Da:
http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/
Ferrara, 2/1/2006
Scrivo la storia di quel che è successo a Federico, mio figlio.
Non
scriverò tutto di lui, non si può raccontare una vita, anche se di soli
18 anni appena compiuti.
È morto il 25 settembre, il giorno di natale
sono stati tre mesi…
Ho sempre pensato che sopravvivere ad un
figlio fosse un dolore insostenibile. Ora mi rendo conto che in realtà
non si sopravvive. Non lo dico in senso figurato. È proprio così. Una
parte di me non ha più respiro. Non ha più luce, futuro…
Perché il
respiro, la luce e il futuro sono stati tolti a lui.
Sabato 24
settembre è stato un giorno sereno, allegro…
Dopo la scuola il pranzo
insieme, chiacchiere, risate. Era ancora estate, faceva caldo. Ha
portato a spasso il suo amico cane. Non lo faceva spesso, ma quel
giorno è andato con la musica in cuffia. Tutto in quel giorno aveva un’
aura speciale.
Pensandoci ora è come se avesse voluto salutare tutti
noi. Ha avuto sorrisi per tutti… la gioia era lui.
Ha incontrato la
compagnia, ha fatto il suo lavoretto di consegna pizza.
Il programma
della sera prevedeva un concerto a Bologna.
Prima di partire è passato
da casa per cambiarsi le scarpe, rotte giocando a pallone…
È stata l’
ultima volta che l’ho visto vivo.
Ha salutato tutti, compreso il
fratello che dormiva già, chiedendomi perché Stefano non avesse
risposto al suo saluto.
Anche una sua amica mi ha confermato che
quella sera era sereno, che l’ha salutata sorridente con la solita
pacca sulla spalla e l’appuntamento al giorno dopo…
Non è mai esistito
il giorno dopo.
Al Link il concerto era stato annullato. Quindi la
serata è trascorsa lì dentro.
L’hanno detto i compagni che erano con
lui, non posso definirli amici, e le analisi lo hanno confermato. Uno
dei ragazzi gli ha venduto una sostanza, una pasticca o simili.
Lo
definiscono lo sballo del sabato sera. È sbagliato si. Ma non si muore
di questo…
Federico lo sapeva bene. Era stato partecipe di un progetto
scolastico di ricerca e informazione promosso dalla provincia. So che
la sua era una conoscenza approfondita con ricerche sui siti delle asl,
conosceva le sostanze e gli effetti. Ed era a suo modo un igienista.
Aveva grande cura del suo corpo, di quel che mangiava. Era uno
sportivo. Una ragazzo splendido pieno di salute.
E di progetti:
pensava alla musica, al suo futuro, lo studio serviva a costruire il
futuro.
Nell’immediato c’erano le cose semplici: la patente dopo pochi
giorni, il karate, un band musicale da organizzare con gli amici, e la
vita di tutti i giorni cercando di stare bene…
Trascorsa la serata
il gruppo era rientrato a Ferrara, tornati al punto di incontro dove i
più avevano lasciato le macchine o i motorini.
Federico era a piedi.
Era partito da casa in macchina con Michy, che poi non era andato a
Bologna.
Erano ormai le cinque del mattino. I ragazzi hanno raccontato
che gli hanno offerto un passaggio ma Federico non aveva voglia di
rientrare subito. Sarebbe tornato a piedi. Era vicino a casa…
Dal suo
cellulare si vede che ha chiamato diversi altri amici. Specialmente i
suoi migliori amici, un paio di volte ciascuno. Forse per chiedergli se
erano ancora fuori… sembra che nessuno gli abbia risposto. I ragazzi
che conosco mi hanno detto che avevano già spento il cellulare per
dormire.
E poi non so cosa sia successo esattamente. A quell’ora mi
sono svegliata, forse non del tutto, chiedendomi se Federico fosse
rientrato. Avevo una stanchezza invincibile non riuscivo a muovermi.
Poi ho sentito un rumore nella sua stanza ed ero sicura che fosse lì…
Mi sono risvegliata che erano quasi le otto.
Ho cominciato a chiamarlo
e ad inviare messaggi. Nulla…
Non era possibile che non rispondesse.
Se tardava mi avvisava sempre. Diceva che lo stressavo ma non voleva
farmi stare in pensiero. Mi aggrappavo all’idea che avesse solo perso
il cellulare…
Poi l’ha chiamato anche suo padre. Sul cellulare di
Federico il padre è memorizzato col solo nome, Lino.
Una voce ha
risposto.
Ha imperiosamente chiesto chi fosse al telefono, ed ha
chiesto di descrivere Federico.
Poi si è qualificato come agente di
polizia, ed alle nostre domande ha risposto che avevano trovato il
cellulare su una panchina dalle parti dell’ippodromo e che stavano
facendo accertamenti. Ed ha riattaccato.
Immediatamente ho cercato in
Questura, e ho cercato anche ripetutamente un amico che ci lavora.
Nulla.
Il centralinista rispondeva: c’è il cambio di turno… non sono
informato…, appena avremo notizie chiameremo noi…
Niente per altre tre
ore!!!! Passate nell’angoscia e nelle telefonate frenetiche agli
ospedali, ai suoi amici e di nuovo ripetutamente alla questura.
Nel
frattempo Stefano è accorso in bicicletta alla ricerca del fratello.
Ringrazio il cielo che non sia andato nel posto giusto.
La polizia è
venuta ad avvisarci solo verso le 11. dopo che lo avevano portato via.
Il suo corpo è rimasto sulla strada dalle 6 alle 11.
E non mi hanno
chiamata. Era mio figlio. Nessuno ha il diritto di tenere una mamma
lontana da suo figlio!
E mi hanno detto che lo hanno fatto per me…
perché era meglio che non vedessi.
In quel momento gli ho creduto.
La polizia ha detto che un’abitante della zona aveva chiamato perché
sentiva delle urla.
Dicevano anche che si era ferito sbattendo da solo
la testa contro i muri.
Questo si è rivelato falso. Smentito dalle
verifiche. Federico era sfigurato dalle percosse.
Molto tempo dopo ho
riavuto i suoi abiti. Portava maglietta, una felpa col cappuccio e il
giubbotto jens. Sono completamente imbevuti di sangue.
Hanno detto che
non voleva farsi prendere. Che ha lottato ed è salito anche in piedi
sulla macchina della polizia. I medici hanno riferito che aveva lo
scroto schiacciato, una ferita lacero-contusa alla testa e numerosi
segni di percosse in tutto il corpo. Ho potuto vedere solo quella sul
viso, dalla tempia sinistra all’occhio e giù fino allo zigomo, e i
segni neri delle manette ai polsi. L’ho visto nella bara. Il suo corpo
non sembrava più allineato e simmetrico. Il mio bambino era perfetto, e
stupendo. L’hanno distrutto…
E la polizia mi raccontava che era
drogato. Che si era fatto male da solo. Che tutto questo era successo
perché era un povero tossico e noi sfortunati…
Lo vogliono uccidere
due volte. Le analisi hanno confermato che quel che aveva preso era
irrilevante. Non certo causa di morte né di comportamenti aggressivi.
Semmai il contrario.
Quel che penso è che Federico fosse terrorizzato
in quel momento. Gli stava crollando il mondo addosso. La vergogna di
essere fermato dalla polizia, la patente allontanata perché aveva preso
una pasticca. E aveva dimenticato la carta di identità.
Quella mattina
nel vicinato dicevano che era morto un albanese. Nessuno si preoccupava
più di tanto…
Ha certo cercato di scappare. Di non farsi prendere.
Visto com’era ridotto si capisce come lo abbiano fermato. Quando lo
hanno immobilizzato, ammanettato a pancia in giù non ha più avuto la
forza di respirare.
Chissà quando se ne sono accorti?
L’ambulanza è
stata chiamata quando ormai non c’era più niente da fare. E nemmeno
allora lo hanno portato all’ospedale per provare un intervento estremo.
Lo hanno lasciato lì sulla strada. Cinque ore. Poi lo hanno portato all’
obitorio. E solo allora sono venuti ad avvisarci.
Perché?
Se fosse
vero che dava in escandescenze da solo perché non è stata chiamata
subito l’ambulanza?
Perché atterrarlo in modo tanto violento e
cruento? Era solo. Non c’era nessuno. Era disarmato. Non era una
minaccia per nessuno.
Perché aspettare tanto prima di avvisare la
famiglia? Chiaro. Per non farcelo vedere…
Se lo avessimo visto così
cosa sarebbe successo? Che risonanza avrebbe avuto?
Sul giornale
del giorno dopo un articolo che dichiarava che era morto per un malore…
tratto dal mattinale della questura.
Il giorno dopo sull’altra
testata cittadina “Federico sfigurato”. Immediate controdeduzioni del
Capo Procura: “non è morto per le percosse”… questa è stata la prima
ammissione di quanto successo.
Ad oggi ancora non sono stati
depositati ufficialmente gli esiti degli esami medici. Sono emersi solo
alcuni dettagli che ho citato prima.
Quel che non mi da pace è il
pensiero del terrore e del dolore che ha vissuto Federico nei suoi
ultimi minuti di vita. Non ha mai fatto male a nessuno. Credeva nell’
amicizia che dava a piene mani. Era un semplice ragazzo come tanti.
Come tutti i ragazzi di quell’età si credeva grande ma dentro non lo
era ancora. Aveva tutte le possibilità di una vita davanti, e una gran
voglia di viverla…