I ragazzi dei blog della Margherita contro Rutelli
Giovedì, 21 luglio 2005
Prendono a prestito le parole di una lettera di don Tonino Bello per scriverne un'altra a Rutelli. Parliamo di un gruppo di giovani che rappresentano le posizioni più moderate delle forze dell'Unione. E che nella sostanza, su certe questioni, dimostrano quanto sono accostabili a quelle che si trovano alla loro "sinistra". Si incontrano abitualmente e discutono sul blog Le Radici e le Ali, un diario on-line vicino ai giovani della Margherita.
«Ho scritto t'amo sulla sabbia . ma il vento l'ha portata via». È il gennaio del 1991, siamo alla vigilia della prima guerra del Golfo e il Parlamento italiano si appresta a fornire tutto il suo appoggio all'invasione americana dell'Irak. Don Tonino Bello scrive una lettera ai nostri parlamentari: la apre citando i versi di una canzone, continua con la sua prosa a tratti lirica ma incredibilmente efficace: «Il ritornello della vecchia canzone mi viene in mente.pensando in queste ore alle dune allucinanti del deserto violate dall'impeto radente di aviogetti di morte, mi sembra che quelle parole siano state davvero scritte sulla sabbia. Sconcerta questa incredibile follia che, data la sua lunga incubazione, non possiamo neppure più attenuare come "raptus" improvviso. No, non è "raptus" momentaneo, è pazzia bell'e buona».
Martedì hanno postato una Lettera indirizzata al presidente della Margherita Francesco Rutelli per ricordargli che sul tema della guerra preventiva e dell'immigrazione, così come sul fronte della guerra "di nervi" interna per la sicurezza, bisogna mettere da parte le differenze e portare al centro della discussione l'umanità. Con toni pacati ma decisi, e riferimenti che vanno da Don Tonino Bello a De Gasperi, da Nichi Vendola alla Resistenza, marcano il loro dissenso rispetto all'indirizzo politico che il leader Dl sta sostenendo.
La missiva è stata prodotta a più mani da Luca Rizzo Nervo, Vice Presidente Nazionale Giovani della Margherita e Monica Manfredi, Giovani della Margherita Emilia Romagna, Luca Barbari, Portavoce Giovani per l'Ulivo di Modena, oltre che Francesco Lauria, Presidente Nazionale Europa plurale per un federalismo globale (il loro motto: "Il nazionalismo è l'ultimo rifugio degli imbecilli e dei disonesti" di Woodrow Wilson) e Silvia Marcuz del sito www.giovaniemissione.it.
Usano figure suggestive, come insegnava Don Tonino Bello, per spiegare quello che chiedono: «Non vogliamo più "muri imbrattati di sangue" siano essi quelli delle strade di Londra o dei sentieri di Bagdad, siano essi quelli del Centro di "Permanenza" Regina Pacis in cui, è stato documentato, gli "ospiti detenuti" sbattevano le testa contro i muri per la disperazione».
Ci sono diversi "no" riassunti in poche righe e di colpo, se questi fossero i dirigenti del centro-sinistra che si prepara alle elezioni politiche, sul tema della guerra e della sicurezza così come su quelli dell'immigrazione e dell'accoglienza le posizioni dalla Margherita a Rifondazione comunista sembrerebbero straordinariamente omogenee.
Ripartire da Bari. Citando il "Forum nazionale mare aperto" dell'11 luglio, voluto dal governatore pugliese Nichi Vendola e sostenuto dai governi di altre 13 regioni per chiedere la chiusura dei Cpt, sembra arrivato il momento di idee e parole nuove su molti temi. «Le spiagge, la sabbia libica delle espulsioni irregolari italiane (.) sono figlie di quella stessa cultura che produce i proclami sulla "guerra di civiltà" da qualunque parte essi provengano».
I Cpt sono «luoghi sempre disumani (.) la cui blindatura e inaccessibilità causa serie preoccupazioni di legittimità democratica». Inoltre appaiono «gravosi per le casse dello Stato, ma vero business per i privati». Un carcere «per persone che nessun reato hanno compiuto se non quello di essere persone».
E la guerra? «Siamo davvero così sicuri di voler prolungare indulgenti e pazienti quello che la nostra Costituzione, che in questi mesi abbiamo difeso dagli assalti della destra, non solo "non accetta", ma senza esitazioni "ripudia"?». Anche perché «non ci piace» una "missione umanitaria italiana" in Irak composta per il 97% da militari.
Caro Francesco, scrivono, «vogliamo l'Italia che i nostri nonni sognavano sulle montagne innevate dell'inverno del '44», una nazione «aperta in cui il nazionalismo e l'egoismo, insieme alla violenza, sarebbero stati superati».
E un'Italia non dentro «una fortezza a cui nemmeno basta più Schengen» ma all'interno «dell'Europa del Mediterraneo mare aperto, sentiero di pace».
Tutto questo non è il frutto di un sogno sterile ma la dichiarazione di una "debolezza" necessaria e solidale, di una duttilità da anteporre alla rigidezza. «No, non siamo ingenui, solo, alla bandiera di una finta e scricchiolante sicurezza preferiamo la bandiera bianca di chi, ad ogni certezza, anche e soprattutto attraverso la politica, (parafrasiamo De Gasperi) antepone, senza esitazioni, una società quotidianamente fondata sull'Amore».
da www.unita.it
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