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Sent: Thursday, January 12, 2006 6:52 PM
Subject: Fw: [aa-info] Il keynesismo militare di John Stiglitz
>I FRUTTI DELLA GUERRA
> Il keynesismo militare di John Stiglitz
> ENZO MODUGNO
> Il Nobel per l'economia Joseph E. Stiglitz (www.josephstiglitz.com) 
> finalmente interviene sulle spese per la guerra: non 200 miliardi di 
> dollari come previsto dall'amministrazione Usa, ma 2000. Dieci volte di 
> più. Una presa di parola sugli effetti «benefici» dell'invasione irachena 
> sull'economia statunitense corroborata da uno studio condotto con la 
> ricercatrice di Harvard e sua collaboratrice Linda Bilme. Stiglitz, 
> commentava ieri il quotidiano inglese «Guardian», non spiega se le cifre 
> fornita dalla Casa Bianca siano dovute a incompetenza o se siano frutto 
> per fuorviare deliberatamente l'opinione pubblica. Questo valga anche per 
> coloro che prendono i budget ufficiali del Pentagono come «dati 
> empirici» - l'empiria ha sempre giocato brutti scherzi, soprattutto in 
> economia - per concludere che erano troppo modesti per giustificare 
> l'interpretazione di «keynesismo militare» più volte discussa su questo 
> giornale.
>
> Si tratta in realtà del militarismo degli Stati uniti, considerato come 
> «formula» per la sopravvivenza del capitalismo Usa. Cioè una sinergia tra 
> le spese militari come spesa pubblica per rilanciare l'economia, e le armi 
> così prodotte per dominare mercati, campi d'investimento, risorse.
>
> In qualche caso l'iconoclastia antikeynesiana ha portato a salti logici. 
> All'affermarsi del neoliberismo infatti, non consegue necessariamente che 
> le pratiche keynesiane siano state irreali o prive di una sia pur effimera 
> efficacia, al punto che il neoliberismo le abbia davvero abbandonate.
>
> Eppure, superando le certezze dei dati ufficiali Usa, sono stati in molti 
> ad inoltrarsi sull'incerto terreno del pensiero critico, scoprendo che le 
> spese militari non potevano non essere sottostimate. Per esempio, Samir 
> Amin ha sostenuto più volte che, malgrado il rifiuto assoluto di Keynes da 
> parte degli economisti puri della nostra epoca, la gestione della domanda 
> globale è rimasta in realtà al centro delle politiche economiche delle 
> amministrazioni Usa. Anche di quelle dichiaratamente neoliberiste, che 
> hanno semplicemente indirizzato la spesa pubblica verso la spesa militare. 
> Per la quale Washington ha trovato nuove legittimazioni: «L'anticomunismo 
> vi era piaciuto? L'antislamismo vi entusiasmerà», ha commentato Ignacio 
> Ramonet. Perfino l'allora governatore della Banca d'Italia - maggio 2004 - 
> ha attribuito la ripresa dell'economia Usa alla «politica di stampo 
> keynesiano condotta dal 2001», che è un altro modo per dire che la guerra 
> ha salvato gli Stati uniti.
>
> Paul Mattick poi, aveva già scritto in un saggio del 1940 («La guerra 
> permanente»): «La permanenza della guerra deriva dalla permanenza della 
> depressione, la crisi non può essere superata se non dai soldati stessi, 
> da quelli che stanno al fronte e da quelli che stanno nelle fabbriche». 
> Una lucida previsione perché la «guerra permanente» è poi andata avanti 
> come Guerra fredda ed ora come «guerra al terrorismo» che, secondo 
> l'amministrazione Usa, durerà altri trent'anni.
>
> I recenti dati di Stiglitz confermano le valutazioni contenute nel volume 
> Escalation (DeriveApprodi, nei saggi di Manlio Dinucci e di Wladimiro 
> Giacché) recensito su questo giornale (7 giugno 2005).
>
> Ora davvero non ci si può più accontentare delle spiegazioni 
> sovrastrutturali da più parti avanzate.
>
>
> [Sono state eliminare la parti non di testo del messaggio]
>
>
>
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>
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