Author: megu Date: To: forumgenova Subject: [NuovoLab] Il 20 ottobre HA PERSO!
...e non lo dico io ma Gabriele Polo direttore de ilmanifesto e principale
promotore di quella giornata.
Non c'e' da esultare piu' di tanto ma per alcuni mettersi in discussione
quello si!
Megu
L'amara lezione
Gabriele Polo
Quando, poco più di un mese fa, siamo entrati a palazzo Chigi per spiegare
al presidente del consiglio perché saremmo scesi in piazza il 20 ottobre
«contro tutte le precarietà», abbiamo trovato un Prodi cupo e
pessimista. Forse recitando un po', ma non troppo, il premier sembrava aver
interiorizzato l'ineluttabilità di un'imminente crisi politica, frutto
«della corruzione e dell'intrigo» con cui la destra «si stava comprando
una serie di senatori» per farlo cadere: «Novembre è il mese del
tradimento», parole sue. Qualche giorno dopo una grande manifestazione
chiedeva alla sinistra parlamentare di contare di più, di aprirsi alla
pluralità, e al governo di ascoltare le ragioni di quella piazza. Oggi
Prodi è sicuramente meno cupo, l'esecutivo è salvo, il 20 ottobre ha
perso. Rimangono le sue ragioni e il suo spirito, ma come uno spettro che
si aggira solitario.
Quando si subisce una sconfitta è bene ammetterlo apertamente, capirne le
cause e trarre delle conclusioni. La blindatura del paccheto welfare
attraverso il voto di fiducia dice due cose: che non c'è stata alcuna
possibilità di migliorare quel testo - né attraverso l'azione
parlamentare, né attraverso la mobilitazione sociale -, che il peso della
sinistra nel governo di cui fa parte è sostanzialmente irrilevante.
Presenza generosa ma facilmente superabile. In un quadro politico che si
prepara a cambiare rapidamente natura, con un governo tenuto in piedi solo
dalla prospettiva di una riforma elettorale fatta apposta per ridurre ai
minimi termini la rappresentanza di chi il liberismo lo subisce ed esaltare
il peso di chi lo esercita.
Evidentemente oggi gli spazi di condizionamento del pensiero dominante e
delle sue conseguenti pratiche di potere sono ancor più stretti di quel
piccolo pertugio che i meno pessimisti tra noi pensavano esistere. Forse
non ci sono proprio. E, allora, visto che Prodi si «assume tutte le
responsabilità» della fiducia su un pessimo testo, la sinistra dovrebbe
assumersi quelle di una sconfitta, lanciare un segnale forte a chi l'ha
votata e considerarsi libera dal vincolo di fedeltà verso un'alleanza che
ha ripudiato se stessa, spiegare a che serve la tanto evocata «cosa
nuova», perché sia un mezzo e non si riduca a un fine (su che cosa e per
fare cosa si convoca in «stati generali») e chiarirsi le idee sul
rapporto con il potere. Liberandosi dall'idea che tutto si giochi sullo
stare (o meno) al governo, ritornando al semplice concetto che senza una
politica fatta fuori da esso si è impotenti, perché è in quel fuori che
si ricostruisce una cultura e, poi, una prospettiva alternativa.
Senza la presa d'atto di ciò che è successo in questi mesi, senza questa
coscienza sul proprio «essere», si possono alzare i toni e minacciare
sfracelli. Ma poi si finisce col subire tutto, dalle leggi sulla
precarietà alla guerra in Afghanistan, dai Dico dimenticati alla sicurezza
emergenziale. Perdendo il senso di sé. E, nel loro piccolo, persino gli
elettori.