se devo
ascoltare una sinfonia ideologica, cerco un dialogo comprensivo con una
realtà come Campanara, occupata, ora a rischio di malanni penali per coloro
che hanno apprezzato quella scelta, quel posto, quel modello di vita,
caotico fin chè si vuole ma sempre figlio di stringhe rivoluzionarie. E non
voglio parlare del Peglia, conclusosi qualche anno fa, più o meno
felicemente, e tornato a pace sociale, non ultima il percorso del Movimento
Elfico nato nel pistoiese...
Voglio dire che l'aver concepito una forma itinerante di mutuo appoggio, è
una ammirevole iniziativa, concepita dopo la prima "divisione interna" del
CIR, grazie ad un'idea pescata dalla Macnovicina, Movimento dell'Est in
contrapposizione al nuovo Potere del soviet, o gnus zar, come ognuno la vede
meglio...ora non è chiaro se tale pensata ha che fare con l'onorabilità del
mutuo, un percorso collettivo d'esperienze, una forma di vita per
ri-costruire qualcosa che si è perso, oppure semplicemente per mantenere
attivo l'attuale principio di condividione economica del nucleo "stabile" di
Cà Favale.
In soldoni, aver costruito una proprietà immobiliare per un progetto la cui
economia non riesce a raggiungere l'autosostentamento interno, può diventare
un argomento di confronto utile a capire cosa "si vuole fare da grandi", per
evitare paradossi indifendibili sullo stato concreto delle cose, intese
nello specifico come forma di continuità costante nel tempo.
La nostra società non ammette il genere di gestione che molti di noi si
propongono: i modelli imposti, il sistema sociale istituzionale, schemi
economici che puntano sull'industrializzazione e consumismo, evitando
accuratamente di informare o educare sugli "effetti collaterali" di tali
presupposti del benessere(?), sono il segno che l'omogeinizzazione funziona,
come un tarlo logora le menti assopendole...le stringhe "devianti" si
estingueranno per logorio, incapaci di sviluppare memoria secolare, di
rallentare la corsa frenetica del nostro presente, di comprendere
l'equilibrio tra reale e virtuale, produrre nell'invisibilità, costretti a
mostrarsi per mercanteggiare.
Concludo qui, per non appesantire e, ripeto, non vogliatemene se ho turbato
l'ideologia di qualcuno, la personale intenzione sta altrove, solo
sollecitato dall'argomento in oggetto, a cui sono fraternamente legato..e
perdonate un pragmatismo figlio del mio tempo.
Un caro saluto a Vania, se sta sempre lì, a sua madre, se sta sempre lì, ed
agli abitanti di quel meraviglioso posto di Cà Favale