[Cm-roma] bici da colza (e non è un cinesismo)

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Author: Mepesaerculo
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Subject: [Cm-roma] bici da colza (e non è un cinesismo)

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Il boomerang del biodiesel
di George Monbiot (Guardian)
Nel promuovere il biodiesel si immagina di poter creare un mercato per i
combustibili biologici. In realtà, si sta creando un mercato per la coltura
più distruttiva del mondo

Nel corso degli ultimi anni ho fatto un'eccezionale scoperta. Come molti
ambientalisti, anch'io a lungo non ho realizzato della portata dei limiti
caratterizzanti i nostri approvvigionamenti energetici nella stessa misura
in cui i miei oppositori non hanno realizzato la gravità del fenomeno del
cambiamento climatico.

Nel 2003 il biologo Jeffrey Dukes ha calcolato che la quantità dei
combustibili fossili consumata in un anno è costituita da materia organica
"contenente 44 x 1018 grammi di carbonio, che equivale a 400 volte la
produttività netta primaria dell'attuale complesso di organismi vegetali ed
animali del pianeta".

L'idea secondo cui possiamo semplicemente rimpiazzare questo lascito fossile
– e lo straordinario potere che ci dà – con l'energia ambientale è roba da
romanzo fantascientifico. Non esiste una tale possibilità di sostituzione.
Ma i sostituti si cercano ovunque. Si cerca di promuoverli anche oggi ai
Climate Talks di Montreal, dove gli Stati cercheranno, ancora una volta, di
evitare la scelta di quelle decisioni drastiche che il problema del
cambiamento climatico richiede.

Almeno uno dei sostituti di cui sopra è persino peggiore dei combustibili
fossili che vorrebbe rimpiazzare.

L'ultima volta che mi sono occupato dei rischi connessi alla produzione di
combustibili fossili tramite gli olii vegetali ho ricevuto la solita serie
di insulti che ricevo a causa della mia presa di posizione sulla guerra
irachena. I missionari del biodiesel – ho scoperto – sono chiassosi allo
stesso modo dei dirigenti della Exxon. Sono ora qui pronto a riconoscere che
nel mio precedente editoriale sul tema mi ero sbagliato. I missionari non lo
sarebbero. Mi ero sbagliato perchè avevo sottovalutato l'enormità
dell'impatto distruttivo dei carburanti.

Prima di andare avanti, vorrei chiarire che ritengo certamente una buona
cosa il tentare di trasformare i combustibili biologici in carburanti per
motori. Coloro che a tal fine tutto il giorno rovistano tra l'immondizia
svolgono un servizio per la società. Tuttavia, in Gran Bretagna lo spreco
totale di olii vegetali da cucina basterebbe per soddisfare un 380esimo
della domanda interna di carburanti per trasporto su strada. È qui che
iniziano i guai.

Quando l'anno scorso scrivevo della questione, credevo che il maggior
problema causato dai biodiesel fosse il fatto che avrebbe innescato una
competizione malsana per la lavorazione dei terreni. Le terre arabili
coltivate per far crescere cibo sarebbero state coltivate per far crescere
carburante. Ma ora mi rendo conto che sta accadendo qualcosa di peggio.
L'industria del biodiesel ha accidentalmente inventato il carburante al
maggior contenuto di carbonio del mondo.

Nel promuovere il biodiesel – come fanno l'UE, i governi britannico e
statunitense, e migliaia di ambientalisti – si immagina di poter creare un
mercato per i combustibili biologici, per l'olio al seme di ravizzone e per
quei particolari tipi di alga che crescono nelle oasi dei deserti. In
realtà, si sta creando un mercato per la coltura più distruttiva del mondo.

La settimana scorsa il presidente dell'autorità federale per lo sviluppo dei
terreni della Malaysia ha annunciato di essere in procinto di creare una
nuova pianta biodiesel. La sua è stata la nona di una serie di decisioni
analoghe in quattro mesi. Quattro nuove raffinerie sono state costruite
nella penisola malese, una nello Sarawak, e due a Rotterdam. Due consorzi
stranieri – uno tedesco ed uno statunitense – stanno per impiantare piante
rivali a Singapore. Tutti questi produrranno biodiesel dalla medesima fonte:
olio di palma.

"La domanda di biodiesel", riporta il Malaysian Star, "giungerà dalla
comunità europea... Questa nuova domanda... è probabile che verrà
soddisfatta attraverso, per lo meno, una grossa fetta delle scorte di olio
di palma grezzo della Malaysia". E perchè mai? Perchè produrre biodiesel con
l'olio di palma è più economico che produrlo con qualsiasi altra coltura.

Lo scorso settembre Friends of Earth ha pubblicato un rapporto sull'impatto
ambientale dovuto alla produzione di olio di palma. "Tra il 1985 e il 2000",
si leggeva nel documento, "si è stimato che lo sviluppo delle piantagioni di
palme è stato responsabile dell'87% della deforestazione in Malaysia". A
Sumatra e nel Borneo, qualcosa come quattro milioni di ettari di foreste
sono stati convertiti in coltivazioni di palme. Ora altri sei milioni di
ettari di foreste verranno eliminati in Malaysia, 16.5 milioni in Indonesia.

Quasi ogni foresta rimanente è a rischio. Persino il celebre parco nazionale
di Tanjung Puting nel Kalimantan è stato colpito dalla coltivazione di
palme. L'orangotango, fuori dalle aree protette, sta per estinguersi . A
Sumatra i rinoceronti, le tigri, i gibboni, i tapiri, le scimmie proboscide
e migliaia di altre specie potrebbero fare la stessa fine. Migliaia di
popolazioni indigene sono state allontanate dalle loro terre, e qualcosa
come 500 indonesiani sono stati torturati per aver cercato di resistere. Gli
incendi alle foreste che così spesso soffocano la regione nel fumo sono
spesso appiccati dai coltivatori di palme. Un'intera regione sta per essere
trasformata in un gigantesco campo di olio vegetale.

Prima che queste piante – piccole e scialbe – vengano piantate, enormi
foreste, i cui ecosistemi contengono una quantità di carbonio molto più
elevata, dovranno essere abbattute e bruciate. Avendo esaurito le terre più
aride, le piantagioni si stanno trasferendo nelle foreste paludose, dove
crescono nella torba. Una volta abbattuti gli alberi, i piantatori
prosciugano il terreno. Nel momento in cui la torba si asciuga il terreno si
ossida, rilasciando più una quantità di diossido di carbonio perfino
maggiore di quella che rilasciano gli alberi. In termini di impatto
ambientale locale e globale, il biodiesel delle palme è più distruttivo di
quello da olio grezzo della Nigeria.

Il governo britannico comprende tutto questo. Un fascicolo pubblicato il
mese scorso – dove si assicurava all'UE che si sarebbe rispettato l'accordo
di coprire la fornitura del 5.75% del carburante per i trasporti tramite
olio di palma entro il 2010 – ammetteva che "il rischio ambientale più
rilevante è quello connesso alla grande espansione di produzione di
combustibile biologico grezzo – in particolare – in Brasile (per lo zucchero
di canna) e nel Sud-Est asiatico (per le piantagioni di palme)".

Si suggeriva che il metodo migliore per affrontare il problema era quello di
evitare che i carburanti distruttivi dal punto di vista ambientale venissero
importati. Il governo britannico ha chiesto ai propri consiglieri se un tale
divieto avesse potuto infrangere gli accordi commerciali internazionali. La
risposta è stata affermativa: "I vincoli ambientali... incrementerebbero il
rischio di una battaglia legale internazionale". Così è sfumata l'idea di
una proibizione delle importazioni, e si è invocato piuttosto per "alcune
forme di controllo volontario".

Sapendo che la crescita del mercato in questione porterà ad una crescita
smisurata delle importazioni di olio di palma, sapendo come non esista nulla
che lo possa impedire, e sapendo che il cambiamento climatico globale in
questo modo verrà incrementato piuttosto che contenuto, il governo
britannico ha comunque deciso di proseguire in ogni caso per la sua strada.

In altri tempi tutto ciò avrebbe significato disobbedire all'Unione Europea.
Ma oggi quello che vuole l'UE e quello che vuole il governo della Gran
Bretagna sono la stessa cosa. "È fondamentale trovare un equilibrio tra la
crescente domanda di trasporti", si leggeva nel fascicolo, "e i nostri
obiettivi di protezione dell'ambiente". Fino a poco tempo fa esisteva nel
Regno Unito una politica per ridurre la domanda di trasporti interni. Ora,
sebbene non se ne sia saputo nulla, questa politica è sfumata nel nulla.
Come fece il partito conservatore britannico nei primi anni novanta,
l'amministrazione laburista oggi cerca di soddisfare la domanda, a
prescindere da quanto sia elevata.

La settimana scorsa il gruppo Road Block ha documentato come per i lavori
destinati all'allargamento dell'autostrada M1 il governo UK da solo pagherà
3.6 miliardi di sterline – più di quello che spende per l'intero programnma
sul cambiamento climatico. Invece di tentare di ridurre la domanda, si cerca
di ridefinire l'offerta. Si stanno sacrificando le foreste del Sud-Est
asiatico giusto per fare qualcosa, e per consentire ai motociclisti di
sentirsi meglio con se stessi.

Quanto detto mostra tutta la futilità delle linee guida dei dibattiti di
Montreal. Cercare di assecondare la (sempre più) crescente domanda di
benzina è pura pazzia, in qualsiasi modo la benzina stessa sia prodotta. Le
grandi decisioni sono state eluse, e un'altra porzione della biosfera sta
andando in fumo.




Fonte: http://www.guardian.co.uk/comment/story/0,3604,1658898,00.html
Tradotto da Luca Donigaglia per Nuovi Mondi Media

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