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Author: Posta locale
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To: forumlucca
Subject: [Forumlucca] [Fwd: [decrescita] "La geopolitica fra i quattro giganti della terra" di Giulietto Chiesa]


-------- Messaggio Originale --------
Oggetto:     [decrescita] "La geopolitica fra i quattro giganti della 
terra" di Giulietto Chiesa
Data:     Fri, 02 Mar 2007 21:16:22 +0100
Da:     federico demaria <federicodemaria@???>
A:     decrescita@???




La geopolitica fra i quattro giganti della terra
di Giulietto Chiesa


Se dessimo un'occhiata un po' più attenta a questo mondo sempre più
ballerino sull'orlo del baratro, vedremmo che la situazione si può
descrivere con la regola del “3 contro uno”. E, forse, potremmo ricavarne
qualche suggerimento per l'immediato futuro, prima che la nuova guerra di
turno cominci, verso il grande scontro dell'Occidente con la Cina

Cos'è questa regola? I giganti del pianeta, al momento attuale, sono quattro
(dico al momento attuale, perché le cose camminano in fretta, e presto i
giganti diventeranno almeno cinque). L'accelerazione è simile all'andamento
di un corso d'acqua, che accelera il suo movimento nelle vicinanze di un
precipizio. Appunto.

I quattro giganti sono, lo sappiamo tutti, l'America, la Russia, la Cina,
l'Europa.

Ma non molto diversi tra loro. Tre di loro sono armati, e li metto
nell'ordine della loro potenza tecnologico-militare: America, Russia, Cina.
Il quarto è l'Europa, che non ha armi strategiche (il fatto che ce le
abbiano la Francia e la Gran Bretagna non influisce in modo sostanziale sul
ragionamento, perché l'Europa, in quanto tale, non è armata
strategicamente).

Tre contro uno. Non c'è alcun equilibrio possibile nelle attuali condizioni.

Guardiamo i quattro giganti dal punto di vista energetico. Di nuovo tre
contro uno. Perché solo uno dei quattro giganti ha grandi riserve di energia
sul proprio territorio e non ha nessun bisogno, al momento, di procurarsene
altre, con il denaro o con la forza. Al contrario, le vende. E questo paese
è la Russia. Gli altri tre, America, Cina, Europa, in maggiore o minore
misura, non hanno rilevanti fonti energetiche proprie. Il che significa che
devono procurarsele: o comprandole, o prendendosele con la forza. Sappiamo
dove, per il momento.

Di nuovo non c'è alcun equilibrio in questa equazione.

Guardiamo infine i quattro giganti dal punto di vista finanziario. Tre sono
paesi creditori (Cina, Russia, Europa), il quarto è un paese – gli Stati
Uniti d'America - mostruosamente indebitato, specie con i primi due, che
hanno fatto incetta di certificati di credito del tesoro americano e sono
oggi in condizioni di ricattare l'America con una cospicua massa di
centinaia di miliardi del suo eccesso di consumo. L'Europa, per ora, regge
la borsa e aiuta l'America, ma non sarà per sempre.

Altro, inquietante, motivo di disequilibrio strategico. Ancora tre contro
uno.

Il tutto, affinché non ce lo dimentichiamo, in presenza di due fattori
completamente nuovi sulla scena mondiale: il primo è l'avvicinarsi del
triplo picco delle energie diciamo così tradizionali: quello del petrolio,
quello del gas, quello dell'uranio. Detto in termini semplici: con gli
attuali ritmi di crescita, da qui al 2030 la domanda di idrocarburi sarà
quasi raddoppiata e, tenuto conto che la Cina (con il suo miliardo e 300
milioni di persone) sta passando da un consumo annuale pro capite di una
tonnellata di petrolio, a tre tonnellate annue, e che gli Stati Uniti
intendono fermamente restare sui propri livelli di consumo (8 tonnellate
annue pro capite), come l'Europa del resto (3 tonnellate pro capite), se ne
deduce che, essendo le risorse in idrocarburi definite, e all'incirca
calcolabili le capacità complessive di estrazione, si arriverà attorno a
quella data a un serissimo problema di reperimento delle risorse energetiche
tradizionali. Di carbone ce n'è un po' di più, ma la sua trasportabilità è
problematica e, in ogni caso, quando diminuiranno petrolio e gas e tutti si
getteranno con il carbone, il problema sarà ripetuto anche in quella
direzione.

Ecco perché tutti (specie quelli che, dopo Cernobyl, l'avevano abbandonata)
si vanno affrettando verso l'energia atomica. Russia, Cina, Stati Uniti,
Francia, Gran Bretagna, India, Pakistan, Brasile, Iran, Giappone, ecc. La
Russia, per esempio, che pure ha grandi riserve di petrolio, gas e carbone,
ha già avviato un programma di costruzione di 21 nuove centrali nucleari.

Ma l'atomo non ci salverà. Può solo fornirci un po' più di respiro. Con
questi ritmi di sviluppo dell'energia atomica le risorse del combustibile si
avvicineranno al picco, per poi decrescere, attorno alla metà del secolo, o
poco oltre. Ma i costi materiali della “dismissione” delle centrali obsolete
sono vertiginosi. E non si deve dimenticare che la nostra civiltà non ha
ancora risolto il problema di dove mettere gli scarti radioattivi della
produzione di energia atomica, che non sono riciclabili, e dureranno quanto
tutte le prossime 5000 generazioni umane. Cioè non ci sono risposte sicure
all'interrogativo se i nostri figli o nipoti potranno sopravvivere a un
tale, multiplo rischio di inquinamento radioattivo della terra, dell'acqua e
dell'aria.

E qui emerge l'altro immenso problema: questo sviluppo è ormai
ecologicamente “insostenibile”. A questa conclusione sono giunti ormai tutti
i più importanti centri di ricerca del mondo. Restano, a negare l'evidenza,
i public relation men (inclusi i professori universitari a pagamento) delle
grandi multinazionali, delle corporations che dirigono il mercato del
consumo mondiale. Ma il termine “insostenibile” ha ormai fatto breccia
perfino nei documenti ufficiali della Commissione Europea.

Dire che tutto ciò è insostenibile significa – scusate la tautologia , ma è
il premio Nobel per l'economia, Joseph Stiglitz a insistervi – che “non è
possibile sostenerlo”. In altri termini significa che, se continuiamo a
consumare tutto, energia e ogni tipo di risorse, ai ritmi attuali, noi
altereremo irrimediabilmente i contorni dell'ambiente in cui viviamo. Cioè
metteremo a repentaglio la esistenza di milioni, anzi miliardi, di persone.
Come ha detto il generale Gareev, presidente dall'Accademia Militare Russa
(illustrando recentemente i lineamenti della nuova dottrina militare russa),
tra non molto “si porrà il problema della sopravvivenza per interi popoli e
nazioni”. E, per quelli che hanno risorse energetiche nelle viscere dei
propri territori, l'alternativa sarà “tra resistere (all'aggressione
dall'esterno) o perire”.

Solo alla luce di queste considerazioni si può dare un'interpretazione
complessiva e unificante a fatti in apparenza diversi. Ecco perché la Russia
annuncia un drastico cambiamento nella dottrina della propria sicurezza
nazionale. E, in questa ottica, il durissimo discorso che Valdimir Putin ha
pronunciato a Monaco contro tutto l'Occidente (evidente errore, perché non
tiene conto della regola del “tre contro uno”) trova una sua spiegazione. E'
nella stessa ottica che l'agenzia Nuova Cina fa sapere al mondo intero che
un suo missile spaziale ha colpito e distrutto sperimentalmente un satellite
meteorologico in disuso: un balzo in avanti della tecnologia militare di
Pechino. Ci si lancia avvertimenti sempre più espliciti, messe in guardia,
minacce.

Ecco perché Bush manda la terza squadra navale all'imboccatura del Golfo
Persico (due ci sono già), trasferisce i bombardieri B-52 negli aeroporti
europei e turchi, distribuisce missili Patriot nei paesi del Golfo, progetta
di installare missili di media gittata, antimissile, in Polonia, per fare
fronte alla minaccia russa. L'attacco contro l'Iran, che avrà conseguenze
devastanti su tutti gli equilibri mondiali (altro errore, questa volta
americano, che non tiene conto della regola del “tre contro uno”), è in
preparazione a ritmi accelerati.

I dementi che lo stanno preparando hanno in testa una sola idea: mettere le
mani sui tesori nascosti nelle viscere del Medio Oriente, per prepararsi a
fronteggiare i tempi in cui dovranno informare i loro cittadini che, per le
note ragioni della deficienza energetica, bisognerà spegnere la luce e non
usare l'ascensore dalle ore 17 a mezzanotte.

Per fortuna negli Stati Uniti non tutti sono dementi. Lo prova il fatto che
Zbignew Brzezinski è andato alla Commissione Difesa del Senato degli Stati
Uniti (il 2 febbraio 2007) per dichiarare, urbi et orbi, che qualcuno, ai
vertici del suo paese, potrebbe spingersi fino al punto di organizzare un
atto terroristico interno sul territorio americano, per darne immediatamente
la colpa a Ahmadinejad e scatenare un'azione militare “difensiva” contro
l'Iran. Brzezinski, che non è l'ultimo sprovveduto, ha detto di considerare
questo uno “scenario plausibile”. E così veniamo a sapere da uno dei più
sagaci organizzatori di provocazioni, che all'interno dell'élite politica
americana vi sono, in posti chiave, dei terroristi (ovviamente niente
affatto islamici), capaci di uccidere a migliaia i propri concittadini per
avere un pretesto per attaccare un paese terzo (in questo caso pieno di
petrolio).

Non so cosa ne pensi chi legge queste righe (che difficilmente è stato
possibile leggere sui media europei, dato che nessuno le ha pubblicate), ma
a chi scrive ricordano molto lo scenario dell'11 settembre. I piani di
attacco, anche allora, erano già pronti sul tavolo di George Bush Junior, ma
occorreva un pretesto per attaccare Kabul e poi Baghdad. Il pretesto arrivò
proprio l'11 settembre. Chissà quale pretesto utilizzerà Bush per la
prossima guerra contro l'Iran.


Megachip, da Galatea

Giulietto Chiesa è tra gli autori dell'antologia Tutto in vendita – Ogni
cosa ha un prezzo. Anche noi

Fonte: Megachip – Democrazia nella comunicazione
http://www.nuovimondimedia.com/sitonew/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=2190

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