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Ricevo da Dijana Pavlovic (
http://freeweb.supereva.com/dijanapavlovic/)
Giovedì 19 aprile è stato convocata una seduta del consiglio di zona  
3, a Milano, aperto agli interventi dei cittadini e con la presenza,  
annunciata, del assessore Moioli e di Don Colmegna. Il tema era il  
cosiddetto "campo nomadi" all’interno del parco Lambro (soluzione  
temporanea per i Rom cacciati da Opera e in attesa di una soluzione  
definitiva).
Dato che era stata annunciata la massiccia presenza di attivisti  
della Lega Nord, di AN e dei “comitati cittadini contro i Rom” e  
che tra gli iscritti a parlare non c’era nessuno in nome dei Rom, la  
consigliera della Lista Fo (che è anche la mia lista) mi ha invitato  
ad intervenire.
La prima cosa triste che ho visto entrando, è stata un consigliere di  
zona con una maglietta con la scritta: “Zingari in zona 3? No  
grazie!” (vedi foto, “Un uomo può sorridere ed essere un  
malfattore!” W. Shakespeare).
Dentro la sala c’erano più di duecento persone che urlavano: "li  
vogliamo fuori dalle palle! Portateveli a casa vostra!..." Don  
Colmegna non c’era e mi hanno riferito che, prima che arrivassi io,  
l’assessore Moioli aveva tentato di parlare ma a causa delle urla  
disumane non si era capito nulla di quel che aveva detto.
E questo solo perché aveva tentato di esporre il suo “fantastico”  
progetto sugli “zingari”: recintati e controllati a vista  
continuamente ma non cacciati via, perché questo sarebbe illegale.
Gli interventi dei “cittadini” erano unanimi: “Questa è casa  
nostra, non li vogliamo, sporcano, rubano, non vogliamo trattare, se  
ne devono andare fuori dalle palle!”.
Qualcuno è arrivato persino al punto di prendersela con  
l’amministrazione per aver piantato degli alberi davanti al campo  
provvisorio, svelando un piano diabolico: nascondere i Rom e le loro  
attività criminali. La protesta si concretizzava nella geniale  
proposta di tagliare tutti gli alberi del parco, a fin di bene, e per  
la sicurezza dei cittadini onesti.
Avendo raggiunto il mio limite di sopportazione, sono uscita. E fuori  
ho incontrato nuovamente il consigliere in “maglietta”, così ho  
chiesto di poter fare qualche foto. Forse pensando che fossi una  
giornalista, il consigliere mi ha dato il permesso. Sembrava molto  
contento e orgoglioso. Nessuno ancora aveva capito chi io fossi.
Poi, una signora mi ha riconosciuto: “Ma è la zingara che ho visto  
in televisione!” ...un’attimo di stupore e di gelo e poi è  
partito un brusio generale che subito è divenuto un frastuono di  
insulti. Ma per fortuna mi hanno invitato ad entrare per il mio  
intervento.
Avevo preparato un discorso pacifico, nel quale si dice che porto la  
voce di tanti Rom di Milano, onesti e lavoratori, pronti al dialogo,  
al fine di trovare le migliori soluzioni abitative. Avrei anche  
voluto dire che le persone contro le quali si ribellano sono una  
quarantina di uomini donne e bambini (gli altri sono stati cacciati  
via, per una trasgressione del patto di legalità ma questa è  
un’altra storia di ingiustizia), tutta gente per bene, lavoratori,  
poveri ma con il diritto sacrosanto alla dignità umana.
Avrei voluto dire che anche ai Rom non piace vivere nei "campi", che  
chiedono alle istituzioni di impegnarsi a cercare altre soluzioni,  
insieme a loro. Non l’ho potuto dire.
Sono stata aggredita verbalmente e, poi, quasi fisicamente. Sono  
stata insultata: "Zingara di merda! Torna a casa tua! Non ti  
vogliamo! Fuori dalle palle!..."
Passati i tre minuti che mi erano concessi per l’intervento, la  
polizia, insieme a un’altro attivista in maglietta verde, sono  
venuti da me offrendomi la scorta per uscire. Ovviamente ho  
rifiutato, volendo rimanere fino alla fine.
Ho sentito il capogruppo di An in Provincia, De Nicola, dire: “Noi  
non siamo razzisti”, tenendo la mano sulla spalla dell’attivista  
in maglietta con scritta "zingari – no grazie".
Ho sentito l’assessore Moioli dire: “Ragazzi calmatevi, questi non  
rubano, lo sapete bene, perché questi sono controllati, il problema  
sono gli altri, quelli che sono fuori”.
Mi sono vergognata per quella poca gente (salvo rare eccezioni) che  
dice di essere di sinistra e che rappresenta la sinistra in quel  
consiglio che ha applaudito il discorso finale dell’assessore e che  
non si è alzata, non ha detto una parola o fatto qualcosa quando sono  
stata fortemente insultata.
Ma del resto, nel loro piccolo, dall’interno di un consiglio di  
zona, loro seguono la politica della sinistra milanese in generale  
che non ha la forza di alzare la voce contro questa barbarie e  
appoggia coloro che vogliono recintare, controllare, segregare.
A coloro che pensano di poter ignorare o sminuire il razzismo e  
l’odio gridatoci apertamente in faccia, che è come un virus che si  
sta allargando in tutta la Lombardia, chiederei una riflessione al di  
là dei giochi politici, di alleanze e di “bandierine”: non si è  
arrivati ad un punto dove è necessario dire basta, alzare la voce e  
fare qualcosa? Qual è il limite di sopportazione prima di condannare,  
chiaramente e apertamente, quello che sta accadendo?
E’ gia accaduto in passato, di non dare peso a posizioni simili,  
ignorando segnali precisi di razzismo e violenza. Sappiamo bene cosa  
ha portato.
Ma chiederei la stessa cosa a quelli come me, al mio popolo, ai Rom.  
Qual è il limite di sopportazione? Possiamo permettere ancora una  
volta questo virus? Non ci riguarda tutti quello che sta accadendo,  
nonostante in questo caso si tratti di Rom Rumeni? Non è forse la  
stessa cosa? Non ci toccherà tutti e anche presto? Non dobbiamo ai  
nostri antenati morti nei lager, a noi stessi e ai nostri figli, di  
unirci per una volta e far sentire ed ascoltare la nostra voce? O  
aspetteremo come sempre di subire quello che gli altri vogliono e  
decidono per noi?
La Storia ci dice che hanno sempre voluto e preso decisioni  
terribili. Perchè questa volta dovrebbe essere diverso? Perché  
viviamo in un paese democratico e in una società civile?
Io vengo da un paese che, in tutti questi anni, ho sentito definire  
non - democratico, un regime che negava diritti e libertà. Ma sono  
dovuta venire a Milano per sentirmi dire che avevo bisogno di una  
scorta, per il solo fatto di aver dichiarato la mia appartenenza  
etnica. Opre Roma!
di Dijana Pavlovic
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