Ricevo da ISM Italia, mi spiace ma l'allegato mi viene bloccato perchè 
pesante.
Elisabetta
Palestina 2007: Genocidio a Gaza, pulizia etnica in Cisgiordania
di Ilan Pappe, The Electronic Intifada, 11 gennaio 2007
http://electronicintifada.net/v2/article6374.shtml
In un altro articolo sempre su Electronic Intifada, non molto tempo fa 
(Genocide in Gaza Ilan Pappe, The Electronic Intifada, 2 September 2006), 
affermavo che Israele sta attuando una politica di genocidio nella striscia 
di Gaza.  Avevo esitato molto prima di utilizzare questa  parola molto 
pesante e tuttavia avevo deciso di adottarla.  In effetti le reazioni 
ricevute, incluse quelle di alcuni dei più importanti attivisti dei diritti 
umani,  indicavano un certo imbarazzo circa luso di tale parola. Per un 
attimo sono stato tentato di rivedere il termine, ma torno a utilizzarlo 
oggi, anche con maggior convinzione: è lunico modo appropriato per 
descrivere quello che lesercito israeliano sta facendo nella striscia di 
Gaza.
Il 28 dicembre del 2006, lorganizzazione israeliana per i diritti umani 
BTselem  ha pubblicato il suo rapporto annuale sulle atrocità commesse da 
Israele nei territori occupati. Lesercito israeliano ha ucciso nellultimo 
anno 660 persone. Il numero di palestinesi uccisi  da Israele nellultimo 
anno  è tre volte quello dellanno precedente (circa 200). Secondo BTselem, 
gli israeliani hanno ucciso 141 bambini/ragazzi durante lultimo anno. La 
maggior parte delle persone uccise vivevano nella Striscia di Gaza, dove 
lesercito israeliano ha demolito circa 300 case e sterminato intere 
famiglie. Questo significa che dal 2000 lesercito israeliano  ha ucciso 
almeno 4000 palestinesi, la metà dei quali giovani;  più di 20.000 sono 
stati feriti.
BTselem è unorganizzazione prudente, e i numeri potrebbero essere più 
alti. Ma il punto  non è  lintensificazione degli omicidi intenzionali, ma 
la linea di tendenza e la strategia. Allinizio del 2007 i politici 
israeliani  stanno fronteggiando due realtà molto diverse in Cisgiordania e 
a Gaza. Nella prima essi sono più vicini che mai al completamento della 
costruzione del loro confine  orientale. Il loro  dibattito ideologico 
interno è finito e il loro piano generale per lannessione di metà della 
West Bank sta per  essere realizzato a velocità crescente. Lultima fase è 
stata ritardata a causa della promessa fatta da Israele, nella Road Map, di 
non costruire nuovi insediamenti. Israele ha escogitato due  vie per 
aggirare  questa presunta proibizione.  Primo, ha definito un terzo della 
West Bank Grande Gerusalemme e questo le permette di costruire, dentro 
questa nuova area annessa, città e centri comunitari. Secondo,  amplia i 
vecchi insediamenti  in modo da non avere bisogno di costruirne dei nuovi. 
Questo trend ha ricevuto un nuovo impulso nel 2006 (centinaia di caravan 
sono stati installati per marcare il confine delle espansioni, sono stati 
definiti i piani per le nuove città e  i nuovi quartieri e sono state 
completate le  bypass roads dellapartheid e il sistema delle autostrade). 
In totale gli insediamenti, le basi militari, le strade e il muro  
permetteranno a Israele di annettere almeno metà della West Bank dal 2010. 
Entro questi territori vi è un numero considerevole di palestinesi contro i 
quali le autorità israeliane  continueranno a  mettere in atto  lente e 
subdole politiche di pulizia etnica -  troppo banali per interessare i media 
occidentali e troppo vaghe perchè le organizzazioni per i diritti umani 
possano farne oggetto di osservazione. Non cè nessuna fretta; per quanto 
riguarda gli israeliani essi hanno preso il sopravvento: i meccanismi 
quotidiani di abusi e di deumanizzazione misti, militari e burocratici, sono 
come sempre efficaci nel garantire la propria quota al  processo di  
espropriazione.
Il pensiero strategico di Ariel Sharon  secondo cui questa politica è 
migliore rispetto  agli ottusi sostenitori del transfer (trasferimento) e 
della pulizia etnica, come sostenuto da Avigdor Liberman, è accettato da 
tutti nel governo, dal Labor a Kadima. I piccoli crimini del terrorismo di 
stato sono anche efficaci nella misura in cui permettono ai sionisti 
liberali in giro per il mondo di condannare debolmente Israele e allo stesso 
tempo etichettare ogni vera critica delle politiche criminali di Israele 
come anti-semitismo.
Daltra parte, non cè una chiara strategia israeliana, come quella per la 
striscia di Gaza; ma ogni giorno cè un nuovo esperimento. Gaza, agli occhi 
degli Israeliani è proprio una entità geopolitica diversa dalla West Bank. 
Hamas controlla Gaza,  mentre Abu Mazen sembra governare la West Bank con la 
benedizione israeliana e americana.  Non cè un lembo di terra a Gaza che 
Israele voglia e non cè un retroterra, come la Giordania, nel quale i 
Palestinesi di Gaza possano essere espulsi. La pulizia etnica là è 
inefficace.
La strategia iniziale a Gaza fu la ghettizzazione dei Palestinesi 
allinterno della striscia, ma questo non sta funzionando. La comunità 
ghettizzata continua ad esprimere la sua volontà di vivere con il lancio di 
razzi primitivi in Israele. Ghettizzare o mettere in quarantena comunità 
indesiderabili, anche quando sono viste come sub-umane o pericolose, non ha 
mai funzionato nella storia come soluzione. Gli Ebrei conoscono tutto ciò 
molto bene dalla loro stessa storia. I passi successivi contro queste 
comunità nel passato furono anche più orribili e barbari. E difficile dire 
che cosa il futuro riserva alla popolazione di Gaza, ghettizzata, messa in 
quarantena, indesiderata e demonizzata. Ci sarà il ripetersi di esempi 
storici terribili o sarà ancora possibile un destino  migliore?
Creare una prigione e buttare a mare la chiave, come  ha affermato  lo 
Special Reporter dellONU John Dugard,  è stata unopzione alla quale i 
Palestinesi di Gaza hanno reagito con forza a cominciare dal settembre 2005. 
Essi erano determinati a mostrare senza il minimo dubbio che erano ancora 
parte della West Bank e della Palestina. In quel mese lanciarono il primo 
significativo, in numero e non in qualità, sbarramento di missili nel Negev 
Occidentale. Il bombardamento fu la risposta alla campagna israeliana di 
arresti di massa di attivisti di Hamas e della Jihad Islamica nellarea di 
Tulkarem. Gli israeliani risposero con loperazione Prima Pioggia. E 
importante  soffermarsi per un momento sulla natura di quella operazione. 
Era ispirata dalle misure punitive inflitte per primi dai poteri coloniali, 
e poi dalle dittature, contro i ribelli imprigionati o le comunità  messe al 
bando.  Una manifestazione spaventosa del potere delloppressore di 
intimorire precedeva tutti i tipi di punizione brutale e collettiva e finiva 
con un grande numero di morti e feriti tra le vittime. In Prima Pioggia, 
aerei supersonici furono fatti volare su Gaza per terrorizzare lintera 
popolazione, seguiti da pesanti bombardamenti di vaste aree dal mare, dal 
cielo e dalla terra. La logica era, come lesercito israeliano spiegò, 
quella di creare  una forte pressione così da indebolire il sostegno della 
comunità di Gaza nei confronti dei  gruppi che lanciano i razzi. Come cera 
da aspettarsi anche da parte israeliana, loperazione fece aumentare 
soltanto il sostegno al lancio di razzi e diede slancio ai loro nuovi 
tentativi. E sembra che, immediatamente, la risposta fu: molto bene; vale 
a dire nessuno si interessò al numero dei morti e dei feriti Palestinesi 
lasciati sul terreno dopo la fine della operazione Prima Pioggia.
E da questo momento, da Prima Pioggia fino al giugno 2006, tutte le 
successive operazioni furono organizzate nello stesso modo. La differenza fu 
nella loro escalation: più potenza di fuoco, più caduti e maggiori danni 
collaterali e, come cera da aspettarsi, più missili Qassam in risposta. Le 
ulteriori misure nel 2006 furono mezzi più atroci per assicurare il completo 
imprigionamento della popolazione di Gaza, attraverso il boicottaggio e il 
blocco con il quale lUnione Europea sta ancora collaborando in modo 
vergognoso.
La cattura di Gilat Shalit nel giugno 2006 è stata irrilevante rispetto allo 
schema generale delle cose, ma malgrado questo ha dato una opportunità agli 
israeliani per aumentare ancor più larticolazione delle missioni tattiche 
e, come si asserisce punitive.
Dopo tutto, non cera ancora una strategia che aveva fatto seguito alla 
decisione tattica di Ariel Sharon di spostare 8.000 coloni, la cui presenza 
complicava le missioni punitive e il cui allontanamento dalla striscia lo 
aveva quasi reso un candidato per il premio Nobel per la Pace. Da allora le 
azioni punitive continuano e diventano esse stesse una strategia.
Lesercito israeliano ha il senso del tragico e quindi cè stata anche una 
escalation nel linguaggio. Prima pioggia è stato rimpiazzata da Piogge 
destate, un nome generico che fu dato alle operazioni punitive dal 
giugno 2006 (in un paese dove in estate non cè pioggia, le sole 
precipitazioni che si possono aspettare sono quelle delle bombe  degli F-16 
e dei colpi di artiglieria che colpiscono la popolazione di Gaza).
Piogge destate portò una ulteriore novità: linvasione di terra in parti 
della striscia di Gaza. Questo permise allesercito di uccidere civili ancor 
più efficacemente e di presentarlo come risultato di pesanti combattimenti 
allinterno di aree densamente popolate, un inevitabile risultato delle 
circostanze e non delle politiche israeliane. Alla fine dellestate arrivò 
Nebbie dautunno che fu anche più efficace: il primo novembre 2006, in 
meno di 48 ore, gli israeliani uccisero 70 civili; alla fine di quel mese, 
con mini operazioni aggiuntive, almeno 200 persone furono uccise, metà delle 
quali donne e bambini. Come si può vedere dalle date, qualche attività fu 
parallela agli attacchi israeliani in Libano, rendendo più facile effettuare 
le operazioni senza una grande attenzione dallestero, salvo qualche critica 
isolata.
Da Prima Pioggia a Nubi dautunno si può osservare  una escalation in 
ogni parametro. Il primo è la sparizione di ogni distinzione fra obiettivi 
civili e non civili: luccidere senza senso ha trasformato la popolazione 
nel suo complesso  nellobiettivo principale delle operazioni dellesercito. 
Il secondo è  una escalation nei mezzi: uso di ogni tipo di strumento per 
uccidere da parte dellesercito Israeliano. Terzo, lescalation è diventata 
significativa nel numero dei caduti: in ogni operazione e per ciascuna 
operazione futura un maggior numero di persone probabilmente possono essere 
uccise e ferite. Infine, ed è la cosa più importante, le operazioni 
diventano una strategia - il modo in cui Israele intende risolvere il 
problema  della striscia di Gaza.
Un transfer (trasferimento) strisciante nella West Bank e una politica di 
genocidio controllato nella striscia di Gaza sono le due strategie che 
Israele utilizza oggi.
Da un punto di vista  elettorale quella a  Gaza è problematica nella misura 
in cui non raggiunge nessun risultato tangibile; la West Bank sotto Abu 
Mazen sta cedendo alla pressione israeliana e non cè lì una forza 
significativa capace di bloccare  la strategia israeliana di annessione e di 
espropriazione. Ma Gaza continua a rispondere al fuoco. Da una parte questo 
potrebbe permettere allesercito israeliano di iniziare operazioni più 
massicce di genocidio in futuro. Dallaltra parte vi è anche il pericolo 
grave, che come è accaduto nel 1948, lesercito chieda una azione 'punitiva' 
e collaterale più drastica e sistematica contro la popolazione assediata 
della striscia di Gaza.
Ironicamente, la macchina di assassinio israeliana si è fermata ultimamente. 
Anche un numero relativamente alto di missili Qassam, inclusi uno o due 
quasi mortali, non hanno spinto lesercito allazione. Anche se il portavoce 
dellesercito dice che  tutto questo è una limitazione voluta, non è mai 
accaduto in passato e non è probabile che faranno così in futuro. Lesercito 
riposa, come se i suoi generali fossero soddisfatti degli assassini 
fratricidi che infuriano a Gaza e che fanno il lavoro al posto loro. 
Osservano con soddisfazione il sorgere della guerra civile a Gaza, che 
Israele fomenta e incoraggia. Dal punto di vista israeliano il problema non 
è come Gaza sara ridimensionata demograficamente, se dal suo interno o per 
gli omicidi israeliani. La responsabilità di porre fine agli scontri interni 
è ovviamente dei gruppi Palestinesi stessi, ma linterferenza americana e 
israeliana, limprigionamento permanente, la fame e lo strangolamento di 
Gaza sono tutti fattori che rendono questo processo di pace interno molto 
difficile. Ma esso avverrà presto e ai primi prossimi segni  che si torna 
alla calma, loperazione israeliana 'Piogge destate' cadrà di nuovo sul 
popolo di Gaza, portando morte e devastazione.
E non bisognerebbe mai stancarsi di trarre le ineluttabili conclusioni 
politiche di questa realtà orribile dellanno che ci siamo lasciati dietro 
le spalle e di quella che ci aspetta. Non vi è nessuna altra via per fermare 
  Israele oltre il boicottaggio il disinvestimento e le sanzioni. Noi tutti 
dovremmo sostenere il boicottaggio con chiarezza, apertamente, senza 
condizioni, senza riguardo a quello che i guru del nostro campo ci dicono 
sullefficienza o la ragion dessere di queste azioni. LONU non interverrà 
a Gaza come ha fatto in Africa; i premi Nobel per la pace non si 
schiereranno a favore del boicottaggio come hanno fatto per le cause del 
Sud-Est asiatico. Il numero di persone uccise non commuoverà come avviene 
per altre calamità, e non è una storia nuova  è una storia pericolosamente 
vecchia e preoccupante. Il solo punto debole di questa  macchina di morte è 
che i suoi tubi per lossigeno sono collegati alla civiltà e alla opinione 
pubblica occidentale. E ancora possibile bucarli e rendere almeno più 
difficile per gli israeliani di realizzare la loro futura strategia di 
eliminazione del popolo palestinese con la pulizia etnica nella West Bank o 
con il genocidio nella striscia di Gaza.
Ilan Pappe è docente al Dipartimento di Scienze Politiche dellUniversità di 
Haifa  e Presidente  dellIstituto per gli studi sulla Palestina Emil Touma 
di Haifa. Tra i suoi saggi, The Making of the Arab-Israeli Conflict (London 
and New York 1992), The Israel/Palestine Question (London and New York 
1999), La storia della Palestina moderna, Einaudi 2004, The Modern Middle 
East (London and New York 2005) e lultimo, The Ethnic Cleansing of 
Palestine (2006).
Traduzione a cura di ISM-Italia
ISM- Italia
info@???
ISM-Italia è il gruppo di supporto italiano dellISM.
LInternational Solidarity Movement (ISM 
www.palsolidarity.org) è un 
movimento palestinese impegnato a resistere alloccupazione israeliana 
usando i metodi e i principi dellazione-diretta non violenta. Fondato da un 
piccolo gruppo di attivisti nel 2001,  ISM ha lobiettivo di sostenere e 
rafforzare la resistenza popolare assicurando al popolo palestinese la 
protezione internazionale e una voce con la quale resistere in modo 
nonviolento alla schiacciante forza militare israeliana di occupazione.
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