[NuovoLab] massacrato dalla polizia 18enne

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Author: Elisabetta Filippi
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To: forumgenova
Old-Topics: [NuovoLab] Tsunami e soldi.
Subject: [NuovoLab] massacrato dalla polizia 18enne
Ho trovato questa lettera su indymedia tratta dal blog:

http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/

l'ha scritta una madre alla quale la polizia ha ucciso un ragazzo
riempiendolo di botte. Non se nè saputo quasi nulla fino ad oggi. Forse è il
caso di far girare.

Elisabetta


Scrivo la storia di quel che è successo a Federico, mio figlio.

Non scriverò tutto di lui, non si può raccontare una vita, anche se di soli
18 anni appena compiuti.

È morto il 25 settembre, il giorno di natale sono stati tre mesi…

Ho sempre pensato che sopravvivere ad un figlio fosse un dolore
insostenibile. Ora mi rendo conto che in realtà non si sopravvive. Non lo
dico in senso figurato. È proprio così. Una parte di me non ha più respiro.
Non ha più luce, futuro…

Perché il respiro, la luce e il futuro sono stati tolti a lui.

Sabato 24 settembre è stato un giorno sereno, allegro…

Dopo la scuola il pranzo insieme, chiacchiere, risate. Era ancora estate,
faceva caldo. Ha portato a spasso il suo amico cane. Non lo faceva spesso,
ma quel giorno è andato con la musica in cuffia. Tutto in quel giorno aveva
un’aura speciale.

Pensandoci ora è come se avesse voluto salutare tutti noi. Ha avuto sorrisi
per tutti… la gioia era lui.

Ha incontrato la compagnia, ha fatto il suo lavoretto di consegna pizza.

Il programma della sera prevedeva un concerto a Bologna.

Prima di partire è passato da casa per cambiarsi le scarpe, rotte giocando a
pallone…

È stata l’ultima volta che l’ho visto vivo.

Ha salutato tutti, compreso il fratello che dormiva già, chiedendomi perché
Stefano non avesse risposto al suo saluto.

Anche una sua amica mi ha confermato che quella sera era sereno, che l’ha
salutata sorridente con la solita pacca sulla spalla e l’appuntamento al
giorno dopo…

Non è mai esistito il giorno dopo.




Al Link il concerto era stato annullato. Quindi la serata è trascorsa lì
dentro.

L’hanno detto i compagni che erano con lui, non posso definirli amici, e le
analisi lo hanno confermato. Uno dei ragazzi gli ha venduto una sostanza,
una pasticca o simili.

Lo definiscono lo sballo del sabato sera. È sbagliato si. Ma non si muore di
questo…

Federico lo sapeva bene. Era stato partecipe di un progetto scolastico di
ricerca e informazione promosso dalla provincia. So che la sua era una
conoscenza approfondita con ricerche sui siti delle asl, conosceva le
sostanze e gli effetti. Ed era a suo modo un igienista. Aveva grande cura
del suo corpo, di quel che mangiava. Era uno sportivo. Una ragazzo splendido
pieno di salute.

E di progetti: pensava alla musica, al suo futuro, lo studio serviva a
costruire il futuro.

Nell’immediato c’erano le cose semplici: la patente dopo pochi giorni, il
karate, un band musicale da organizzare con gli amici, e la vita di tutti i
giorni cercando di stare bene…




Trascorsa la serata il gruppo era rientrato a Ferrara, tornati al punto di
incontro dove i più avevano lasciato le macchine o i motorini.

Federico era a piedi. Era partito da casa in macchina con Michy, che poi non
era andato a Bologna.

Erano ormai le cinque del mattino. I ragazzi hanno raccontato che gli hanno
offerto un passaggio ma Federico non aveva voglia di rientrare subito.
Sarebbe tornato a piedi. Era vicino a casa…

Dal suo cellulare si vede che ha chiamato diversi altri amici. Specialmente
i suoi migliori amici, un paio di volte ciascuno. Forse per chiedergli se
erano ancora fuori… sembra che nessuno gli abbia risposto. I ragazzi che
conosco mi hanno detto che avevano già spento il cellulare per dormire.




E poi non so cosa sia successo esattamente. A quell’ora mi sono svegliata,
forse non del tutto, chiedendomi se Federico fosse rientrato. Avevo una
stanchezza invincibile non riuscivo a muovermi. Poi ho sentito un rumore
nella sua stanza ed ero sicura che fosse lì…

Mi sono risvegliata che erano quasi le otto.

Ho cominciato a chiamarlo e ad inviare messaggi. Nulla…

Non era possibile che non rispondesse. Se tardava mi avvisava sempre. Diceva
che lo stressavo ma non voleva farmi stare in pensiero. Mi aggrappavo
all’idea che avesse solo perso il cellulare…

Poi l’ha chiamato anche suo padre. Sul cellulare di Federico il padre è
memorizzato col solo nome, Lino.

Una voce ha risposto.

Ha imperiosamente chiesto chi fosse al telefono, ed ha chiesto di descrivere
Federico.

Poi si è qualificato come agente di polizia, ed alle nostre domande ha
risposto che avevano trovato il cellulare su una panchina dalle parti
dell’ippodromo e che stavano facendo accertamenti. Ed ha riattaccato.

Immediatamente ho cercato in Questura, e ho cercato anche ripetutamente un
amico che ci lavora.

Nulla.

Il centralinista rispondeva: c’è il cambio di turno… non sono informato…,
appena avremo notizie chiameremo noi…

Niente per altre tre ore!!!! Passate nell’angoscia e nelle telefonate
frenetiche agli ospedali, ai suoi amici e di nuovo ripetutamente alla
questura.

Nel frattempo Stefano è accorso in bicicletta alla ricerca del fratello.
Ringrazio il cielo che non sia andato nel posto giusto.

La polizia è venuta ad avvisarci solo verso le 11. dopo che lo avevano
portato via.

Il suo corpo è rimasto sulla strada dalle 6 alle 11.

E non mi hanno chiamata. Era mio figlio. Nessuno ha il diritto di tenere una
mamma lontana da suo figlio!

E mi hanno detto che lo hanno fatto per me… perché era meglio che non
vedessi.

In quel momento gli ho creduto.

La polizia ha detto che un’abitante della zona aveva chiamato perché sentiva
delle urla.

Dicevano anche che si era ferito sbattendo da solo la testa contro i muri.

Questo si è rivelato falso. Smentito dalle verifiche. Federico era sfigurato
dalle percosse.

Molto tempo dopo ho riavuto i suoi abiti. Portava maglietta, una felpa col
cappuccio e il giubbotto jens. Sono completamente imbevuti di sangue.

Hanno detto che non voleva farsi prendere. Che ha lottato ed è salito anche
in piedi sulla macchina della polizia. I medici hanno riferito che aveva lo
scroto schiacciato, una ferita lacero-contusa alla testa e numerosi segni di
percosse in tutto il corpo. Ho potuto vedere solo quella sul viso, dalla
tempia sinistra all’occhio e giù fino allo zigomo, e i segni neri delle
manette ai polsi. L’ho visto nella bara. Il suo corpo non sembrava più
allineato e simmetrico. Il mio bambino era perfetto, e stupendo. L’hanno
distrutto…

E la polizia mi raccontava che era drogato. Che si era fatto male da solo.
Che tutto questo era successo perché era un povero tossico e noi sfortunati…

Lo vogliono uccidere due volte. Le analisi hanno confermato che quel che
aveva preso era irrilevante. Non certo causa di morte né di comportamenti
aggressivi. Semmai il contrario.

Quel che penso è che Federico fosse terrorizzato in quel momento. Gli stava
crollando il mondo addosso. La vergogna di essere fermato dalla polizia, la
patente allontanata perché aveva preso una pasticca. E aveva dimenticato la
carta di identità.

Quella mattina nel vicinato dicevano che era morto un albanese. Nessuno si
preoccupava più di tanto…

Ha certo cercato di scappare. Di non farsi prendere. Visto com’era ridotto
si capisce come lo abbiano fermato. Quando lo hanno immobilizzato,
ammanettato a pancia in giù non ha più avuto la forza di respirare.

Chissà quando se ne sono accorti?

L’ambulanza è stata chiamata quando ormai non c’era più niente da fare. E
nemmeno allora lo hanno portato all’ospedale per provare un intervento
estremo. Lo hanno lasciato lì sulla strada. Cinque ore. Poi lo hanno portato
all’obitorio. E solo allora sono venuti ad avvisarci.

Perché?

Se fosse vero che dava in escandescenze da solo perché non è stata chiamata
subito l’ambulanza?

Perché atterrarlo in modo tanto violento e cruento? Era solo. Non c’era
nessuno. Era disarmato. Non era una minaccia per nessuno.

Perché aspettare tanto prima di avvisare la famiglia? Chiaro. Per non
farcelo vedere…

Se lo avessimo visto così cosa sarebbe successo? Che risonanza avrebbe
avuto?

Sul giornale del giorno dopo un articolo che dichiarava che era morto per un
malore… tratto dal mattinale della questura.

Il giorno dopo sull’altra testata cittadina “Federico sfigurato”. Immediate
controdeduzioni del Capo Procura: “non è morto per le percosse”… questa è
stata la prima ammissione di quanto successo.

Ad oggi ancora non sono stati depositati ufficialmente gli esiti degli esami
medici. Sono emersi solo alcuni dettagli che ho citato prima.

Quel che non mi da pace è il pensiero del terrore e del dolore che ha
vissuto Federico nei suoi ultimi minuti di vita. Non ha mai fatto male a
nessuno. Credeva nell’amicizia che dava a piene mani. Era un semplice
ragazzo come tanti. Come tutti i ragazzi di quell’età si credeva grande ma
dentro non lo era ancora. Aveva tutte le possibilità di una vita davanti, e
una gran voglia di viverla…

http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/