Author: antonio bruno Date: To: forumgenova, forumsociale-ponge CC: aderentiretecontrog8, fori-sociali Subject: [NuovoLab] "PARTIRE DALL'AFGHANISTAN PER COSTRUIRE UNA POLITICA DI
PACE"
06 07 13 Menapace e Martone Costruire politica di pace
DOCUMENTAZIONE. "PARTIRE DALL'AFGHANISTAN PER COSTRUIRE UNA POLITICA DI
PACE". UN APPELLO DI ALCUNI PARLAMENTARI
[Attraverso la mailing list di
Attac-Roma (per contatti:
attac_roma@???) riceviamo e
diffondiamo il seguente appello
sottoscritto da alcuni parlamentari]
Il nostro obiettivo primario resta il ritiro delle truppe italiane
dall'Afghanistan, ed una radicale trasformazione della presenza dell'Onu e
dell'Unione Europea in quel paese, nonche' un ripensamento dell'intervento
della Nato al di fuori del contesto nordatlantico.
Il ritiro del
contingente militare italiano dall'Iraq rappresenta una svolta importante
sulla quale costruire una nuova politica estera di pace e multilateralismo
solidale.
Questa svolta non puo' dirsi compiuta se sulla guerra in
Afghanistan non e' stato possibile assumere un'esplicita posizione comune
nel programma dell'Unione.
Ciononostante, le forze di sinistra ed il
movimento della pace nelle sue varie espressioni sono riusciti a strappare
con difficolta' una mediazione che valutiamo positivamente.
Essa prevede
il congelamento della presenza militare italiana sul campo, respingendo le
pressanti richieste della Nato, soprattutto di aerei da combattimento,
l'aumento della componente civile, ed il monitoraggio parlamentare.
Pensiamo che a queste condizioni sara' possibile costruire un percorso che
possa creare le premesse per una radicale trasformazione della presenza
italiana in Afghanistan, nella prospettiva di un ritiro delle truppe a
vantaggio di forme efficaci di promozione della sicurezza umana e dei
diritti fondamentali delle popolazioni afgane, nonche' di prevenzione
politica e sociale del conflitto.
Tuttavia l'aumento dell'impegno
militare italiano nell'operazione Enduring Freedom, sotto comando Usa,
prospettato nel decreto di rifinanziamento appare palesemente in
contraddizione con un tale percorso.
Chiediamo pertanto al Governo
un'ulteriore riflessione ed un ripensamento.
Prendiamo atto delle
decisioni che ora la coalizione e' in grado di assumere ma siamo
intenzionati a sviluppare un'iniziativa costante a livello politico e
parlamentare per far si' che agli impegni presi segua un effettivo
cambiamento di rotta della politica estera italiana in Afghanistan.
*
Francesco Martone, Silvana Pisa, Piero Di Siena, Giovanni Battaglia,
Giovanni Bellini, Maria Luisa Boccia, Paolo Brutti, Jose' Luis Del Roio,
Guido Galardi, Nuccio Iovene, Giorgio Mele, Lidia Menapace, Sabina
Rossa,
Anna Maria Palermo
5. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UN PROFONDO
DISSENSO DALL'APPELLO CHE PRECEDE E
UNA PREGHIERA ANCORA
L'appello che
presentiamo sopra e' sottoscritto anche da persone cui ci lega
un'antica
e profonda amicizia. Amicizia che non e' in discussione.
Cio' che
obiettiamo ai firmatari e' che, se il testo che ci e' pervenuto e'
corretto e se interpretiamo bene le loro parole, essi infine "prend[ono]
atto delle decisioni che ora la coalizione e' in grado di assumere" con
cio'
intendendo la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra
in
Afghanistan.
Cosicche', pur persuasi che la guerra sia un male e che
la pace sia un bene,
non solo subiscono la prosecuzione della
partecipazione italiana alla guerra
afgana, ma la avallano di fatto
poiche' ad essa non dichiarano - almeno
finora - che intendono opporsi
esplicitamente nel modo in cui nelle
assemblee democratiche con potere
deliberativo ci si esprime: con il voto.
*
Crediamo che cio' significhi
commettere due errori, anzi tre.
Il primo: farsi sostenitori de facto
della guerra e recarne la
corresponsabilita' qualora si voti a favore del
decreto del governo che la
prosecuzione della partecipazione militare
italiana alla guerra afgana
stabilisce.
Il secondo: violare la
Costituzione, che all'art. 11 e' esplicita ed
ineludibile: a una guerra
come quella in corso in Afghanistan l'Italia non
puo' partecipare, chi
delibera in senso opposto agisce contro la
Costituzione; il fatto che
altri lo abbiano gia' fatto prima non autorizza a
farlo di nuovo, cosi'
come il fatto che nel corso della storia tanti omicidi
siano stati
commessi non legittima l'omicidio. Qualora si voti a favore del
decreto
che la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla
guerra
afgana stabilisce, la violazione della Costituzione e' flagrante.
Il
terzo: almeno una delle persone che hanno sottoscritto il testo che
precede e' da sempre figura di riferimento dell'impegno di pace. Un suo
voto
a favore della guerra sarebbe una palese contraddizione.
In questo
momento di terribile confusione in cui alcuni pretendono di
chiamare
missione di pace quella che e' partecipazione alla guerra, e molti
stanno
cedendo alla guerra facendosi scudo del fatto che anche alcune
persone
buone stanno parimenti cedendo, noi ancora una volta preghiamo
coloro che
in passato alla guerra seppero opporsi di non cedere ad essa ora.
*
E
per dirla tutta: per chi scrive queste accorate righe non e' in
discussione la stima e l'affetto per Lidia Menapace, come non era in
discussione la stima e l'affetto per Norberto Bobbio, e la stima e
l'affetto
per Alex Langer, in vicende passate che con la presente hanno
qualche
analogia di fondo: ma che gli sciagurati guerrafondai possano
abusivamente
farsi scudo del nome di Norberto Bobbio, o di Alex Langer, o
di Lidia
Menapace, questo ci indigna e ci addolora.
Il parlamento
italiano sara' chiamato al voto tra pochi giorni. Il
parlamento che anche
noi abbiamo eletto. E poiche' l'Italia e' una
democrazia parlamentare, il
potere di fare le leggi e' del parlamento; ed e'
il parlamento quindi che
decidera' la guerra o la pace. Sappiamo bene che
pressoche' la totalita'
delle forze politiche presenti in parlamento e' per
la guerra. Ma almeno
le persone che alla guerra sono state sempre contrarie
non si
dimentichino di se stesse, e per quanto e' in loro potere difendano,
con
la pace, la Costituzione, la dignita' del popolo italiano e delle
istituzioni democratiche, le vite di coloro che la guerra invece uccide.