...occorre riflettere, a tutti i livelli, su tutte le possibilita` che
stiamo portando avanti, nelle loro diverse espressioni, e
ragionare su cosa non funziona – e riprendere da li`, da
quell'inceppamento qualora ne riusciamo a vedere una via
d'uscita, senza illusioni, e senza menare il can per l'aia.
Ad esempio, un tentativo su cui siamo inceppati da anni e'
quello del mutuo appoggio. Ci siamo resi conto che, per
funzionare, ha bisogno di un minimo di organizzazione, e questa
spontaneamente non si e' costituita.
Perche'?
I legami che ci potevano tenere insieme in una dimensione
“sociale” non hanno retto all'impantanamento in dinamiche da
gruppetti, quasi in competizione tra loro. Forse la dimensione
“sociale” non era abbastanza ricca e interessante da creare essa
stessa coesione... ed e' stata divorata dalle tensioni!
Tensioni che mai escono fuori in maniera esplicita perche' si
preferisce custodirle privatamente (sono poi le voci di
corridoio, quelle si' che corrono, a fare il loro porco
lavoro!)
il deserto generale - questo deserto di rapporti che
condividiamo da
anni - e' arrivato al fondo del barile: non si prova neanche
piu` ad
affrontare collettivamente un problema, perche`... non si
riconosce piu` l'esistenza di un collettivo! L'assemblea e'
ormai retaggio
vetero-antiquato.
I problemi individuali vengono lasciati a risoluzioni anch'esse
individuali – in qualche caso, questo ha come conseguenza che in
certi posti uno non ci mette piede fino a che non si decide a
“rivedere” la sua strategia...rimanendo questa pur sempre una
risoluzione individuale.
E' evidente che un percorso condiviso su queste basi e'
difficile. Rimane invece possibile, tra tutti coloro che non
hanno conti in sospeso e che nel caso li abbiano, sono riusciti
a tirarli fuori, riprendere a piene mani la propria esistenza,
la propria rabbia, la propria iniziativa, la propria volonta' a
non starsene con le mani in mano (magari avendo trovato
un'occupazione 'alternativa' soddisfacente possibilmente di
routine che non stanchi troppo il cervello).
loro, voi, noi, io sono termini che meritano piu' attenzione, dal
momento che nella decadenza attuale del linguaggio diventano
categorie – quante volte e con che rabbia esce fuori quel 'voi';
quante poche volte viene affermato quel 'noi'. L'io se ne sta
nell'alveo esistenzialista.
Si ha quasi timore, di quel 'noi'. Non si sa bene a chi
riferirlo. Ci si impantana nella palude dei confini, del
dualismo dentro / fuori... Non si puo' cogliere un confine tra
il dentro e il fuori.
Con imbarazzante semplicita', si utilizza a piene mani il
“loro”,
riferito a tutti gli esterni alla nostra cerchia, dimenticandosi
di
definire da chi e' costituita quella “nostra” cerchia...
La riflessione che il peggior sbirro non e' quello che veste la
divisa, facile da riconoscere, esterno a noi, ma lo sbirro
interno, ne e' il rovescio della medaglia.
Una delle cose da cui partiamo e' definire quel noi, che in
qualche modo serve a dare forza, a dare voce. quando abbiamo
chiaro in mente a chi ci si riferiamo.
Per questo ci riferiamo a un noi aperto, non al noi di un
gruppo.
Al noi di una posizione, quella che prendiamo di fronte alla
realta'.
Con un'apertura al confronto per quello che riguarda il “che
fare”: ma avendo gia' intrapreso delle strade. Non essendo
legati mani e piedi ad uno “stile di vita”, ad un lavoro, a un
rapporto chiuso (dentro un gruppo, dentro se stessi, dentro una
o piu` coppie), ma piuttosto alla convinzione in quello che si
sta facendo. In altre parole, determinati a farlo.
Il 2008 sara' per molti portatore di trasformazione -lo dicono i
ching-, all'insegna del nomadismo -lo aggiungiamo noi- ... c'e'
chi aspetta il 2012 a scendere in campo (gli acquariani), ma
sara' ormai troppo tardi per loro e comunque sono abituati ad
aspettare.
non sara` un nomadismo ripiegato su se stesso, ma con
l'intenzione di mettere le basi per quelle che potranno
diventare relazioni future – mettendoci dentro tutto, tutto
quello che riusciremo a portarci dietro, come bagaglio materiale
e immateriale.
un nomadismo collettivo, al passo del piu' lento. Equipaggiati
di tutto punto, arrivando in un luogo l'idea sara' quella
dell'autonomia.
Imparando dalle lezioni del passato a non volersi mischiare a
priori con dinamiche e organizzazioni altrui. L'autonomia prima
di tutto. Spendere periodi di tempo non misurabili dagli orologi
moderni, che battono al ritmo del capitale. Battendo la propria
strada, in forma e sostanza, manifestando la propria presenza,
dar forma a quel “noi” e a quella “posizione”.
Darsi voce, che equivale a prendersela, e con essa cantare
quella
pratica “destabilizzante, distruttiva, che si pone come forza
creativa” come suggeriscono cantastorie di tutti i tempi.
Questa prima-vera 2008 e' solo una piccola parentesi – una
piccolissima fetta di quell'ammasso senza forma che e' il tempo
e lo spazio a nostra disposizione. Da ora in avanti quello che
intraprendiamo e' il tentare di dargli nuovamente una forma, a
questo tempo e a questo spazio, a noi consona. Sempre piu'
isolati, nell'azzoppamento globale, due cose le abbiamo chiare:
la prima, che non ci bastera` mai cio` che abbiamo e cio` che
facciamo. Un tempo si diceva, vogliamo tutto e subito. Ora,
scendendo a piu' miti consigli, togliamo quel subito. Ma ne
facciamo una questione di tempo.
la seconda, l'intenzione di ri-imparare a stare sulle proprie
gambe. La dipendenza dal sistema e' una cancrena che siamo
intenzionati ad
estirpare. Con tutto il tempo che ci vuole, per quello che si
mostra come un percorso lungo, di riappropriazione dei saperi e
delle pratiche che ci sono state sottratte.
Somari non siamo e non diventeremo, nonostante l'impegno di
preti, cittadini, rifognati... sinistri in generale che
quotidianamente si impegnano a mantenere viva l'idea di un
sempre piu' squallido mondo tecno-militar-democratico di
sudditanza alla carota; e nonostante botte, galera e
repressione, bastonate che in caso di reticenza
all'addomesticamento forzato si fanno sentire sempre piu'
infuriate.
Gli stati colpiscono, e sono botte da orbi, generalmente a senso
unico... rimane sempre chiaro che nessuna repressione potra'
mai
soffocare l'idea della liberta'.
Con tanti auguri per un 2008 di pace a tutti