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From: Coord. Naz. per la Jugoslavia 
To: jugoinfo@??? ; crj-mailinglist@??? 
Sent: Saturday, December 16, 2006 12:59 PM
Subject: [JUGOINFO] "TERRORE ROSSO"
"TERRORE ROSSO"
Riportiamo, senza bisogno di alcun commento, l'articolo dell'agenzia 
di regime italiana ANSA sull'ondata revanscista in atto nella "nuova 
Serbia democratica" del dopo-Milosevic.
Si tratta di una riscrittura della storia di segno monarchico, 
nazionalista-cetnico e fascista-collaborazionista, oggi in auge in 
Serbia analogamente a quanto avviene in tutti i Balcani ed in tutti i 
paesi dell'Europa "liberati" dal socialismo e dal comunismo (Italia 
compresa: si pensi ai libri di Pansa o alla propaganda 
neoirredentista sulle "foibe").
Riportiamo questo articolo come esempio emblematico di "giornalismo" 
da Guerra Fredda fuori tempo massimo, con il suo carico di faziosità 
anticomunista, omertà mafiosa sulla condizione della Jugoslavia 
occupata dalle truppe di Mussolini ed Hitler, retorica grand- 
guignolesca, e squisite menzogne secondo la lezione della propaganda 
di guerra antijugoslava: quella propaganda che, dopo avere 
accompagnato lo squartamento della RFSJ negli anni Novanta, continua 
ancora oggi, violentissima, grazie allo zelante contributo di 
professionisti del genere come Alessandro Logroscino. (AM)
SERBIA: DOPO 60 ANNI RIABILITATE VITTIME TERRORE ROSSO /ANSA
(di Alessandro Logroscino) (ANSA) - BELGRADO, 27 NOV - Si dischiudono 
dopo 60 anni, in clamoroso ritardo persino rispetto alla 
destalinizzazione sovietica, le porte della riabilitazione legale per 
le prime vittime del terrore rosso jugoslavo in Serbia: scatenato 
nella fase iniziale del regime di Tito, all'indomani della presa del 
potere a Belgrado. Rese possibili da una legge varata appena 7 mesi 
fa, le sentenze destinate a restituire onore postumo ad alcune delle 
migliaia e migliaia di persone che caddero nella rete delle 
repressioni politiche hanno cominciato a essere formalizzate in 
questi giorni. In un clima di nuovi interessi storici, profonda 
rivisitazione del passato - e talora di uso strumentale delle vicende 
d'allora - che rompe comunque con decenni di censura. A richiamare 
l'attenzione dei media contribuisce anche un anniversario che ricorre 
proprio oggi: quello legato alla pubblicazione, il 27 novembre 1944, 
della lista delle prime 105 persone giustiziate sommariamente dalle 
forze partigiane titine subito dopo il loro ingresso a Belgrado. Una 
decimazione di gruppo che coinvolse simpatizzanti veri o presunti 
della resistenza nazional-monarchica serba dei cetnici (rivale negli 
anni precedenti di quella comunista), ma pure intellettuali sgraditi, 
figure genericamente sospette, bersagli di classe o vittime di 
espropri, saccheggi e vendette pure e semplici. Un'avanguardia di 
quella che sarebbe diventata nell'arco di un decennio una schiera di 
morti dimenticati: liquidati a carrettate e sotterrate perlopiu' in 
fosse comuni negli anni dell'ascesa e del consolidamento del potere 
di Josip Broz, detto Tito. Quelli del rigore ideologico e della 
spietatezza di regime, ancora lontani dalla rottura definitiva con 
Stalin e dalla svolta che avrebbe fatto del maresciallo di Belgrado 
l'icona di una sorta di socialismo dal volto umano. O quasi. In 
totale, fra il 1944 e l'inizio degli anni '50, la mannaia del 
bolscevismo in salsa jugoslava ''chiuse gli occhi per sempre a 65.000 
persone nella sola Serbia'', spiega all'Ansa il professor Srdjan 
Cvetkovic, docente di storia contemporanea all'Universita' di 
Belgrado e autore di un libro fresco di stampa, 'Tra falce e 
martello', dedicato alle repressioni di quell'epoca. ''Nello stesso 
periodo altri 200.000 serbi finirono nei gulag di Tito'', aggiunge 
Cvetkovic, ricordando poi tra gli episodi piu' sanguinosi quello 
dell'eccidio di Dedinje: quartiere borghese per antonomasia di 
Belgrado - divenuto nei decenni successivi rifugio di lusso della 
nomenklatura comunista - dove in un sol giorno la polizia politica 
catturo', condanno' sbrigativamente e stermino' piu' di 900 persone. 
''Elementi ostili'', secondo il linguaggio rivoluzionario, ai quali 
e' stato negato a lungo pure il diritto alla memoria. In una cappa di 
silenzio mantenuta saldamente in vigore ancora nella stagione 
dell'ultimo despota jugosocialista di Belgrado: quello Slobodan 
Milosevic capace negli anni '90 di servirsi del nazionalismo serbo e 
di sobillarne anche i lati piu' oscuri, ma senza mai mettere in 
discussione i dogmi della vulgata storiografica rossa ne' i miti di 
una nomenklatura da cui egli stesso pretendeva di trarre 
legittimazione. A cambiare le cose e' intervenuta ora la legge del 25 
aprile 2006, approvata dall'attuale parlamento serbo su impulso del 
governo del premier Vojislav Kostunica, un nazional-moderato che non 
nasconde le sue simpatie per le tradizioni della Serbia monarchica e 
ortodossa. E con il consenso di quasi tutte le maggiori forze 
politiche odierne, favorevoli - sia pure con accenti diversi - a un 
atteggiamento di revisionismo storico. Ecco dunque le prime richieste 
di riabilitazione, avanzate in questi mesi dai discendenti di 250 
vittime del terrore di 60 anni or sono per cancellare il marchio 
d'infamia lasciato in eredita' dai carnefici. Richieste che la corte 
distrettuale incaricata di occuparsene ha cominciato a esaminare. Le 
prime tre sentenze d'assoluzione post mortem sono arrivate questa 
settimana. Tra i beneficiari c'e' Momcilo Nincic, bollato come 
traditore per essere stato ministro degli esteri nel governo 
monarchico in esilio a Londra durante l'occupazione nazi-fascista 
della Jugoslavia. E Miljko Petrovic, un piccolo industriale del legno 
di Cacak (Serbia centrale), internato come nemico di classe. Ma c'e' 
anche una 'brava comunista', Kosovka Milosevic (niente a che vedere 
con Slobo), gia' tenente dell'armata popolare partigiana, finita al 
muro solo per aver denunciato nei primi anni '50 il malcontento 
generale della popolazione della provincia del Kosovo, inquieta fin 
d'allora. Olga Nincic, figlia novantenne di Momcilo, ha accolto 
l'evento come ''la riparazione di un'ingiustizia''. E, per quanto 
vedova di un convinto militante titino, si e' detta ''felice d'essere 
sopravvissuta sino a questo giorno''. Altri, viceversa, attendono 
ancora. Come Milica Veselinovic, figlia di Mihajlo Veselinovic, noto 
industriale belgradese d'anteguerra ucciso a Dedinje. L'unica 
consolazione - dice all'Ansa - e' d'aver potuto dare di recente ''una 
sepoltura degna'' al genitore: dopo averne riesumato la salma dal 
luogo in cui era stata celata, grazie alle confidenze ricevute 30 
anni fa da un ex prigioniero di guerra italiano - ''della provincia 
di Napoli'' - costretto a suo tempo dai boia a fare da becchino. Un 
''benefattore'' mai identificato che la signora Milica spera ora di 
poter ritrovare. Insieme con la redenzione giudiziaria del padre. 
(ANSA). LR
27/11/2006 17:41
http://www.ansa.it/balcani/serbiamontenegro/20061127174134124114.html
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