Addio risciò, la Cina sogna i motori: fallita la più grande fabbrica di bici
di Carolina Stupino
LONDRA - Prima dell'ingresso nel commercio mondiale, li chiamavano "i 
quattro grandi", quei beni che determinavano l'abilità di una famiglia nel 
cavarsela: un orologio, una macchina da cucire, una radio e, soprattutto, 
una bicicletta. Oggi "i quattro grandi" sono cambiati: gli orologi da 
desiderare sono di marche straniere, le macchine da cucire sono state 
lasciate a casa nella corsa verso i grandi centri commerciali, la radio ha 
lasciato il posto alla televisione e le biciclette stanno scomparendo, 
soffocate dal groviglio di tangenziali a sei corsie che avvolgono i sempre 
più numerosi grattacieli di città come Pechino e Shanghai.
E così può accadere che China Bicycle, una delle più grandi aziende 
produttrici di biciclette e la più grande esportatrice del Paese, questa 
settimana abbia dichiarato la bancarotta, vittima della sempre più 
appassionata storia d'amore tra i cinesi e l'automobile. La società, basata 
a Shenzhen, l'ultramoderno polo commerciale del sud-est del Paese, ha una 
capacità di produzione di oltre 3 milioni di unità all'anno, ma nonostante 
ciò non è riuscita a scongiurare la crisi causata da un rovinoso calo 
domestico delle vendite e dalla crescente competizione sul mercato straniero 
da parte delle sue rivali cinesi.
Tutto ciò comunque, riferisce il quotidiano britannico The Times , non 
stupisce. Nella Cina in corsa a quattro ruote verso il progresso, i piccoli 
ciclisti che si recano al lavoro con il tè ed il riso per il pranzo nel 
cestino della bicicletta stanno diventando una specie sempre più rara, che 
scompare insieme al proprio habitat: le corsie a loro riservate sono ora 
sempre piene di veicoli parcheggiati e in città come Pechino ogni giorno 
mille nuove auto prendono le strade soffocando i ciclisti in uno smog sempre 
più fitto. Nello scorso anno, il mercato dell'automobile in Cina ha subito 
un aumento del 12%, in forte calo rispetto al 75% del 2003, ma comunque pari 
a 2,3 milioni di veicoli venduti. In linea con questa tendenza, il comune di 
Shanghai ha vietato la circolazione alle biciclette nelle arterie principali 
della città, per evitare incidenti e migliorare il traffico. In vista delle 
Olimpiadi del 2008, Pechino si sta preparando a fare lo stesso ed agli occhi 
degli stranieri che fra tre anni visiteranno la capitale cinese, il simbolo 
a due ruote potrebbe diventare un mero ricordo del passato.
Il progresso, però, non arriva senza il suo bagaglio di problemi. Durante le 
ultime due settimane i cittadini di Pechino sono stati imprigionati in una 
cappa di caldo insopportabile e fitto smog, con una visibilità ridotta a 
meno di 200 metri. Le autorità dicono di aver fatto tutto ciò che il loro 
budget consente per migliorare la qualità dell'aria, ma ai cinesi non è 
restato altro che sperare nella pioggia, un fitto temporale durato più di 24 
ore che alla fine ha riportato il sole a splendere sui vetri dei 
grattacieli.
Ma ai poveri che pedalano verso il benessere, lo smog e la fine di China 
Bicycle non importano. Come ha raccontato un conducente di risciò ad un 
giornalista britannico: «Certo che un giorno riuscirò a comprarmi l'automobile. 
Tutti ne vogliono una».
Tratto da "Il Messaggero" di Venerdì 19 Agosto 2005.
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