Author: Monti Virginio Date: To: forumlucca Subject: [Forumlucca] Fw: Resoconto incontro Hamas 25 dicembre 2007
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From: Lista Campo
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Sent: Wednesday, January 09, 2008 7:29 PM
Subject: Resoconto incontro Hamas 25 dicembre 2007
da Maria Grazia Ardizzone
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Invio, per opportuna conoscenza di tutti, il resoconto dell'incontro che la Delegazione ha avuto con Hamas il 25 dicembre scorso, ricordando a tutti che due dei dirigenti incontrati si trovano ora in galera.
Saluti antimperialisti a tutti
Maria Grazia Ardizzone
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Al Bireh 25.12.2007 - Incontro con Shaikh Hussein Abu Kwek (eletto nel Consiglio Legislativo Palestinese nella lista "Cambiamento e riforme" facente capo ad Hamas, Shaikh Faraj Rummana e altri dirigenti e membri di Hamas.
Abu Kwek racconta anzitutto di essere stato bersaglio nel 2002 di un operazione mirata dei coloni sionisti insediati sopra Al Bireh, in cui sono morti sua moglie e i suoi figli, di aver marcito per 5 anni in una galera sionista con l'accusa (ovvia) di essere terrorista in quanto membro di Hamas e di studiare Scienze Politiche a Bir Zeith.
Informazioni sui coloni sionisti: fra Ramallah e Nablus sono 200.000 in circa 80 - 100 insediamenti oltre il muro e relative strade riservate. In tutta la Cisgiordania i coloni sono complessivamente 450.000; inoltre a Gerusalemme Est ce ne sono 200.000.
Nuove elezioni con regole diverse sono ritenute impossibili, in quanto va rispettato il risultato della regolare e democratica consultazione di gennaio 2006, nonostante che questo buon esempio di democrazia abbia fatto e fa tuttora paura a molti.
Su Annapolis: l'Europa ha una grande responsabilità perché sostenitrice di Israele e donatrice di aiuti che devono arrivare a TUTTI i palestinesi, mentre invece i destinatari vengono tuttora selezionati con criteri politici. L'Europa dovrebbe garantire giustizia nella distribuzione, tenendo conto che la Striscia di Gaza è il luogo con più necessità. Ma in realtà il vero motivo delle donazioni è il ricatto politico verso una parte del popolo palestinese, affinché svenda i suoi diritti di indipendenza e sovranità: gli aiuti aumentano quindi la spaccatura nel popolo palestinese; chi ha più bisogno non solo non ha avuto e non ha nulla, ma neppure viene nominato. Il risultato è la cancellazione politica di una parte dei palestinesi.
Tuttavia Hamas ha chiara la differenza fra governi europei e popoli europei, che sono molto più maturi dei loro governi, tutti a sovranità limitata. Le elezioni del 2006 hanno ben evidenziato il carattere strumentale dell'invocazione della democrazia da parte dei governi occidentali.
Su Prodi e D'Alema il giudizio è negativo: hanno promesso ma non hanno mantenuto, tanto che partecipano all'embargo politico contro Hamas, nonostante abbia vinto le elezioni.
Questo atteggiamento di chiusura favorisce il radicamento di Al Qaida, che osteggia l'apertura di Hamas verso gli altri governi.
La chiave per risolvere i problemi è il dialogo e il compromesso sui confini del 1967, non i ricatti tipo Annapolis e Conferenza dei donatori di Parigi, che ignorano la non esistenza dello stato palestinese.
Rapporti fra Hamas e Fatah in Cisgiordania: dopo il giugno del 2007 l'ANP ha occupato tutti i posti spettanti ai vincitori delle elezioni del 2006, rifiutando il dialogo con Hamas che tuttavia ha mantenuto un atteggiamento di apertura proponendo una sorta di "governo tecnico" in grado quantomeno di amministrare Cisgiordania e Gaza.
Nell'incontro di La Mecca Fatah ha tenuto un atteggiamento di chiusura, con risultati negativi per tutti i palestinesi e con la persecuzione in Cisgiordania dei vincitori delle elezioni. Nonostante tutto Hamas resta disponibile al dialogo e al confronto e chiede aiuto alla società civile europea affinché favorisca questo dialogo e un conseguente governo comune, perché la spaccatura dei palestinesi favorisce solo Israele.
Politica USA in Medio Oriente: è un fallimento, non ha portato e non porterà alcuna autentica democrazia né in Palestina né altrove. In Cisgiordania, tramite il denaro, chi comanda veramente sono gli USA (esempio eclatante: gli arresti dei manifestanti contro Annapolis): chi si oppone veramente in Cisgiordania è punito da un governo illegittimo e fantoccio degli USA.
Hamas politicamente è un soggetto maturo e all'incontro di La Mecca ha presentato un progetto politico concreto per risolvere la questione palestinese, che resta comunque il cuore del problema. Abu Mazen era stato delegato ad implementare questo progetto a livello internazionale, ma ha tradito il suo mandato politico.
La vittima è il popolo palestinese, non Hamas; il problema non consiste in Hamas e Fatah, ma nell'assenza dello stato palestinese e nella conseguente questione dei profughi.
Hamas ha un progetto per TUTTI i palestinesi e non certo per se stesso.
La lotta nella Striscia di Gaza è in funzione esclusivamente difensiva e non di attacco. Sono altri che attaccano, in nome dell'interesse al fallimento del progetto politico di uno stato palestinese sui Territori Occupati.
Dopo le elezioni del 2006 a subire i colpi più pesanti è stata la componente politica di Hamas, con l'arresto di molti membri del nuovo Consiglio Legislativo regolarmente e democraticamente eletti, compreso il suo Presidente. Questo è il chiaro segno di voler sabotare ogni progetto politico che sia giusto per tutti i palestinesi.
Prigionieri politici: nonostante le tanto sbandierate liberazioni la situazione resta molto grave. E' stato esemplare il modo in cui Israele ha sequestrato Ahmed Sadat (segretario del FPLP in Cisgiordania) dalla prigione di Gerico, con la totale inerzia dei britannici che dovevano garantire i prigionieri politici palestinesi. Il pretesto al solito è stato quello dei motivi di sicurezza. Emblematica è anche la vicenda di Marwan Barghouti, leader con grande consenso popolare. Inoltre Miriam Salhem, ministro per la questione femminile, si trova in detenzione amministrativa in Israele senza che siano state formulate accuse a suo carico.
Sulla (apparente) contraddizione interna di Hamas, che a La Mecca ha accettato il progetto uno stato palestinese nei confini del 1967 e contemporaneamente nega il diritto di Israele all'esistenza.
Tutto il popolo palestinese, e non solo Hamas, non può riconoscere una forza di occupazione, tanto più che di Israele nessuno conosce neppure gli esatti confini. La vittima non può riconoscere il carnefice, il riconoscimento presuppone che ci siano due stati, cioè la reciprocità, che la soluzione di La Mecca garantisce.
Confini del 1967: soluzione definitiva o solo mossa tattica di Hamas? Sul punto le opinioni divergono anche in Italia, a livello sia politico che dell'Islam italiano (due popoli due stati; unico stato per tutti multietnico e multireligioso).
I dirigenti di Hamas spiegano che Israele è uno stato colonialista di cui non si conoscono nemmeno i confini, che ha sempre negato il diritto al ritorno dei profughi palestinesi per interessi demografici a lui interni. Ma ebraicità e democraticità sono due termini in contraddizione fra loro; Israele non transige sulla ebraicità che quindi è il nocciolo del problema, è ciò che impedisce il rientro dei profughi. Se Israele riconoscesse i diritti del popolo palestinese compreso quello al ritorno e la sua propria natura di stato occupante, Hamas avrebbe contatti con Israele e si potrebbe arrivare ad una pacifica convivenza. Ma non si può pretendere che Hamas riconosca Israele senza il preventivo riconoscimento da parte di Israele di tutti i diritti del popolo palestinese e della sua natura di stato occupante. L'OLP riconobbe preventivamente Israele e non ha ottenuto nulla. Per questi motivi Hamas non transige sul punto del riconoscimento.
Il ritorno dei profughi provocherebbe una notatola alterazione demografica in Israele: l'insistenza di Hamas sul punto prefigura una opzione par la soluzione di UN UNICO stato per tutti anziché quella di DUE stati?
Hamas: il conflitto dura ormai da 60 anni, colonialismo e insediamenti hanno prodotto una situazione per cui nessuno può magicamente trovare subito una soluzione immediata. Ma qualora ci si accordasse per due stati nei confini del 1967, nel ritorno dei profughi e nella liberazione dei prigionieri politici, Hamas concorderebbe su una tregua cui segua un nuovo periodo di transizione verso la definitiva soluzione del conflitto. Il ritorno è la chiave per la risoluzione di molti problemi, Israele dovrebbe dare un segno di buona volontà riconoscendo le proprie responsabilità verso i profughi e facendoli rientrare nei luoghi di origine. Ma Israele sul rientro dei profughi ha espressamente dichiarato non solo di non voler cedere, ma di non voler neppure trattare: al massimo potrà valutare la possibilità di un indennizzo.
Ogni stato democratico inoltre deve essere tale per TUTTI i suoi figli.
Fino al 1948 nella Palestina storica la maggioranza era tutt'altro che ebraica, anche se la popolazione ebraica cominciò ad aumentare dopo il 1917 (dichiarazione di Balfour). Nel 1948 la popolazione palestinese, a causa della brutalità della guerra, calò fino a 150.000 unità, mentre prima ammontava a circa 1.000.000.
La soluzione di Hamas è quella di UN UNICO stato; fu proposta dal deputato arabo - israeliano della Knesset Asni Bishaara ma Israele la bocciò.
La Palestina storica era multietnica e multireligiosa, e a questa si tornerebbe con la soluzione dell'UNICO stato.
Brutti segnali, tipo l'indifferenza riscontrata a Betlemme la notte di Natale verso la Palestina e Gaza in particolare, con notevole presenza di bandierine americane e denaro che comunque girava: il timore è che si potrebbe affermare una borghesia compradora che per quieto vivere si adatti e costringa all'adattamento tutta la popolazione palestinese. Come impedire che ciò avvenga?
Hamas sostiene che per coinvolgere pienamente il popolo italiano occorre fargli capire che è Israele che non rispetta le Risoluzioni dell'ONU e tutte le convenzioni internazionali che pura ha liberamente sottoscritto. E' questo il primo passo da fare, piuttosto che dividersi sulle formule tipo "due popoli due stati" "un unico stato", lavorando per favorire l'unità fra i palestinesi.
Il deputato Hussein Abu Kwek sottolinea poi come il vero avvenimento è stato l'ingresso di Hamas nelle istituzioni politiche palestinesi e la sua vittoria alle elezioni del 2006, che ha scombussolato tutti i progetti imperialisti concepiti a danno dei palestinesi e di tutti i popoli arabi in generale. Hamas e il popolo palestinese stanno pagando caro questo avvenimento, nonostante Hamas abbia una visione realistica, e per nulla estremistica, della situazione e dei passi da compiere, soprattutto nella Striscia di Gaza. Gli USA vogliono la morte di Hamas in quanto loro nemico, nemico di Israele e di tutti gli amici degli USA in M.O. La morte di Hamas è l'ordine che gli USA hanno impartito a Gaza a Mohamed Dahlan (che fu già responsabile dei servizi a Gaza con Arafat) con lauti finanziamenti. Questo è stato causa e inizio dei disordini, e dunque causa della risposta di Hamas nelo scorso giugno, perché Fatah e Dahlan hanno eseguito un ordine degli Stati Uniti, che vogliono impedire la diffusione e gli effetti dell'esempio di buona ed autentica democrazia delle elezioni del 2006 e dell'atteggiamento positivo tenuto da Hamas, che ancora oggi sollecita Abu Mazen verso una soluzione di unità nazionale.
Ma gli ordini e i denari degli USA impediscono un accordo fra tutte le componenti palestinesi.
I dirigenti di Hamas sintetizzano quelli che ritengono i punti centrali per iniziative a favore dei palestinesi in Italia e, più in generale, in Europa: 1) sottolineare il mancato rispetto da parte di Israele delle Risoluzioni ONU, la proliferazione delle colonie in Cisgiordania, la questione del Muro, tanto più che è stato costruito anche all'interno dei Territori Occupati nel 1967; 2) lavorare per l'incriminazione di tutti i generali israeliani per crimini di guerra, anche in considerazione del fatto che in Israele tutti i primi ministri sono sempre stati generali; 3) sostenere i parlamentari di Hamas ingiustamente imprigionati da Israele, magari inviando una delegazione di parlamentari italiani anche per provare a fermare il continuo rinnovo delle detenzioni amministrative.
Da parte nostra chiariamo la difficile situazione politica in Europa ed in Italia riguardo al Medio Oriente in generale e alla Palestina in particolare, situazione su cui poi si è riflessa la spaccatura verificatasi fra i palestinesi. Occorre perciò focalizzare la controinformazione su concrete questioni di merito, per esempio diffondendo i documenti vessatori emessi dalle autorità israeliane e inviando delegazioni di giuristi e parlamentari ai processi contro i prigionieri politici.
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