[Forumlucca] Manifestazione di Massa a Oaxaca

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Author: Alessio Ciacci
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Subject: [Forumlucca] Manifestazione di Massa a Oaxaca

Manifestazione di Massa a Oaxaca
Centinaia di migliaia di persone hanno riempito le strade per chiedere la cacciata del governatore
di John Gibbler
Indymedia NYC
5 novembre 2006
http://www.narconews.com/otroperiodismo
Oggi l'Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca (APPO) ha dato la sua risposta alle dichiarazioni del governatore Ulises Ruiz secondo il quale il conflitto a Oaxaca è limitato "ad una strada della capitale".
Centinaia di migliaia di manifestanti che reclamavano l'uscita del governatore hanno coperto 3 miglia dell'autostrada federale 190
"Questo mostra l'unità delle persone", ha detto un manifestante che non ha declinato il suo nome.

Alle 10 di mattina, membri della APPO e sostenitori venuti da tutto lo stato e dal paese hanno cominciato a radunarsi al monumento a Benito Juarez, a circa 4 miglia dal centro storico di Oaxaca.

Il giorno prima una carovana di quasi 100 macchine, autocarri ed autobus era partita da Città del Messico per unirsi alla manifestazione. Hanno impiegato più di dodici ore per raggiungere la città di Oaxaca, il doppio del tempo necessario a causa dei posti di blocco militari installati per intercettarli lungo la strada. La carovana ha incotrato anche difficoltà per fare rifornimento di benzina perché alla maggior parte delle stazioni di servizio era stato stato ordinato di non servirli.

La mattina presto, prima dell'arrivo della manifestazione, la Polizia Federale Preventiva (PFP) aveva chiuso tutti gli accessi allo Zocalo con barricate di filo spinato alte quasi due metri. Sono stati collocati agenti scelti sui tetti degli edifici circostanti e raddoppiati i cordoni di poliziotti antisommossa a protezione delle barricate.

Il corteo sembrava relativamente piccolo, circa 4 mila persone, quando è partito dal monumento di Juarez ma si è subito ingrossato con le persone ed i sostenitori che si univano al corteo lungo il percorso.

Solo 30 minuti dopo era impossibile scorgere la coda del corteo dal ponti pedonali che attraverano l'autostrada.

Per tutta la lunghezza del corteo, centinaia di persone dei quartieri circostanti si sono radunate per applaudire, offrire acqua e arance ai manifestanti ed unirsi poi alla manifestazione.

C'erano poche maschere, cartelli e bandiere, ma soprattutto persone che camminando sotto un cielo di nubi gridavano slogan contro il governatore.

La tensione cresceva mano a mano che i manifestanti raggiungevano il centro storico passando tra due blocchi di barricate protette dalla polizia. Le auto che aprivano il corteo hanno svoltato su Porfirio Diaz ma molti manifestanti gridavano di proseguire diritto, verso lo Zocalo. Gli organizzatori della APPO hanno rapidamente formato un muro umano per chiudere la strada e dirigere il corteo verso la Cattedrale di Santo Domingo.

Quando i manifestanti hanno raggiunto la piazza di fronte a Santo Domingo, alcune centinaia di persone si sono dirette allo Zocalo per affrontare la polizia, ma ancora una volta gli organizzatori della APPO hanno fatto cordone davanti ai contestatori esortandoli ad ad evitare lo scontro.

"Vogliamo mostrare che la nostra lotta è pacifica e giusta", ha detto un insegnante di mezza età di Tlaxiaco che non ha lasciato il suo nome. "E' Ulises Ruiz che manda le persone per uccidere. Com'è possibile che sia capace di ingaggiare assassini e starsene in carica?".

Quando ho chiesto della battaglia di giovedì fuori dell'università statale, mi ha risposto che gli studenti: "non hanno attaccato; lsi sono difesi da un attacco in una battaglia impari perché quei poliziotti erano armati fino ai denti. Se loro attaccano, le persone devono difendersi come possono".

ATTACO CONTRO LA RADIO

Per il secondo giorno di seguito, poco prima delle 7 del mattino, uomini armati hanno aperto il fuoco sulla stazione radio di Radio Universidad, questa volta ferendo uno studente di 22 anni, Marcos Sanchez Martinez. E' ricoverato ora in condizioni critiche in un ospedale pubblico della zona.

(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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OAXACA BRUCIA
Non possono cacciarci dalla nostra città"
(di Claudio Albertani)

Oaxaca è oggi lo specchio del Messico. Una ricchezza indecente si mescola
qui
con una povertà insultante: i palazzi coloniali nascondono a mala pena le
case di cartone, i numerosi ipermercati esibiscono merci inaccessibili ai
più, i pistoleros e le guardie bianche massacrano chiunque protesti.

Crogiolo di culture -zapoteca, mixteca, triqui e mixe-, negli ultimi anni la
città capitale è stata rimessa a nuovo e trasformata in una colossale
impresa
turistica che apporta molti soldi agli investitori e poco o nulla agli
indigeni che continuano ad essere vittima di un razzismo crudele anche se,
paradossalmente, essi costituiscono la principale attrazione locale.

In queste condizioni non è possibile governare senza ricorrere alla violenza
mafiosa. Come Felipe Calderón -il presidente "eletto" che sostituirà Fox il
primo dicembre- il governatore di Oaxaca, Ulises Ruiz Ortiz (del PRI) è
arrivato al potere per la via di una colossale frode elettorale e dunque
senza la minima legittimità. Come i suoi predecessori, si sostiene grazie
all'alleanza con i cacicchi locali e ad un patto tacito con il PAN, il
partito del presidente Fox.

Nel 2004, appena eletto, Ruiz dichiarò guerra al quotidiano indipendente
Noticias, mandando a bruciare i chioschi dove si vende ed occupando
militarmente la sua sede, senza tuttavia riuscire a farlo tacere. Poi venne
il turno della Sezione 22 del sindacato degli insegnanti elementari -70.000
aderenti-, un organismo indipendente con una lunga tradizione di lotta e
radici profonde nella realtà locale.

Il 14 giugno di quest'anno, Ruiz fallì un tentativo di sgomberare il centro
della città occupato dagli insegnanti della Sezione 22 in sciopero per
ottenere l'equiparazione salariale. La popolazione li difese spontaneamente
e
nei giorni successivi vi furono due grandi manifestazioni alle quali
parteciparono decine di migliaia di persone.

Il 23 giugno, circa 400 organizzazioni sociali dettero vita alla APPO -
Asamblea Popular del Pueblo de Oaxaca-, foro permanente ed organo
decisionale
del movimento. Significativamente, la voce Pueblo fu trasformata poi in
Pueblos, per indicare la pluralità dei partecipanti e l'esplicita esclusione
dei partiti politici tradizionali.

L'occupazione si rafforzò e, di fronte ai persistenti attacchi dei
paramilitari, si innalzarono centinaia barricate non solo nel centro, ma
anche nei quartieri periferici (se ne sono contate fino a 3000). Il
movimento
si unì intorno ad una domanda non negoziabile: la cacciata di Ulises Ruiz.
Venne istituita una commissione formata da delegati revocabili con il
compito
di portare avanti le trattative con il governo federale. Di fronte
all'assenza di una risposta chiara, la APPO rispose occupando gli uffici di
governo, la procura della repubblica ed il parlamento locale.

Il 5 luglio, tre giorni dopo le elezioni presidenziali, la APPO si proclamò
unico governo legittimo di Oaxaca, il che non è una affermazione esagerata
se
si considera che da allora Ulises Ruiz ha fatto solo rare apparizioni in
città e le istituzioni ufficiali operano nella clandestinità.

Una data molto importante è il 22 agosto quando di fronte ad un'ennesima
aggressione, la APPO assunse il controllo delle 12 stazioni radio di Oaxaca
trasformate da allora in strumenti di comunicazione alternativa.

I grandi problemi nazionali ed il movimento contro la frode presidenziale
fecero passare in secondo piano la situazione di Oaxaca. Le trattative con
la
sezione 22 e con la APPO continuarono, senza tuttavia approdare a nulla. In
un certo senso questa assenza dello stato offrì un respiro al movimento che
rinsaldò la sua anima autogestiva ed anti-istituzionale.

Continuò tuttavia la sporca guerra di Ulises Ruiz contro la APPO e a
principio di ottobre vi erano già una dozzina di vittime. Le cose
precipitarono venerdì 27 ottobre quando paramilitari e pistoleros del PRI
ammazzarono Brad Will, giornalista indipendente di Indymedia e due membri
della APPO in scaramucce verificatesi presso barricate situate nel comune di
Santa Lucia del Camino, a pochi chilometri dal centro di Oaxaca. Tali
provocazioni furono usate dal governo federale per giustificare l'intervento
della Policia Federal Preventiva (PFP), un corpo militarizzato,
specializzato
in operazioni di ordine pubblico e controinsurrezione.

Il ministro degli interni, Carlos Abascal, lanciò un ultimatum: consegnare
immediatamente il centro storico della città, gli edifici pubblici e gli
uffici di governo o attenersi alle conseguenze. Nel frattempo, la PFP
avanzava su Oaxaca allo scopo di "rimuovere le barricate e liberare le vie
di
comunicazione". Sabato notte, la APPO esortava il popolo a rinforzare
l'autodifesa.

Domenica 29, la città fu sigillata ed isolata dal resto del Messico: non si
entrava e non si usciva se non attraverso i posti di blocco dell'esercito.
Verso le ore 14, 4.000 agenti della PFP appoggiati da elicotteri e blindati
occuparono Oaxaca. Nel frattempo, circa 5.000 soldati prendevano posizione
nei punti nevralgici delle regioni circostanti.

Simultaneamente, la Agenzia Federal de Informaciones (AFI) e la Procura
della
Repubblica perquisivano le case degli attivisti della APPO e della sezione
22.

Alle 19, dopo varie ore di scontri, la PFP riuscì ad entrare nello zócalo
(piazza principale) prendendo possesso delle radio occupate che interruppero
quindi le trasmissioni. Domenica sera trasmetteva solo Radio Universidad,
ultimo bastione della comunicazione alternativa in città.

Di fronte ai gas lacrimogeni ed agli idranti che sparavano acqua con acido
(non si sa quale e soprattutto si ignorano i suoi effetti), la APPO si
difese
con pietre, bottiglie molotov ed incendio di autobus. Malgrado l'occupazione
riuscì ad organizzare immediatamente una manifestazione di protesta alla
quale parteciparono varie migliaia di persone.

All'imbrunire la città presentava un aspetto desolato: veicoli in fiamme,
case danneggiate, strade distrutte. E nuove vittime: l'infermiere Jorge
Alberto López Bernal, il maestro Fidel García ed un ragazzo di 12 anni,
ancora non identificato. Vi erano inoltre circa 60 detenuti -tra i quali un
numero indeterminato di torturati- decine di abitazioni perquisite ed un
numero indeterminato di desaparecidos.

Verso sera la APPO si ripiegava in direzione della Città Universitaria
mentre
il centro si copriva nuovamente di barricate che, in pratica, circondavano i
militari che dormivano nello zocalo (dopo aver saccheggiato i negozi).

Lunedì 30 ottobre, in città non vi era elettricità e neppure trasporto
pubblico. Le televisioni ammettevano che la PFP non riusciva a controllare
la
situazione mentre la APPO continuava a tenere alcune barricate nei quartieri
periferici. Martedì 31, aveva ripreso il controllo di una parte del centro
nei prssi della piazza Santo Domingo.

Sebbene è improbabile che la APPO riesca a mantenere le sue postazioni, è
chiaro che la storia non è finita. "Non possono cacciarci dalla nostra
città"
era lo slogan che trasmetteva in continuazione Radio Universidad assediata
dai paramilitari e dalla polizia.

Nel frattempo arrivava la solidarietà dell'EZLN che mercoledì primo novembre
realizzava blocchi stradali in Chiapas ed una concentrazione a Città del
Messico con la partecipazione del comandante Zebedeo. Nei prossimi giorni, è
possibile che il conflitto si estenda ad altre regioni.

La Comune di Oaxaca non è morta.