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Dopo il voto scoppiano le contraddizioni nella 
maggioranza
e la Cdl va all'attacco: "Il governo non ha i numeri, si 
dimetta"
Base Vicenza, Unione divisa
Parisi: "Serve un chiarimento"
Ma 
Chiti getta acqua sul fuoco: "Non era mica un voto di fiducia"
 
Franco Marini e Arturo Parisi
ROMA - "Serve un chiarimento, un 
chiarimento profondo". Il voto del Senato sulla base di Vicenza fa 
infuriare il ministro della Difesa Arturo Parisi e mette in mostra in 
modo chiaro le divisioni dell'Unione sul tema, anche se il ministro per 
i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti si affretta a precisare che 
quanto accaduto non va interpretato come un "voto di fiducia pro o 
contro il governo". "Il voto di fiducia - puntualizza - sulla base 
della Costituzione, della legge e della prassi, avviene su richiesta 
del governo o attraverso una precisa mozione da parte dei gruppi 
parlamentari, dunque non è consentita alcuna strumentalizzazione di 
propaganda su questo aspetto". 
Per Fausto Bertinotti "non è 
l'annuncio di una crisi, ma un episodio che esprime un elemento di 
difficoltà e manifesta un problema politico", da affrontare 
"all'interno della maggioranza affinché essa possa proseguire il suo 
cammino. Sarebbe saggio farsi aiutare da un sovrappiù di partecipazione 
popolare". 
Le argomentazioni di Chiti non fanno breccia nel 
centrodestra che chiede invece le "dimissioni" di Prodi, sottolineando 
come "nel centrosinistra si assiste a una serie di attacchi incrociati 
con la sinistra radicale contro l'Ulivo" accusato di aver fatto passare 
il documento della Cdl. E in effetti i conti dicono che proprio 
dall'Ulivo sono venute le defezioni decisive. I tabulati del Senato 
parlano chiaro: Natale D'Amico, parisiano della Margherita, ha votato 
con il centrodestra, Gavino Angius, Massimo Brutti, Paolo Bodini e 
Domenico Fisichella si sono invece astenuti (per il regolamento del 
Senato, però, questo vuol dire votare contro). 
Qualcun altro, però, 
ha preferito non essere presente in aula e far passare il testo del 
centrodestra: i "disertori" dell'Ulivo, stando ai tabulati, sono sei: 
Willer Bordon, Lamberto Dini, Andrea Manzella, Roberto Manzione, 
Graziano Mazzarello e Sergio Zavoli. Tanto che la capogruppo Anna 
Finocchiaro, pur sostenendo che il voto non creerà problemi al governo, 
dice: "Invito tutti alla riflessione anche quelli del mio gruppo che 
non hanno votato". 
Il ministro della Difesa è furioso. "Paradossale! 
L'unica cosa che si possa dire è che è necessario un chiarimento, un 
chiarimento profondo! La politica estera e di difesa è una cosa troppo 
seria, qualche volta addirittura drammatica. Ne parlerò innanzitutto 
con il presidente del Consiglio", dice quando apprende la notizia della 
sconfitta. 
Ma i reprobi della maggioranza non arretrano. "Ritengo - 
ha detto Bordon - che quando viene messo in votazione un ordine del 
giorno in cui si dichiara che la linea del governo viene approvata non 
si può votare contro". "Ho votato a favore di un ordine del giorno - 
chiosa il senatore D'Amico - con il quale il Senato ha approvato la 
comunicazione del ministro Parisi sulla base militare di Vicenza. 
Rimango convinto del fatto che la maggioranza abbia sbagliato votando 
contro. C'è un limite ai tatticismi". 
Tutte questioni che non 
convincono la sinistra radicale. "Le motivazioni - dice Giovanni Russo 
Spena, capogruppo di Rifondazione - vanno cercate al centro della 
coalizione. Noi siamo stati leali, di certo sulla base il governo non 
ha la maggioranza". 
Il centrodestra, intanto, con qualche eccesso 
come la richiesta di arresto del sottosegretario Ugo Intini intimata 
dal leghista Calderoli, si gode la vittoria. "Noi - dice il capogruppo 
forzista Renato Schifani - abbiamo approvato la relazione di Parisi e 
la maggioranza ha votato contro. E abbiamo vinto noi. Qui si è segnato 
un dato storico e il governo Prodi è in crisi e adesso il capo dello 
Stato attivi una verifica per vedere se questo governo ha una 
maggioranza in politica estera". 
(1 febbraio 2007)  Torna su