Basi militari americane Una storia di crimini e soprusi.
Di Antonella Randazzo
Gli Stati Uniti hanno oltre 800 basi militari sparse nel mondo. Tale livello 
di militarizzazione globale viene giustificato con l'esigenza di "sicurezza e 
protezione". Ma da chi? Chi sono i nemici? E se gli Usa non sono capaci di 
proteggere nemmeno se stessi da attentati aerei, a cosa possono servire questi 
enormi arsenali? Di sicuro gli effetti della militarizzazione sono devastanti 
ovunque. Con le basi militari, gli Usa introducono una cultura di guerra, di 
dominio e di violenza. Ovunque avvengono crimini contro la salute, l'ambiente, 
reati sessuali e di altro genere. Nell'esercito americano avvengono almeno 
14.000 casi di violenza sessuale ogni anno. Raramente i responsabili subiscono 
un processo perché vige ovunque il principio dell'extraterritorialità.
Nella base della Maddalena, in Sardegna, i danni ambientali sono enormi. Nel 
settembre del 2005 è stato rivelato che i sottomarini di attacco americani 
avevano gettato acqua radioattiva dai reattori, inquinando il Parco marino 
internazionale delle Bocche di Bonifacio. Invano l'allora deputato Mauro 
Bulgarelli chiese al Ministro italiano della Difesa: "Quali i provvedimenti 
presi durante questa delicatissima operazione?"[1] 
Già nel dicembre del 2003, Bulgarelli aveva sollevato domande sull'operato dei 
militari della base, ma incredulo si era trovato di fronte ad un atteggiamento 
arrogante: Sapete cosa ci ha risposto il comando del corpo militare italiano 
quando ci siamo allarmati per il modo in cui vengono stoccate le armi atomiche 
dalla Marina americana alla Maddalena? E quando ci siamo preoccupati per le 
procedure relative allo scarico dei residui radioattivi? Ci hanno risposto: "No 
comment". E' un insulto alla nostra sovranità nazionale![2]
Nell'ottobre del 2003 si era verificano un incidente al sottomarino nucleare 
Hartford, che aveva prodotto gravi danni. Le conseguenze dell'incidente sono 
state tenute segrete, ma gli abitanti avevano sentito un enorme boato. Anche 
nel 2000 si era verificato un incidente nella base di Camp Darby, in seguito al 
quale furono evacuate diverse armi, forse nucleari. La popolazione è tenuta 
all'oscuro di ciò che avviene nelle basi, e non c'è alcuna protezione per la 
salute dei cittadini. In caso di incidenti, lungi dall'avanzare proposte di 
giusto risarcimento, gli americani non ammettono nemmeno i danni prodotti. La 
Sardegna veniva chiamata dal Pentagono, già nel 1954, "A pivotal geographic 
location". Da molti anni il popolo sardo è privato di parte del territorio e 
subisce restrizioni e conseguenze di vario genere a causa delle basi militari 
americane. Nella base militare Capo S. Lorenzo-Quirra avvengono esercitazioni e 
sperimentazioni di tipo bellico. Il poligono si estende per più di 11.000 
ettari , e le zone interdette o pericolose per la navigazione sconfinano in 
acque internazionali e coprono oltre 2.800.000 ettari , una superficie più 
estesa di quella dell'intera Sardegna. Periodicamente viene organizzato lo 
"shopping della morte", con aziende come la Thomson , la Fiat , la Aerospatiale 
e la Alenia , che presentano nuovi armamenti e materiali di guerra da testare e 
di cui promuovere l'acquisto in tutto il mondo.
Nelle zone limitrofe ai poligoni si sono registrate morti strane e sospette. 
Ad esempio, a Quirra, un paesino di soli 150 abitanti, 20 persone sono morte di 
leucemia o tumori emolinfatici. Anche 10 persone che avevano lavorato nella 
base sono morte di cancro. A Escalaplano, un paesino di 2.600 abitanti, a nord 
del poligono, 14 bambini sono nati con gravissime malformazioni genetiche e 
patologie rarissime. I militari americani non riferiscono i particolari delle 
loro esercitazioni, e si sospetta l'uso di proiettili all'uranio impoverito. 
Negli ultimi anni sono aumentati i casi di tumori ossei e alla mammella, 
proprio dove si trovano i sommergibili americani a propulsione nucleare, a La 
Maddalena. I casi di "anencefalia" e di "cranioschisi" sono già stati 
riscontrati in altre zone ad alto inquinamento radioattivo, come spiega una 
mamma al giornalista Piero Mannironi: A cavallo tra il 1987 e il 1988... 
Ricordo che raccontai al genetista delle altre due donne della Maddalena che 
avevano avuto questo problema insieme a me. E lui mi disse che un'incidenza 
così alta di anencefalie, secondo uno studio scientifico internazionale, era 
stata riscontrata in una zona del Galles dove si effettuavano lavorazioni 
industriali che provocavano l'emissione continua di radiazioni.[3]
Nonostante i crimini e gli occultamenti da parte delle autorità militari 
americane, al ministro Arturo Parisi è bastata una vaga promessa di ritiro 
dalla Maddalena, avanzata dal segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, per 
annunciare la "conferma (del)l'affidabilità dei rapporti che ci legano agli Usa 
con la conclusione in amicizia della presenza alla Maddalena".[4] Ma le cose 
non sono da considerare così ottimisticamente come azzarda il ministro. 
Innanzitutto le autorità americane, non riconoscendo alcuna responsabilità di 
danni all'ambiente e alle persone, non parlano di bonifica né di risarcimento, 
e le intenzioni di ritiro sono vaghe e non escludono il permanere del controllo 
militare americano sulla zona. Le dichiarazioni di Rumsfeld sono seguite alle 
proteste molto decise da parte della popolazione sarda, che è ormai stufa 
dell'occupazione militare che è costretta a subire. La Maddalena è stata 
istituita in seguito a trattati conclusi nel 1972, e al suo interno viene 
riconosciuta l'extraterritorialità e l'extragiurisdizionalità, cioè tutto 
quello che accade non può essere controllato o penalmente perseguito dallo 
Stato italiano. Il trattato è rimasto segreto, né i cittadini né i parlamentari 
possono conoscerne tutti i contenuti, in offesa al potere sovrano democratico 
del popolo. Dagli anni Settanta numerosi medici e scienziati denunciano strani 
fenomeni genetici e una percentuale elevata di tumori, che sarebbero causati da 
sostanze radioattive prodotte dai reattori. Il governo italiano non ha mai 
fronteggiato la situazione, e non ha mai autorizzato controlli sanitari o 
ambientali. Il nostro governo ha persino negato la presenza di armamenti 
atomici nella base della Maddalena, che il Congresso americano e l'Assemblea 
Atlantica hanno confermano.
Dagli anni Cinquanta il governo italiano ha dato mano libera all'installazione 
di basi militari americane. Il potere attribuito agli Usa è enorme, se si pensa 
che non sono tenuti a precisare né l'ubicazione della base né le attività che 
si svolgono all'interno. Ciò è anticostituzionale perché viola gli articoli 80 
e 87, che prevedono la sovranità su tutto il territorio dello Stato. Il nostro 
territorio è disseminato di basi americane: Ghedi, Sigonella, Aviano, Camp 
Darby, Pisignano ecc.; le basi sono complessivamente 113. In Sardegna c'è il 
triste primato della morte, col 66% delle installazioni militari. La base 
militare di Sigonella, in Sicilia, è fornita di bombe atomiche, e produce un 
alto grado di inquinamento, spreco di energie e di acqua. La base, creata nel 
1984, ospita l'Helicopter Combat Squadron Four HC-4 Black Stallion, dotato di 
nove elicotteri pesanti MH-53E Sea Dragon per trasportare uomini, mezzi e 
munizioni. Lo squadrone partecipa alle operazioni militari americane in Europa, 
Africa e Medio Oriente. E' anche impegnato in operazioni belliche in 
Afghanistan e in Iraq. Le testate nucleari sono del tipo B 43, B 61, B 83, con 
potenza distruttiva variabile da 1 kiloton a 1,45 megaton. Sul territorio 
italiano sono presenti parecchi missili a testata nucleare. Soltanto nella nave-
balia Uss Emory S.Land, ormeggiata nelle acque di Santo Stefano ci sarebbero 
ben 34 missili a testata nucleare.
Nel 2003 sono partiti i missili contro la popolazione irachena in spregio 
all'articolo 11 della nostra Costituzione che "ripudia la guerra come strumento 
di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle 
controversie internazionali" Nel luglio del 2006 il governo israeliano chiese 
agli americani armi "speciali", che sarebbero partite dalla base italiana di 
Camp Darby (base posta fra il porto di Livorno e l'aeroporto di Pisa). Questa 
base nacque da accordi fra Italia e Stati Uniti conclusi nel 1951. Da Camp 
Darby sono partiti i missili contro l'Iraq e contro la Jugoslavia. Gli Stati 
Uniti hanno regalato ad Israele numerose armi di vario genere, come le bombe a 
guida laser (Gbu-28 ) che sono state sganciate nei raid notturni a Beirut 
durante l'aggressione al Libano del periodo luglio-agosto 2006. Le bombe 
partivano da Camp Darby, senza che gli italiani ne avessero notizia. 
L'organizzazione statunitense Global Security ha dichiarato che "il 31° 
squadrone munizioni che opera a Camp Darby è responsabile del maggiore e più 
disseminato arsenale di munizioni convenzionali delle Forze aeree Usa in 
Europa, consistente in 21.000 tonnellate collocate in Italia, e di due depositi 
classificati situati in Israele".[5] La base militare di Camp Darby ha assunto 
un ruolo importante nelle guerre del Mediterraneo, e rappresenta uno dei più 
grandi arsenali che gli Usa hanno all'estero. Nel 1991 quasi tutte le munizioni 
utilizzate durante la "Tempesta del deserto" provenivano da Camp Darby, come 
anche gran parte di bombe e granate utilizzate per la guerra in Kosovo e in 
Iraq. Dal 1990 al 1998 a Camp Darby sarebbero transitate almeno 22 mila 
tonnellate di munizioni e 3278 cluster bomb. L'uso bellico delle basi sul 
territorio italiano, di cui gran parte della popolazione è all'oscuro, è una 
delle tante prove che l'Italia è un "paese a sovranità limitata", le cui 
autorità sono corresponsabili dei crimini che gli Usa stanno commettendo in 
molti paesi del mondo. Ovunque nel mondo, in Iraq come in Afghanistan, in 
Romania, Bulgaria, Polonia, Italia, Pakistan, Singapore, Malesia, Filippine, 
India, Australia e persino in Vietnam, gli Stati Uniti stanno progettando nuove 
basi militari per accrescere il loro potere strategico e il dominio nel mondo. 
A Vicenza la popolazione è costretta a subire la creazione di un'altra base 
americana. Il nostro governo si è sentito obbligato a rispettare un trattato 
stipulato 60 anni fa e che oggi non ha più ragione d'essere. Il presidente del 
consiglio Romano Prodi ha sostenuto che l'Italia "deve rispettare gli accordi 
presi", ma non ha precisato che si tratta di accordi stipulati nel dopoguerra, 
e che appaiono oggi semplicemente assurdi. 
Anche in molti altri paesi del mondo le popolazioni sono costrette a subire 
l'occupazione militare americana. L'isola di Okinawa, nell'arcipelago 
giapponese, è di fatto una colonia militare americana da oltre 58 anni, 
occupata da ben 38 basi militari americane. Le basi americane assolvono a 
diversi scopi: sono basi strategiche da cui far partire le operazioni belliche, 
ma sono anche punti militarizzati per controllare la popolazione. Per assolvere 
quest'ultima funzione sono maggiormente militarizzati i paesi sconfitti durante 
l'ultima guerra mondiale (Germania, Italia, Giappone), e quelli in cui 
attualmente gli Usa stanno cercando di sottomettere la popolazione 
(Afghanistan, Iraq, alcuni paesi dell'Africa e dell'Asia). Dal dopoguerra, 
l'Italia (come la Germania e il Giappone) è considerato un paese da 
"proteggere", che nel linguaggio delle autorità americane significa da tenere 
sotto stretto controllo. Nel periodo della "Guerra Fredda" gli Usa 
giustificarono la militarizzazione dell'Italia con il pericolo di "minaccia 
sovietica". In un rapporto segreto americano del maggio 1962 si legge: La 
presenza delle forze americane in Italia garantisce un importante sostegno 
psicologico ai governi filo-occidentali di fronte alla minaccia 
dell'aggressione sovietica e costituisce l'evidente testimonianza dell'alleanza 
americana. Ciò d'altro canto contribuisce alla stabilità politica. Il ritiro 
delle forze sarebbe seguito da uno sviluppo di sentimenti neutralisti.[6] Per 
"stabilità politica", le autorità americane intendevano "subordinazione agli 
Usa". Si trattava di occupare militarmente zone la cui popolazione doveva 
essere costretta a subire la presenza di militari americani, come un continuo 
avvertimento su chi avesse il vero dominio del territorio. Di fatto, dopo la 
Seconda guerra mondiale, l'Italia cedeva la sua sovranità alle truppe 
americane, che potevano commettere impunemente ogni sorta di illegalità. Così 
accadde anche per la Germania e il Giappone. Nella base di Okinawa, da quando è 
stata istituita (1945), avvengono ogni sorta di violenze e crimini. Per 
giustificare la massiccia militarizzazione del Giappone, le autorità americane 
parlavano di "garanzia di sicurezza e pace", ma le popolazioni vivevano il 
fenomeno come un'occupazione militare, che perdura ancora oggi. L'articolo 5 
del trattato di sicurezza nippo-americano sosteneva che lo scopo delle basi 
militari era di "difendere il Giappone", ma non si specificava né da chi né 
come, ed era implicito che dovessero farlo necessariamente le truppe americane.
Negli anni Sessanta soltanto ad Okinawa c'erano 117 basi militari, diventate 
42 negli anni Novanta. Fra il 1972 e il 1995 i soldati americani commisero 4716 
crimini, in parte si trattava di violenze sessuali. I casi di violenza sessuale 
erano molto maggiori di quelli denunciati, in quanto molte donne si 
vergognavano a sporgere denuncia. Il Pentagono permetteva che i soldati 
colpevoli di violenze sessuali non subissero alcuna condanna. La rivista Nation 
denunciò che "coprire crimini sessuali è una precisa linea politica del 
Pentagono".[7] Nel settembre del 1995 suscitò molta rabbia e indignazione lo 
stupro di una bambina di dodici anni da parte di tre soldati americani. La 
polizia di Okinawa identificò i tre colpevoli, ma non poté arrestarli perché 
doveva rispettare il principio di "extraterritorialità", secondo il quale i 
soldati americani possono essere processati soltanto da tribunali americani. 
Ciò permette alle autorità americane di rendere impunibili i loro soldati. 
Nonostante le proteste della popolazione, i soldati americani non pagarono per 
lo stupro della bambina, e dopo il 1995 i casi di violenza sessuale 
aumentarono. Un insegnante di scuola media superiore, Ben Takara, chiese alle 
sue alunne se fossero mai state molestate dai soldati americani e un terzo 
delle ragazze rispose di sì.[8] Nella base di Okinawa avvengono esercitazioni 
con granate d'obice, che provocano gravi danni ambientali e incendi nelle 
foreste. Inoltre, viene prodotto inquinamento acustico, che ha provocato danni 
all'udito in molti abitanti dell'isola. Sull'isola di Torishima, a 100 
chilometri da Okinawa, fra il dicembre 1995 e gennaio 1996 sono state esplose 
1520 granate all'uranio impoverito. I cittadini giapponesi non sono mai stati 
informati del tipo di munizioni utilizzate nei poligoni. Oggi nelle basi 
americane continuano le esercitazioni che producono danni alla salute e 
all'ambiente, e le violenze e prepotenze contro la popolazione. La retorica di 
Washington vorrebbe far credere che le basi hanno motivazioni etiche: La nostra 
presenza preventiva garantisce la stabilità... La presenza delle forze armate 
americane... favorisce anche lo sviluppo democratico... offrendo un esempio 
chiaro e tangibile del ruolo apolitico dei militari americani.[9]
Per capire la verità occorre considerare i fatti, cioè che ogni base americana 
rappresenta un pericolo per la vita e il benessere delle popolazioni, e che i 
militari americani sono posti al di sopra delle leggi del paese che li ospita. 
Occorre temere il proliferare di questi centri della morte e del segreto che 
aleggia in essi. Si tratta di luoghi di potere e di guerra. Come osserva lo 
studioso Chalmers Johnson: "(C'è) una grande strategia volta a preservare o 
addirittura accrescere il potere americano... Ciò diventa chiaro allorché 
volgiamo la nostra attenzione ad alcune delle attività segrete in tutto il 
globo... di cui il Pentagono è a perfetta conoscenza ma di cui altri organi del 
governo e la popolazione tutta sono completamente all'oscuro".[10]
[1] 
http://www.forzearmate.eu/dblog/articolo.asp?articolo=82 
[2] 
http://www.amnistia.net/news/articles/corsdos/soumarin/eauradioact_901.
htm 
[3] Fonte: La Nuova Sardegna , 13-2-04 
[4] Liberazione, 9 settembre 2006.
[5] Il Manifesto, 23 luglio 2006.
[6] Perrone Nico, Perché uccisero Enrico Mattei, Edizioni L'Unità, Roma 2006, 
p. 58. 
[7] Nation, 1 luglio 1996. 
[8] Newsweek, 14 ottobre 1996.
[9] Department of Defence, United States Security Strategy for the East Asia-
Pacific Region, Washington , D.C. , Department of Defense, Office of 
International Security Affairs, febbraio 1995, pp. 23-24.
[10] Johnson Chalmers, Gli ultimi giorni dell'impero americano, Garzanti, 
Milano 2001, p. 101.
Fonte:Circolo Anarchico Ponte Della Ghisolfa    http://www.ecn.org/ponte/
hasta siempre
ub
Ugo Beiso