[Forumlucca] Michele chi?

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Author: massimiliano.piacentini@tin.it
Date:  
To: forumlucca
Subject: [Forumlucca] Michele chi?
Michele De Palma, è stato per alcuni anni coordinatore nazionale dei
Giovani comunisti.
Ho avuto modo di incontrarlo alcune volte, di
parlarci e cenarci insieme.
Un ragazzo pugliese molto intelligente e
simpatico, che aveva un modo di esprimersi fortunatamente lontano dal
politichese o dal "manuale del bravo rivoluzionario".
Poi Michele è
cresciuto, sia anagraficamente che politicamente. E' stato promosso
alla segreteria nazionale di Rifondazione, nel corso dell'avvicinamento
del partito al governo.
E lì, è iniziata la mutazione..
Il Michele De
Palma "governativo" (o "governista"?) è diventato, almeno per me,
irriconoscibile, l'ombra di se stesso.
E' un fedele custode-difensore
della linea, acritico e tristemente retrò, pronto ad attaccare tutti
coloro che sollevano obiezioni e a chiedere l'espulsione per quei
"violenti" che sono "fuori linea" e votano in modo difforme dal gruppo,
per esempio sulla guerra.
Per questo, anche se (molto)spesso e
volentieri ho criticato Casarini, questa volta non posso che
sottoscrivere quello che scrive a De Palma nellla lettera che trovate
di seguito.

massimiliano


DA LIBERAZIONE 30/11/2007
Caro Michele, la
verità è verità
e la politica non può ignorarla

Luca Casarini

Ho
indugiato un po' di fronte allo schermo del computer prima di riuscire
a rispondere alla tua lettera di domenica. Come si dice "non sapevo da
che parte cominciare". Non per la quantità di tempo e di accadimenti
che stratificano la nostra lontananza da dopo Genova. Non solo, almeno.
Il vero problema, per me, è che senso dare ad uno scambio, una
discussione, che come tu dici deve essere pubblica, cioè, aggiungo io,
non può essere "falsa". Credo che lo spazio pubblico slegato dalla
verità, possa essere definito come quello che produce, oggi, la
politica ufficiale, quella dei partiti. Sarebbe troppo semplice dare la
colpa alla deriva mediatica, all'americanizzazione come tu la chiami,
dell'azione politica. Anzi, nella società digitale e simbolica questo
non ha alcun senso. Il nodo invece è la mutazione del "pubblico" che la
crisi della rappresentanza produce per poter giustificare sé stessa. E'
appunto un pubblico divergente dalla verità. Potremo anche dire che è
per questo, come diceva qualcuno, che la verità può essere solo
rivoluzionaria. Perché costruisce attorno a sé uno spazio pubblico che
non è quello della politica dei partiti, anzi, è la sua negazione.
Allora, se vogliamo che questo scambio tra due che si conoscono da
tempo, e che non si parlavano da tempo, possa forse avere una qualche
utilità "pubblica", è meglio dirsi le cose come stanno, semplicemente.
Ho voluto partire da questa premessa per affrontare subito una
questione: io vedo il mondo esattamente al contrario di come lo vedi
tu. E' sintomatico che tu scriva di "incapacità dei movimenti di
rispondere alle domande di partecipazione e radicalità", mentre sfila a
poca distanza dal tuo ufficio una manifestazione delle donne carica di
partecipazione e radicalità. Mentre sto scrivendo io, scorrono le
immagini della Francia, dall'Università alle banlieues, e tutto si può
dire meno che sia una situazione pacificata. Nomini le lotte per la
difesa dei beni comuni, contro la guerra, come fossero eccezioni che
confermano l'assenza di movimenti, e invece io credo che quelle siano
il movimento. Il mondo esplode, è pieno di contraddizioni, e il
neoliberismo è costretto sempre più a divenire guerra per tentare di
governarle.

Come sappiamo questo non significa che per i movimenti di
cambiamento sia tutto facile, ma anche per il moderno capitalismo
globale, che cerca il rapporto virtuoso tra produzione da espropriare e
vita, la situazione non è eccellente. Nemmeno dove esso stesso ha
assunto fino in fondo la contraddizione, facendo diventare "governo" e
"stato tendente al socialismo" i vari Chavez, Lula, Morales. Nemmeno lì
le contraddizioni globali, l'insopprimibile spinta alla liberazione che
viene dal basso, e l'esigenza di sperimentare forme di governance,
anche con le bandiere rosse, permette che tutto sia pacificato. Ora, mi
sono chiesto, ma com'è che tu non vedi questo? Ti confesso che la
tentazione di dire che sia per giustificare tutto quello che il tuo
partito sta facendo, è stata forte. Le donne che hanno manifestato a
Roma, ce l'avevano con il vostro governo, con il vostro pacchetto
sicurezza, con i vostri ministri. E quelli che sono scesi in piazza con
voi il 20 ottobre, dopo la debacle sul welfare e il vostro voto di
fiducia, con chi dovrebbero prendersela? Ma è troppo facile pensare che
la tua sia solo "miopia interessata". Secondo me ha a che fare con una
pericolosa mutazione antropologica, di cui ti segnalo i rischi perché
mi preoccupa, che porta i partiti a produrre soggettività che non è più
in grado di leggere con gli occhi della verità/rivoluzione, e anche
della speranza, ciò che ci circonda. Credo di poter trovare tracce di
tutto questo nelle risposte, incredibili, che Lidia Menapace dava pochi
giorni fa ad Alex Zanotelli sul manifesto, in alcuni scritti di Marco
Revelli, persona che stimo ma che anch'esso, travolto
dall'impossibilità di far combaciare spazio pubblico e verità nella
politica ufficiale, reagisce attribuendo ai movimenti la "sconfitta". E
comunque, mutazione o no, difronte ad un mondo come questo, bisogna
scegliere. Come si fa a scegliere? Ti ricordo il discorso di Marcos su
ciò che ci portiamo nello zaino quando intraprendiamo una strada
sconosciuta: la bussola. Potrai dirmi che di politica, quella vera, io
non capisco niente, e ne sarei felice perché significherebbe che i miei
anticorpi per fortuna funzionano, ma la bussola non ti diceva che chi
votava la guerra in Afghanistan, quella bomba Nato che ieri ha
trucidato 25 civili, l'ha sganciata pure lui? E questo, assumere
questo, ti produce per forza due cose: o te ne vai, ti ritiri a pensare
a cosa hai dentro e a che cosa vuoi dalla vita, o giustifichi e cominci
a diventare qualcos'altro, qualcuno che vede il mondo più dall'alto di
quel caccia che dalla strada dove lavoravano quei poveri operai
afghani.
La bussola, al di là delle strategie, ci fa dire subito che la
direzione presa da questo governo, e dalla cosidetta sinistra radicale,
è disastrosa, inaccettabile. I Cpt, primo fra tutti quello di Bari,
nella Puglia di Niki Vendola, le leggi razziali, le promozioni dei
poliziotti di Genova, l'uso del reato di terrorismo perfino con gli
ultras, la precarietà…
Dire che tanto sarebbe successo comunque, è
ancora peggio. E' la vera antipolitica dei nostri tempi. Giustificarsi
con lo spauracchio che sennò torna Berlusconi, non è nemmeno più
possibile, ed era sbagliato anche prima.
Comunque tu mi chiedi se
possiamo cercare insieme una strada. C'è solo un modo: trovarsi in
luogo comune, il movimento. Per farlo bisogna ascoltarlo, mettersi a
sua disposizione, esserne parte e subordinati allo stesso tempo. E
quindi ti propongo di parlarci di verità. La base americana a Vicenza è
un'operazione voluta da questo governo, il vostro. Non è un'eredità di
nessuno. Dovete assumere fino in fondo questa reponsabilità, dentro il
vostro partito e questo devono fare tutti gli altri partiti della cosa
rossa. E poi scegliere. Se Prodi vuole la base americana, calpestando i
movimenti, dovete aprire la crisi. Togliere il vostro voto di sostegno
al governo. Tutto il resto sono chiacchere. E' così che avrebbe senso
partecipare a Vicenza da parte vostra. Annunciando, prima di venire,
che avete preso questa decisione. Non basta, Michele, che tu dica che
sei d'accordo con i blocchi ai lavori: il problema è dentro il governo
e in parlamento, e lo sai bene. Se sarete capaci di fare questa scelta,
seguendo quello che vi chiedono i movimenti, allora penso che una
speranza di incontrarci c'è. Sennò noi incontreremo i carabinieri, e
non è una novità, e voi non incontrerete più nessuno.
Beninteso, lo
dico con nessuna arroganza o superficiale massimalismo: ne sono
veramente convinto. Come sono convinto che tutto può ancora succedere,
e questo è vero sempre. Le differenze profonde, l'incomunicabilità e la
separazione, non hanno mai lasciato spazio, per quanto mi riguarda, a
nemicità ideologiche assolute. Che sono proprie più della casta dei
"rappresentanti", ovunque essi si trovino e qualsiasi cosa vogliano
rappresentare, che dei movimenti. I quali invece sono fatti di
relazioni, dissensi, cambiamenti, discussioni, rotture e
ricomposizioni. Ed eresie, rottura dell'ortodossia. Uno deve poter
discutere, innanzitutto, perché è giusto farlo, è umano direi, al di là
di ogni logica di giochi politici, tattiche, strategie. Difronte a
tutti gli interrogativi e i dubbi con cui ci sommerge la vita, sarebbe
assurdo non confrontarsi. A meno che uno non pensi di avere già tutte
le risposte. E allora non chiede niente a nessuno, a cominciare da sé
stesso. Anche questa è una mutazione antropologica, molto meno moderna
dell'altra, ma sempre in agguato.
Un'ultima nota la devo mettere:
qualcuno potrebbe pensare che questo scambio di lettere pubbliche
riveli in realtà logiche da "rappresentanti", o leader o cose del
genere. Forse c'è questo rischio, e bisogna evitarlo. Per cui caro
Michele, quando avete deciso, comunicatelo a tutti, in primis a quelli
di Vicenza. Io lo verrò a sapere lo stesso.


30/11/2007