da Anarcotico
http://www.anarcotico.net/index.php?module=pagesetter&func=viewpub&tid=23&pid=16
-----------------
Note su aborto, diritti e natura
- a cura di: Massimo Passamani
Ho letto il libretto di Silvia Guerini, Aborto. Spunti critici di
riflessione. Credo che meriti una critica aperta.
Va detto subito che il testo è cucito con strumenti che ricordano da vicino
quelli del cosiddetto Movimento per la vita: la poesia ai bambini mai nati,
le foto dei feti aspirati, le testimonianze di donne distrutte dalla scelta
di abortire e accostamenti confusi e offensivi (come quello tra aborto,
sperimentazione e commercio dei feti, inserito solo per una maggiore
completezza dellargomento: pp. 68-69). In un passo si dice addirittura:
Sterilizzazione ed eutanasia, ora interruzione della gravidanza per aborto,
tutto secondo lidea che bisogna escludere ogni possibilità di imperfezione
[
], che non bisogna mettere al mondo creature inutili, che non permettano
alla società di progredire economicamente (pp. 33-34).
In tal modo, non solo si mettono sullo stesso piano laborto volontario e la
sterilizzazione forzata della donna; non solo leutanasia vi figura
unicamente come esempio di controllo statale della vita (con i soliti
riferimenti alleugenetica nazista), e mai come scelta consapevole di un
individuo che preferisce la morte dolce ad unesistenza per lui non degna
di essere vissuta; ma non si considera un solo istante che una donna possa
abortire semplicemente perché non vuole alcun figlio, e non perché lo
vorrebbe perfettamente sano e competitivo, biondo e con gli occhi azzurri, a
immagine della propaganda e della pubblicità. Così come è riduttivo pensare
che le cause dellaborto siano quasi soltanto le difficoltà economiche (e
falsamente arruolare, in tal senso, la femminista anarchica Emma Goldman nel
campo antiabortista).
Ma quali sono le basi di tutto ciò? Leggiamo: Laborto e linfanticidio si
equivalgono dal punto di vista pratico. Ciò di cui si tratta è comunque
luccisione di un essere umano, certo un essere umano non ancora del tutto
formato, ma col nostro stesso diritto ad esistere. (Il termine diritto non
lo connetto ad una logica statale di diritti/doveri, ma alla sua accezione
giusnaturalista. Il giusnaturalismo presuppone lesistenza di un diritto
naturale prima di un qualsiasi altro diritto dettato dalluomo e dalle sue
leggi, quel diritto secondo me è il diritto alla vita in libertà e secondo
il proprio naturale sviluppo, unico diritto da considerare inviolabile ed
estendibile ad ogni essere vivente) (p. 26).
Il giusnaturalismo è una dottrina che 1) afferma lesistenza di un ordine
morale superiore (il diritto naturale) al quale le norme sociali (diritto
positivo) non possono sottrarsi; che 2) ritiene un diritto positivo non
conforme al diritto naturale privo di qualsiasi validità, per cui contro il
primo è possibile ribellarsi in nome del secondo. Da questi due punti ne
consegue che le regole sono risultati di forze sulle quali la volontà umana
non ha alcuna influenza; che i valori non vanno creati e condivisi, ma
semplicemente applicati nella loro naturale, immutabile, oggettiva
esistenza. Letica allora non è una scelta individuale, bensì una sorta di
rigido determinismo, di fondamento a priori. Io credo che una simile visione
mal si concilii con una concezione anarchica della vita. Inoltre in natura
non cè nulla che assomigli a un diritto alla vita in libertà. Primo
perché nel regno animale ci sono soppressioni crudeli quanto costanti di
tale diritto. Secondo perché in natura cè il diritto di fare quasi
tutto e il suo opposto, a meno che non si consideri luomo una sorta di
escoriazione malvagia ma questo condurrebbe allantropoclastia di una
certa ecologia profonda, non certo allanarchia. Lazione umana più
riprovevole fa parte della natura quanto il gesto più generoso e sublime. Se
vogliamo proprio scorgere un diritto in natura, insomma, questo sembra
semmai il diritto del più forte. Tuttavia è unassurdità antropomorfica
quella di applicare categorie morali ai processi naturali (leruzione di un
vulcano è giusta o sbagliata?). Il volontarismo etico che molti anarchici
sostengono mi sembra incompatibile con lidea che i diritti siano
inscritti in leggi naturali rispetto alle quali nulla può la volontà
individuale. Abortire o rifiutarsi di farlo sono due scelte che non solo la
natura, ma la stessa storia umana (come del resto dimostra lexcursus nelle
pagine finali del libretto sulle società greche, latine, indiane, eccetera)
rendono possibili. Lasciamo perdere i diritti naturali, dunque, e parliamo
di quel principio che sottende il ragionamento di tutto il testo: il
rispetto per ogni essere vivente. È evidente che si tratta di una tensione,
non di una condizione definitivamente acquisibile. Il diritto alla vita in
libertà e secondo il proprio naturale sviluppo è inviolabile ed
estendibile ad ogni essere vivente solo se diamo a questultimo una
definizione che tenga conto delle nostre facoltà mentali e sensoriali, cioè
solo se operiamo distinzioni lo si voglia o meno antropocentriche.
Lesistenza umana (ma potremmo dire la Natura tout court) è incompatibile
con il principio di non distruggere alcuna forma vivente. Perché dovremmo
escludere da tale principio, infatti, i microbi o le piante? Perché noi non
ne percepiamo i flussi vitali e leventuale dolore? Ma questo, ci suggerisce
Silvia, ci farebbe ricadere nello specismo e nella visione gerarchica delle
forme di vita. Se però assumessimo il dolore in sé come metro di giudizio
(secondo un certo utilitarismo anglosassone, di cui Peter Singer è un
esponente significativo), troveremmo più odioso uccidere un cavallo adulto
che un neonato di pochi mesi, giacché il primo è un essere vivente
senzaltro più sviluppato e sensibile del secondo. Pur essendo vegano da
molti anni, tuttavia, non mi sognerei mai di affermare che chi mangia carne
è peggiore di un infanticida
Perché? Il principio fondamentale della mia
etica è la reciprocità: da questo traggo il mio rifiuto dello sfruttamento,
della gerarchia, del dominio. Ma so che la reciprocità non può fare a meno
della simpatia (in senso etimologico, cioè della capacità di percepire
come propri gli altrui sentimenti e sensazioni). Ecco perché la reciprocità
ci risulta più immediata con gli esseri umani, più difficile con gli animali
e con le piante. Se così non fosse, anche lanarchico più conseguente si
sentirebbe costantemente un assassino di innumerevoli forme di vita. In tal
senso mi chiedo cosa vorrà mai dire essere contro ogni antropocentrismo. Mi
sembra evidente che attribuiamo a certi sviluppi della vita più valore che
ad altri, altrimenti non parleremmo neanche con compagni che mangiano carne.
Vorrei sapere in base a cosa, infatti, per Silvia una donna che abortisce
commette un crimine superiore (paragonabile infatti allinfanticidio)
rispetto a una persona che mangia un cervo? Non era contraria ad ogni
specismo? Cosa penserebbe se una mamma invece di dare carne ai propri figli
desse in pasto i propri figli ai propri cani? Uccisioni intercambiabili? Dal
punto di vista della Natura e dei suoi presunti diritti sì, ma non certo dal
nostro. Lampliarsi della simpatia verso le altre forme viventi è una
tensione, non un principio immutabile che vaga nello spazio. In quello
spazio, infatti, noi non potremmo viverci. La conclusione di una tale
metafisica sarebbe la condanna delluomo in quanto tale, se non della vita
stessa, come aveva intuito Leopardi. Eppure le premesse da cui parte Silvia
non sono forse condivise da molti compagni?
Tornando allaborto, non si può far astrazione del fatto che nessuno sente
(fisicamente e quindi eticamente) il feto alla stregua di un neonato: per
questo è aberrante e offensivo paragonare laborto allinfanticidio. Le
analisi più o meno scientifiche sulle percezioni e i sogni dellembrione non
equipareranno mai i due gesti, perché si tratta di forme di vita
incomparabili. Dire che feto e neonato sono entrambi esseri umani, è come
dire che un seme nella terra e un alberello sono entrambi degli alberi.
Credo che nessun aborto sia una scelta facile, giacché nessuna donna
percepisce il feto al pari di una ciste o di ununghia. E a ben poco serve
mostrare attraverso la tecnologia cosè la vita che cresce nel ventre
materno (anche perché con gli argomenti della scienza si può facilmente
rispondere che un ovulo fecondato non è affatto una persona in divenire,
visto che durante i primi giorni di sviluppo se ne possono formare
due).
Solo unesistenza alienata ha bisogno di appellarsi alla scienza per fondare
una morale. E non è forse segno della nostra alienazione attribuire alla
natura diritti e doveri mutuati in realtà dalle società umane, oppure
parlare astrattamente delluguaglianza di tutte le forme viventi? In una
vita che è tuttuno con il proprio ambiente, in un processo che non è di
rispecchiamento totale di presunte leggi naturali, bensì di naturalizzazione
delluomo e di umanizzazione della natura, il rispetto per il nostro habitat
sarebbe tuttaltra cosa. Invece dellattuale cupidigia distruttrice, ci
sarebbe un sentimento di gratitudine verso quelle forme di vita a cui nostro
malgrado facciamo violenza. La feticizzazione della Vita mi sembra invece il
rovescio della civilizzazione di cui siamo i prodotti, laltra faccia del
totalitarismo tecnologico.
Se può essere vero che cè talvolta una certa superficialità e
irresponsabilità nei rapporti sessuali, non si può forse dire altrettanto
delle ragioni per cui molte persone mettono al mondo dei figli? Quante donne
lo fanno per assecondare i voleri del marito o della famiglia? Quanti
chiedono ai figli di colmare quel senso di vuoto che deriva dalla miseria di
unesistenza avvertita come isolata, effimera, casuale? Quanti bambini
crescono in ambiente mortiferi, affidati alle cure di perfetti cretini
desiderosi di farsi una famiglia per non sfigurare in società? Quanti
rivoluzionari hanno messo al mondo figli di cui poi non hanno potuto
occuparsi, delegando il compito alle compagne o ai propri genitori? E così
consigliabile rimediare ad una leggerezza o ad un errore con leggerezze ed
errori ben più gravidi di conseguenze? Prima di pensare ai diritti dei
nascituri, mi sembra, dovremmo guardare come vivono e muoiono milioni di
nati in questo mondo odioso. Nel libretto si insinua di continuo che
abortire sia una scelta egoistica. Perché cosè, invece, mettere al mondo un
figlio? Di certo non è una scelta che si fa per il bene di un essere che
ancora non esiste. Ci sono così tanti bambini costretti in condizioni infami
da adottare, che la sola ragione per cui se ne mettono al mondo altri è la
gioia che si prova nellessere genitori o il desiderio di sopravvivere alla
propria morte, o altri bisogni tuttaltro che disinteressati perché umani,
troppo umani. La vita comincia con un atto di piacere. Lasciamo perdere,
quindi, legoismo.
Insomma, per condannare laborto ci vuole ben altro che qualche radiografia
o qualche excursus storico e cioè un pregiudizio morale. Non a caso nel
ragionamento di Silvia la maternità smette di essere una possibilità, per
diventare un dato ontologico. Leggiamo: Il femminismo ha diviso due aspetti
fondamentali, ha scisso la donna libera e indipendente, dalla madre
sottomessa e schiava, senza comprendere che la donna è madre e la madre è
donna; questo a prescindere che una donna metta al mondo o meno un figlio, è
un discorso ontologico (p. 47). Secondo questa concezione, la maternità non
è una potenzialità femminile (potenzialità inscritta, certo, in un dato
biologico), ma una sua condizione ontologica, relativa, cioè, alla radice
stessa del suo essere. E una donna che non vuole avere figli? È per questo
fuori della natura? Qualcuno diceva che la maternità sta alla donna come la
guerra sta alluomo, e non era proprio un libertario. Come si vede, quando
si pretende che certi fini siano inscritti nelle leggi di natura (senza il
concetto di fine quello di valore non avrebbe senso), la conclusione è che
chi se ne allontana è contro-natura, deviante, criminale, eccetera. Non si
arriva forse così a quel pensiero totalitario di cui si parla nel libretto a
proposito della giustificazione dellaborto? Non è un caso, mi sembra, che
condanna dellaborto e condanna dellomosessualità vadano spesso assieme. Se
il Fine della natura è la riproduzione della vita, dove mettere le donne che
abortiscono o gli esseri umani le cui inclinazioni sessuali non sono
feconde? Se cè un discorso che assomiglia a una litania del Progresso
incurante degli individui e della loro vita è esattamente questo. Se proprio
vogliamo tirare in ballo lontologia, poi, ciò che emerge è che diventiamo
individui in un rapporto costante con lambiente e con la storia, non
applicando codici o diritti già scritti (dallo Stato, dalla ragione
universale o dalla Natura poco importa). Inoltre, proprio ontologicamente
lessere umano, lo ripeto ancora, non può mettere sullo stesso piano tutte
le forme di vita.
La cosiddetta dignità del feto è un discorso al futuro (anche perché si
tratta di un organismo che dipende totalmente dal corpo della madre), ma
quel futuro è fatto di scelte della donna su cui non pesa alcuna costrizione
ontologica, bensì, al limite, sociale, religiosa, morale. Il fatto che il
feto non sia una persona, non significa che sia paragonabile a un dente o a
una verruca. Significa solo che sono forme di vita qualitativamente (quindi
eticamente) diverse. Sarà un caso se chi difende i diritti dellembrione è
quasi sempre un sostenitore più o meno mascherato dello Stato etico e un
nemico più o meno subdolo di ogni libertà?
Situazioni di vita più comunitarie renderebbero forse meno frequente il
ricorso allaborto (dico forse perché le società primitive ne registrano la
pratica assai costante), ma non eliminerebbero del tutto la volontà di
alcune donne di vivere senza figli. La società anarchica non è una
società naturale, bensì un insieme di rapporti che favoriscono certe
possibilità naturali e ne escludono altre, in base a valori creati e
condivisi a partire dalla propria esperienza. Queste possibilità sono
fortemente legate agli usi e ai costumi, in breve al modo di vivere. La
scommessa delletica anarchica è quella di trasformare il modo di vivere in
unavventura appassionante fra noi e il nostro ambiente, senza lansia del
dominio né i crampi del senso di colpa.
Questo per dire che lunica parte davvero condivisibile del libretto è
quella in cui vengono esposti i metodi di contraccezione naturale come mezzo
per evitare, con la maggior consapevolezza possibile, gravidanze
indesiderate. Nella tensione verso una vita in cui le azioni non sono mai
separate dalle loro conseguenze, anche questo è un contributo necessario. Ma
tutto il resto?
Massimo Passamani
--
Email.it, the professional e-mail, gratis per te:
http://www.email.it/f
Sponsor:
Web Marketing: impara tutti i segreti del Posizionamento sui Motori di
Ricerca, Pubblicita' on-line, Email Marketing - clicca qui
Clicca qui:
http://adv.email.it/cgi-bin/foclick.cgi?mid=3213&d=20050728