[NuovoLab] L'opzione Barguti

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Author: ugo
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To: aderentiretecontrog8, forumgenova
Subject: [NuovoLab] L'opzione Barguti
IL 15 APRILE saranno cinque anni dall'arresto di Marwaii Barghouti, il più
popolare tra la nuova generazione di leader palestinesi. Barghouti è stato
condannato a cinque ergastoli, ma nonostante la deten-zione e quasi un anno e
mezzo di isolamento, continua a far sentire la sua voce. Per sua iniziativa,
dalle carceri dove sono rinchiusi oltre undicimila prigionieri, è partito il
documento in 21 punti che è, di fatto, la base per l'attuale governo di unità
nazionale palestinese. Un comitato internazionale ha iniziato la campagna di
pressione sul governo israeliano per chiedere la sua liberazione. Luisa
Morgantini, vice presidente del Parlamento europeo, da molto tempo impegnata
per la pace tra isrealiani e palestinesi, l'ha lanciata in Italia e nel
Parlamento europeo.
Qual è la situazione della società civile palestinese?
La cosa più sorprendente della società palestinese è la sua vitalità.
Nonostante la durezza dell'occupazione, i bombardamenti, i check point, gli
insediamenti illegali e l'isolamento internazionale, continua a resistere, a
organizzarsi, a tessere relazioni e a sperimentare forme di opposizione che
sono lontane dalla logica militare e degli attacchi contro i civili. Non
contesto il diritto a resistere all'occupazione, tuttavia la scelta militare,
avvenuta peraltro senza una strategia, è stata nefasta.
Detto questo, però, non possiamo nascondere le difficoltà che la lacerazione
interna sta producendo. Da un lato, la crescita di un movimento politico e
religioso come Hamas fa sentire il suo effetto, soprattutto su alcuni temi come
la condizione delle donne; dall'altro, di fronte al collasso delle precarie
istituzioni palestinesi - collasso cercato e voluto da Israele - stanno
riprendendo vigore le strutture sociali legate alle famiglie e ai legami di
clan. Siamo molto lontani dal fanatismo religioso iracheno o afghano, tuttavia
il conservatorismo avanza. Anche se il voto ad Hamas

è stato soprattutto un voto di disperazione per la crescita degli insediamenti
illegali, per l'aumento della pressione militare israeliana, che dal 2000 ha
peggiorato le condizioni di vita quotidiane. La società palestinese, poi, è
devastata dalla situazione economica e dalla costruzione del Muro, che sottrae
ancora terra e blocca merci e persone.
Tutto questo rende miracolosa ogni briciola di capacità, che sia la produzione
agricola biologica e solidale, o un centro culturale a Gaza, dove si
organizzano mostre anche sotto le bombe. Accanto a questa capacità, però,
cresce anche la rassegnazione, soprattutto per la scientifica distruzione di
tutte le strutture dello stato palestinese. Ultimamente a Nablus, per dare la
caccia a un solo ricercato, gli israeliani hanno di strutto a colpi di mortaio
l'archivio statistico e anagrafico palestinese. Un danno simbolico e anche
materiale.
In questo quadro, che ruolo potrebbe avere Marwan Barghouti?
Senza mitizzare la sua figura, possiamo dire che Barghouti rappresenta una
possibilità, per la sua autorevolezza come leader popolare e per il fatto che è
rispettato sia dal popolo che dagli apparati politici, compreso Hamas.
Barghouti non è mai stato accusato di corruzione, un argomento importante per
l'opinione pubblica palestinese, è nato e cresciuto sotto l'occupazione ed è
stato un grande sostenitore dell'accordo di Oslo. La sua autorevolezza lo rende
uno dei pochissimi uomini politici in grado di mantenere l'unità tra i
palestinesi e di sbloccare la situazione di stallo e isolamento in cui dopo le
elezioni del 2006 la comunità internazionale ha scelto, sbagliando, di
confinare i palestinesi.
Nel documento dei prigionieri di tutte le forze politiche c'è anche il
riconoscimento di Israele, visto che si parla dello stato palestinese nei
confini del 1967. Di fronte al caos che una guerra civile palestinese
innescherebbe, anche gli israeliani più accorti si stanno rendendo conto che la
liberazione di Barghouti è una possibilità seria. Si mormora soltanto, per ora,
e si sta trattando per uno scambio di prigionieri con il soldato sequestrato
Gilat Shalit.
Che ruolo potrebbe avere la società civile italiana in questo momento?
Il primo punto è cercare di mettere da parte divisioni e polemiche che hanno
più a che fare con la realtà italiana che non con le necessità del sostegno ai
palestinesi. Secondo, lavorare per rompere l'isolamento internazionale e
sostenere la prospettiva di «due popoli, due stati». Nel lungo periodo, in
Israele come in Palestina, stanno crescendo le voci, ancora poche e fioche, che
hanno il coraggio di pensare a uno stato democratico plurinazionale e
plurireligioso, tuttavia, la prospettiva rimane quella della fine immediata
dell'occupazione, e la creazione di uno stato palestinese sostenibile in
coesistenza con lo Stato d' Israele. Poi la storia farà il suo corso.
L'Europa è pronta a cambiare rotta sulla Palestina?
All'Europa sembra sempre mancare il coraggio per quel passo in più che
bilancerebbe l'attuale squilibrio. Come prima cosa dovrebbe riconoscere subito
il governo di unità nazionale.
Non è possibile poi, accettare quello che dice Israele, un negoziato diretto
con i palestinesi. Con i rapporti di forza esistenti, che negoziato potrebbe
esse-
re? Con l'intervento diplomatico durante la guerra tra Israele ed Hezbollah
l'Europa sembrava aver guadagnato credibilità, ma è un credito che si esaurisce
presto, se non si traduce in un'iniziativa diplomatica altrettanto forte per la
pace giusta tra israeliani e palestinesi. Boicottare il governo di Hamas, è
stato un errore, perché ha aumentato le tensioni tra i palestinesi, ha
consentito a Israele di incamerare i dazi palestinesi riscossi alle dogane e
continua a indebolire quel poco di struttura statale che resiste in Palestina.
Inoltre, spinge sempre di più la società palestinese verso l'influenza
religiosa, che già cresce per il peso del quadro internazionale. Se la lotta
palestinese fosse definitivamente assunta nella cornice di una contrapposizione
religiosa, come vorrebbero le destre israeliana e statunitense, ogni
prospettiva di soluzione negoziale si allontanerebbe. Anche in questo Barghouti
lancia un messaggio da ascoltare : laddove tutti parlavano di Intif ada di al
Aqsa [cioè della moschea di Gerusalemme, ndr] Barghouti parlava di Intifada
dell'indipendenza. Non è una sfumatura da poco.
L'Europa inoltre deve mobilitarsi per una Conferenza internazionale di pace,
che tenga in considerazione le proposte dei paesi arabi, e allo stesso tempo
fare pressione su Israele, perché fissi definitivamente i propri confini. Non
si può continuare a chiedere ai palestinesi di riconoscere Israele senza
chiedere con uguale fermezza a Israele di riconoscere lo Stato di Palestina.
Senza il rispetto degli impegni da parte israeliana, la frustrazione
palestinese, nata dal fallimento degù accordi di Oslo, che pure avevano molti
punti discutibili, è destinata ad aumentare. ■

Per sostenere la campagna a favore della liberazione di MARWAN BARGHOUTI e dei
prigionieri politici palestinesi, uomini e donne, si può contribuire sul conto
corrente 504090 di Banca Etica filiale di Roma via Rasella 14, intestato a
Associazione per la pace abi 05018 cab 12100. Nella causale indicare
"Prigionieri Politici" Le informazioni sulla campagna internazionale sono su
www.freebarghouti.org o si possono chiedere a Imorgantini@???

fonte Carta N° 12

hasta siempre



Ugo Beiso