Author: Alessio Ciacci Date: To: forumlucca Subject: [Forumlucca] alcune piccole parole di fine anno da condividere con
chi ha volgia di leggerle...
Mi chiedo cosa significa vivere e cerco delle risposte.
Un passo della Bibbia mi colpisce.
"Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i nostri fratelli. Chi non ama rimane nella morte...Da questo abbiamo conosciuto che cos'è l'amore: dall'avere Cristo dato la sua vita per noi! Noi pure dobbiamo spendere la nostra vita per i nostri fratelli"
Personalmente, da agnostico, non penso a Cristo nella mia ricerca interiore ma sento molte similitudini tra il messaggio evangelico e la mia tensione morale verso una laica giustizia sociale. Allo stesso modo un grande cattolico come Giulio Girardi, in uno dei suoi ultimi libri, scrive di un rivoluzionario come Che Guevara, guardando alla sua azione proprio come ad un'azione sociale che dovrebbe esser cara ai cattolici praticanti.
Mi chiedo dunque da cosa possa partire quella tensione morale che, sia da un punto di vista religioso che laico d’impegno politico, porta con se una carica emotiva capace, quando vissuta nel profondo, di vincere battaglie importantissime.
Rifletto e ritengo che quella tensione morale è frutto dell’unica cosa che dà un significato alla nostra vita e per cui vale la pena vivere: l’amore.
L’amore inteso non come rifugio individualista in sentimenti soggettivi o di coppia, bensì come propensione all’altro, all’incontro, all’uscire dal sé.
Penso che quando non si riesce ad amare difficilmente si riesce a vivere nel profondo e ancor più difficilmente si riesce a donarci all’altro.
Michel Quoisot scrive "Possa (il giovane) avere un amico, un fratello che l'aiuti ad uscire da se stesso e a darsi agli altri, altrimenti diverrà schiavo di se stesso, incapace di amare"
E’ dunque solo grazie all’amore che possiamo sperare, come scrive Arturo, di liberarci per liberare. Di passare dalla speranza, alla costruzione di un futuro migliore, per tutta l’umanità.
Un altro passo della Bibbia recita “Carissimi amiamoci l’un la’ltro perché l’amore è da Dio…colui che non ama non ha conosciuto Iddio, perché egli è amore”.
Nella concezione del “Satyagraha” Gandhi teorizzava l’amore come un fattore essenziale della strategia della nonviolenza, determinante per l’azione collettiva quanto per quella individuale, motore primo di cambiamento.
L’amore dunque riveste, in noi, un ruolo essenziale sia del nostro agire personale che sociale e politico. L’amore può essere la bussola prima per guidarci, per poter costruire con altri valorizzazione di umanità. Assenza di amore per gli altri e narcisismo rischiano di farci impazzire come un gatto che si morde la coda e corre sempre più alla ricerca di qualcosa di effimero ed inutile.
Amore è dunque uscire dal sé, pronti al nuovo, ad abbandonare l’amore solo verso di sé per aprirsi all’altro. E’ solo se si accetta di voler uscire dal sé che si può trovare un incontro con l’altro ed è solo se siamo pronti ad amarlo che possiamo veramente incontrarci. Amare è comunicare, amare è sfidare se stessi, amare è creatività, amare è l’unica cosa che può salvarci dalla miseria.
Quella miseria che si incontra nei poveri come nei ricchi e che toglie anima dai nostri occhi, colore dalla nostra anima, felicità dai nostri cuori, rende incomprensibili parole come condivisione ed incontro.
Amare fa soffrire ma solo chi si rinchiude nei propri castelli, solo e senza coraggio, pieno di viltà e miseria, è certo di non soffrire a causa degli altri. Ma morirà negando se stesso.
La sofferenza è invece crisi e la crisi è crescita quando guidata dall’amore e da una vera e profonda ricerca.
E’ solo con l’amore che si può pensare ad una rivoluzione possibile, ad una società migliore. Ed è solo con la tensione morale della rivoluzione che si può davvero amare, sinceramente e profondamente.
E’ solo con l’amore che possiamo liberarci da egoismi che ci ostacolano nell’espressione piena di umanità, di solidarietà, di fratellanza, di uguaglianza, di libertà.