Author: Alessio Ciacci Date: To: forumlucca Subject: [Forumlucca] Fw: [hyperlink] campagna contro Coca Cola-Pepsi
Coca e Pepsi prosciugano l'India
La denuncia di Vandana Shiva: per produrre un solo litro di bevande se ne
inquinano circa dieci di acqua potabile
Secondo la scienziata ecologista indiana la Coca Cola e la Pepsi rientrano a
pieno titolo nell'insieme di prodotti tossici o pericolosi che dovrebbero
essere banditi per tutelare la salute dei cittadini e dell'ambiente.
Il 22 agosto scorso la campagna Coke Pepsi quit India (Coca e Pepsi lascino
l'India) ha intensificato le attività per la messa al bando di queste due
bevande con una speciale giornata di mobilitazione. Lo stato del Kerala ha
messo in pratica il divieto. Gli stati di Karnataka, Madhya Pradesh, Gujarat
e Rajasthan hanno proibito queste bevande nelle scuole e nelle mense del
governo. In India, insomma, si stanno creando delle zone "libere" da Coca e
Pepsi.
Ma perché mettere al bando queste bevande? In India, per una serie di
ragioni di ordine ambientale e sanitario molto consistenti. Ogni impianto di
Coca o di Pepsi "beve" tra uno e due milioni di litri d'acqua al giorno, e
nel nostro paese di questi impianti ce ne sono 90, con un prelievo idrico
quotidiano tra i 90 e i 180 milioni di litri. Con tali quantità di acqua si
potrebbero soddisfare le esigenze idriche di milioni di persone. Per
produrre un solo litro di bevande come la Coca e la Pepsi, invece, vengono
inquinati circa dieci litri di acqua potabile. Nei reflui di questi impianti
il Pollution control board del Kerala ha rilevato alte concentrazioni di
cadmio e piombo. È scientificamente dimostrato che esposizioni al cadmio
protratte nel tempo possono causare disfunzioni renali, danni alle ossa, al
fegato e al sangue. Il piombo invece danneggia il sistema nervoso centrale,
i reni, il sangue e il sistema cardiovascolare. Le donne di un piccolo borgo
del Kerala sono riuscite a far chiudere un impianto della Coca Cola. «Quando
bevi Coca Cola, stai bevendo il sangue delle persone» ha dichiarato Mylamma,
fondatrice del movimento anti Coca Cola a Plachimada.
L'impianto di Plachimada rappresenta un caso ormai storico ed emblematico.
Era stato progettato nel marzo del 2000 con l'obiettivo di produrre ogni
giorno 1.224.000 bottiglie di Coca Cola e ottenne la licenza per installare
una pompa. Ma iniziò, anche, a estrarre illegalmente milioni di litri di
acqua potabile. Secondo la gente del luogo, l'impianto pompava almeno un
milione e mezzo di litri al giorno. Il livello della falda iniziò ad
abbassarsi vertiginosamente, passando da 150 a 500 metri di profondità. I
contadini e gli abitanti dei villaggi denunciarono il fatto che non
riuscivano più a mettere da parte l'acqua necessaria perché continuavano a
spuntare nuovi pozzi, con gravi impatti sul raccolto agricolo. Quando le
accuse furono confermate dal fatto che l'azienda non era in grado di fornire
un rapporto dettagliato richiesto dalle autorità locali, fu mandata
un'ingiunzione a comparire in tribunale e la licenza fu revocata. A quel
punto la Coca Cola provò, senza riuscirci, a corrompere il presidente del
Panchayat, A. Krishnan, offrendogli 300 milioni di rupie.
Ma la Coca Cola non si limitava a rubare l'acqua alla comunità locale:
quella che non prendeva, la inquinava. L'azienda infatti ha depositato del
materiale di scarto nei pressi dell'impianto che, durante la stagione delle
piogge, si è disperso nei campi, nei canali e nei pozzi. Dopo che ben 260
pozzi messi a disposizione dalla pubblica autorità come sorgenti di acqua
potabile per la popolazione si erano esauriti, la Coca Cola li ha utilizzati
come deposito per le sue acque di scarto di lavorazione. Nel 2003,
l'ufficiale medico distrettuale ha informato la popolazione di Plachimada
del fatto che la loro acqua non era più potabile. Le donne, che già avevano
notato che l'acqua della zona non era più sana, dovevano quindi camminare
per miglia per raggiungere fonti di acqua potabile.
Insomma, la Coca Cola aveva creato una penuria di acqua in una zona
tradizionalmente ricca di risorse idriche, scaricando acque reflue che
contenevano alte concentrazioni di piombo, cromo e cadmio. Esiste solo
un'unica è chiarissima regola per quanto riguarda la questione dell'utilizzo
delle risorse idriche: il fondamentale diritto umano all'acqua potabile,
pulita e sicura non può essere violato. Mentre la Coca Cola e la Pepsi lo
stanno violando.